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 2022  novembre 23 Mercoledì calendario

Biografia di Caterina Guzzanti raccontata da lei stessa

Il primo ricordo?
«Una corsa sulla spiaggia in braccio al mio papà, dopo che mi aveva punto una tracina. E mi fece ridere quando in farmacia chiese l’Ananase...».
Cos’ha preso da suo padre, Paolo Guzzanti?
«I polpacci. Ma ho ereditato sicuramente la fantasia, l’immaginazione, un punto di vista diverso sulle cose, non so se artistico, possibilmente spiritoso, anche nel dramma».
E da sua mamma, Germana Antonucci?
«Tutto il resto. Lei è la mente pratica e matematica della famiglia. E io mi reputo una persona molto pratica: mi piace guidare, montare le cose con il cacciavite seguendo le istruzioni. Mi fa tenere con i piedi ben piantati per terra».
Il «montaggio» di cui è più orgogliosa?
«Il letto a soppalco di mio figlio Elio. L’ho anche dipinto: mi aveva chiesto i colori dell’arcobaleno. Modestamente, è venuto molto bello».
Lo ha chiamato così per il prozio?
«Sì. Prima ci rimaneva male quando gli chiedevano dove avesse lasciato le Storie Tese. Ma quell’altro Elio non c’entra nulla. Anzi, tra loro c’è stato uno scambio molto carino: Elio grande gli ha mandato delle magliette di Spiderman».
Come mai questo omaggio all’ex ministro della Salute? Ci era affezionata?
«Era il fratello minore di mio nonno Corrado. Un vecchio molto simpatico che, purtroppo, ho frequentato poco. Ha rivoluzionato il sistema sanitario grazie al day hospital. Ed è stato direttore di molti ospedali, tra cui il Bambino Gesù: quando andiamo con Elio per le piccole emergenze sono tutti molto affettuosi. È morto mentre aspettavo mio figlio: ho pensato che un Elio andava e uno veniva».
Caterina Guzzanti è timida e gentile. Patisce le domande sulla famiglia, più per timore di dire qualcosa che potrebbe dispiacere a suo fratello Corrado e a sua sorella Sabina che per l’incancellabile fatto di essere la piccola di casa. Parla invece volentieri del figlio Elio, luce e tenerezza della sua vita di mamma: ha appena compiuto 8 anni.
Come l’ha cambiata la maternità?
«Da un lato mi sento molto più forte: se mi guardo indietro vedo lo sforzo e l’amore che ho tirato fuori verso questo piccolo estraneo. Dall’altro sono più fragile: ho paura di non esserci quando gli può capitare qualcosa».
Dalle vostre «Wc stories» su Instagram si direbbe che anche lui ha la vena artistica.
«Non sta mai zitto. Se ne esce con cose tipo: “Adoro il mio codice fiscale: c’è tutto di me”. O: “Il freddo fa per i pinguini, il caldo fa per noi, il tiepido per le salviette umide”».
Lei non vive con il padre, Walter. Se ha dei dubbi a chi chiede un consiglio?
«Al mio analista, per fortuna, perché mi fa vedere che so cosa devo fare e che devo piantarla di mettere in dubbio le mie certezze».
Quando ha cominciato ad andare in terapia?
«Ci avevo già provato in passato, ma avevo sempre mollato. Ho ricominciato per essere aiutata a essere una mamma single. Pensavo di fargli un sacco di domande su come fare con mio figlio e invece mi sono ritrovata a rispondere a un sacco di domande sulla bambina che è in me».
E se Elio si rompesse un braccio con un martello, come fece lei per evitare una interrogazione?
«L’adolescenza è dura e si trovano modi assurdi per sentirsi considerati».
Lei si fece anche 50 taglietti al braccio.
«Mah, forse era una sfida contro il dolore, o la morte. Ero un’adolescente un po’ sola».
È l’unica persona al mondo che a 18 anni scappò da Londra per ritornare a Roma dalla mamma.
«Beh, non proprio dalla mamma. A Roma c’erano i miei amici, il fidanzato. In Inghilterra mi ero iscritta a Filosofia, ma non avevo tutta questa smania di indipendenza. Ero un tipo tranquillo, avevo bisogno delle mie cose: non ero ancora in grado di apprezzare la vita di grandi bevute degli studenti».
Da bambina pensava già di fare l’attrice?
«No, assolutamente. Finché Corrado e Sabina non hanno cominciato a farlo, non avevo nessun modello. Ed ero paralizzata da una timidezza che devo ancora risolvere».
E quando Sabina le propose di partecipare al Pippo Chennedy Show?
«Mi prese un colpo, avevo 21 anni. Poi però mi sono lanciata: avevo seguito i loro programmi in tv, gli spettacoli a teatro, le riunioni che facevano in casa con David Riondino, Francesca Reggiani e Cinzia Leone. Quel mondo mi era familiare».
Primo ruolo?
«Una ragazzetta fan esagitata di un gruppo musicale che era la parodia dei Ragazzi Italiani».
Il personaggio cui è più affezionata?
«Orsetta Orsini Curva della Cisa».
Una bambina tremenda e viziatissima.
«Sì, pure lo spirito che la ripossedeva voleva scappare da lei. Orsetta aveva un maggiordomo che trattava malissimo, con il ricatto di strappargli il permesso di soggiorno. Trovavo sempre nuovi spunti: purtroppo di quelli sul razzismo era pieno».
Un altro personaggio?
«Ho amato moltissimo Vichi di CasaPound. Adesso avrei paura a rifarlo, temerei proprio per le mie ossa... Anche allora, era il 2012, cercarono di dissuadermi, perché quelli di CasaPound non sono notoriamente autoironici».
La Gelmini la chiamò per la sua parodia?
«Macché, nessuna confidenza. Meglio così».
Oggi è più difficile fare satira con il politicamente corretto?
«Diciamo che oggi è più difficile fare i personaggi politici perché sono ovunque, vanno in tutti i programmi. Solo Crozza resiste».
Un po’ di famiglia, però, ora ci tocca. È più legata a Corrado o a Sabina?
«Ma figuriamoci se le rispondo! Diciamo che con Corrado ho trascorso più tempo da piccola, perché Sabina è andata via di casa presto. Con lui guardavamo sempre un film la sera, mi faceva vedere quelli tremendi che mettevano paura, tipo Poltergeist. Io spesso mi addormentavo e lui mi rimetteva a letto».
In compenso suo padre le leggeva «L’amore ai tempi del colera».
«Se è per questo anche Jack London».
Un ricordo bello con Corrado?
«Una sera lo costrinsi a uscire per farmi portare in un deposito dell’Atac ed entrare dentro un autobus parcheggiato. Io ero una bambina. È stata una fuga d’amore meravigliosa».
Uno con Sabina?
«Quando avevo 7-8 anni veniva a prendermi la domenica mattina con la sua 126 e mi portava a Sacrofano per le prime passeggiate a cavallo. Diceva: chi dorme non piglia zoccoli!».
È nata così la sua passione per i cavalli?
«Sì, poi ho avuto più di un cavallo. Con l’ultimo ho avuto un rapporto molto intenso, si chiamava Grand Boy: GB. Sono stata con lui per 15 anni tutti i giorni della mia vita».
Cosa lo rendeva così speciale?
«La cosa più bella con un cavallo è raggiungere quell’intesa perfetta che tu pensi una cosa e lui la fa: una raffinatezza nei movimenti del tutto speciale».
Impossibile con il genere umano.
«Eh già... Soprattutto con gli speroni».
Quando ha smesso di essere la «sorella di»?
«Non da molto. Ma prima era ovvio. Ho lavorato talmente tanto con Corrado e Sabina...».
Ha mai patito la loro notorietà?
«No, da ragazza ero molto orgogliosa, mi vantavo di essere la loro sorella».
Ed Elio ha lo stesso atteggiamento con lei?
«È un momento delicato per lui. Alcuni suoi compagni mi hanno chiesto l’autografo fuori dalla scuola: è assurdo e imbarazzante. Se qualcuno mi ferma per strada lui si appiccica a me. Da un lato sbuffa: “Che pizza la notorietà”. Dall’altro mi chiede: “Ma sono famoso anch’io?”. L’altro giorno era arrabbiato e mi ha scritto: “Sei la madre peggiore dell’universo, non so come fai a essere famosa”. Dieci minuti dopo su un altro pizzino: “Prima ho un po’ esagerato”».
A quale film è più legata?
«Non ho mai avuto grandi ruoli, finora. Ma sono affezionata a due film di Massimiliano Bruno: Nessuno mi può giudicare e Confusi e felici. E sono legata profondamente a Ogni maledetto Natale, con gli stessi registi di Boris».
Com’è stato girare Boris 4 senza Mattia Torre?
«Prima avevamo tre registi che ci davano indicazioni diverse incasinandoci la vita. Questa volta ci sono mancate le sue, così complete, dirette e precise, le sue risate, la sua intelligenza».
Ci sarà la quinta serie?
«Mi piacerebbe molto».
A Lol è sembrata un po’ rigida.
«Ero stanchissima. Io sono un cyborg: se mi programmi per non ridere non rido. Però era faticoso».
Cosa le piacerebbe fare in futuro?
«Mi piacerebbe fare l’attrice per davvero. Finora ho fatto la brillante, la comica. Vorrei un ruolo drammatico, come Barbara Ronchi in Settembre, dove affronta la malattia, la tristezza di una famiglia infelice».
Con quale regista vorrebbe lavorare?
«Con Lucchetti, e dicendo lui intendo tutti quelli che dirigono gli attori con passione».
E se anche Elio decidesse di fare l’attore?
«Gli farei provare qualsiasi cosa che lo incuriosisse e lo rendesse felice. Se volesse diventare il miglior piantatore di cartelli stradali lo incoraggerei comunque. Ma al momento è indeciso tra fare il sub e l’esploratore».
Quest’anno ha compiuto 25 anni di carriera.
«Davvero? Non ci avevo pensato. Sono le nozze d’argento con me stessa attrice. Sta diventando una relazione seria».
Chi non vorrebbe deludere?
«Prima avrei detto Elio. Ma i genitori sono sempre deludenti, è meglio far pace con questa cosa. Quindi direi me stessa».