Corriere della Sera, 23 novembre 2022
Lingue regionali (a conoscerle tutte)
«Balotina, galineta, groleta, santa lussia, violeta dea madona, orbesola, avemaria, oliveta, roseta, ola, boarina, cocheta...» Domanda: in quale lingua dovrebbe essere insegnata la Lingua Veneta nelle scuole se nella sola provincia di Verona la coccinella è chiamata in un sacco di varianti? In quella di San Giovanni Lupatoto? «Violeta». In quella di Zevio, a otto chilometri? «Grola». E gli insegnanti madrelingua? Un’aspirante maestra nata a Bardolino dove la coccinella è chiamata «maestrina» può essere assunta per i bimbi di San Giovanni Ilarione (lì è una «grola») o potrebbe deviare gli scolaretti? Come uscirne se lo stesso autore del libro «Noi Veneti» (voluto, stampato e distribuito vent’anni fa nelle scuole dall’Assessorato Regionale all’Identità veneta) e cioè il professor Manlio Cortelazzo, linguista e accademico padovano, per anni decano degli etimologisti e dei dialettologi italiani segnalava la difficoltà di definire su un solo insetto e una sola provincia quale sia «La» lingua veneta? Quali dizionari userebbero questi insegnanti? E da chi sarebbero selezionati? Da qualche assessore locale che parla nel diffusissimo «italian poenta e osei» tipo «vieni anche te»? Sarebbe interessante se il sottosegretario leghista per le Imprese e il made in Italy Massimo Bitonci e i 17 leghisti autori della proposta di legge che vuole «consentire e promuovere l’insegnamento delle lingue e culture regionali nell’ambito dei programmi ufficiali, dalla scuola materna fino all’università» spiegassero meglio i dettagli della loro ideona, valida peraltro per tutti dialetti e le lingue italiani. Dovessero chiedere una consulenza, però, dovrebbero evitare di chiedere ai leghisti milanesi incluso Salvini. Per le Comunali a Milano del 2011 lo slogan scelto per appoggiare Letizia Moratti fu: «Per ona Milàn semper pussee bèlla de viv». Traduzione presunta dei somari: «Per una Milano sempre più bella da vivere». Strafalcione indimenticabile: Milano, come dimostrò un diluvio di citazioni raccolte dal linguista della Bicocca Vermondo Brugnatelli (dal Vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini del 1841 a Gianni Brera, dallo «scapigliato» Carlo Righetti al grande Carlo Porta) è in milanese assolutamente maschile. Lo dice perfino il canto rivolto alla Madunina: «Lassa pur ch’el mond el disa (ma Milan l’è on gran Milan)».