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 2022  settembre 21 Mercoledì calendario

Nella fabbrica delle medaglie

ROVERETO C’è un alpinista che avanza lento su un costone ripidissimo e battuto dal vento: siamo a 6.000 metri sul livello del mare, l’ossigeno è così rarefatto che si fatica a respirare, i 12 gradi sottozero contribuiscono a rendere la fatica estrema. Ci sono un fondista che pattina a 25 all’ora su una pista molto tecnica, uno scialpinista che procede con le pelli di foca lungo un costone ghiacciato, un ciclista che sprinta a 800 watt in pianura. Non siamo sull’Himalaya e nemmeno sullo Stelvio, in una pista di sci o su un costone gelato. Siamo a due passi dal centro storico di Rovereto dove le grandi montagne e i climi estremi sono simulati in condizioni identiche a quelle naturali nei 1.700 metri quadrati del Cerism (Centro Ricerca «Sport, Montagna e Salute») di Rovereto. Quello che ha appena aperto i suoi battenti al pubblico è il laboratorio di ricerca pubblico in ambito sportivo più innovativo d’Italia, pronto ad aiutare decine di campioni azzurri ad essere vincenti, testare tecnologie innovative e formare studenti (in 70 stanno prendendo la laurea magistrale in Sport della Montagna) e ricercatori che diventeranno tecnici, allenatori, strateghi di alto livello.
Per aiutarli il laboratorio – nato nel 1996 ma oggi lanciato su una dimensione europea – ha acquistato, costruito, personalizzato tecnologie straordinarie a cui lavorano oltre trenta persone. Uno stanzone di 100 metri cubi che sembra la cella frigo di una grossa macelleria dove sottraendo ossigeno si possono simulare gli 8.000 metri dell’Everest e pompando aria gelata o bollente creare temperature tra i -30 e i +70. È il laboratorio di Sport Estremi dove l’alpinista Simone Moro ha provato le sue scalate e i materiali usati: una telecamera termica mostra su uno schermo gigante la temperatura di ogni distretto muscolare per valutare i punti più critici. C’è un tapis roulant grande come una stanza (costo: 400 mila euro) che si inclina fino a diventare più ripido del Mortirolo e con un motore che sfiora i 40 km/h: sciatori di fondo, biathleti, ciclisti e runner con indosso maschere metaboliche e sensori di movimento possono essere studiati da ogni angolazione possibile e – volendo – anche durante una simulazione di gara. E poi ci sono pedane di forza adattate ad ogni sport che calcolano al centesimo di Newton la spinta durante un balzo per evidenziare eventuali squilibri d’appoggio, un nastro trasportatore che decodifica i movimenti e la fatica degli sci alpinisti, metabolimetri e altri aggeggi che farebbero la gioia di ogni ricercatore.
Scalate da Mortirolo
Maschere e sensori: i fondisti pattinano a 25 all’ora, i ciclisti simulano il Mortirolo
«Il nostro modello – spiega Federico Schena, ex mezzofondista e direttore del centro – è quello del vecchio Istituto di Scienza dello Sport di Roma creato dal professor Dal Monte – negli anni Ottanta laboratorio d’avanguardia, oggi più palestra e ambulatorio, ndr – ma imbottito di tecnologie avanzatissime e con basi scientifiche di supporto solide grazie al supporto dell’Università di Verona che ha distaccato ingegneri, medici, fisici e laureati in scienze motorie. Vogliamo formare e studiare: anche la stanza del tapis roulant gigante può essere raffreddata riproducendo perfettamente un ambiente di gara in condizioni invernali».
L’idea è di supportare allenatori e preparatori atletici con una formazione moderna e multidisciplinare ma anche per fare e pubblicare studi scientifici come succede in Scandinavia, in Gran Bretagna e in Australia dove sono emigrati tutti i nostri migliori ricercatori che si dividono tra attività accademica e supporto alle varie squadre nazionali. Qui vengono a farsi testare gli sciatori, i runner, i climber e i mountain biker azzurri sia del settore olimpico che di quello paralimpico. Antonio La Torre, il regista delle cinque medaglie olimpiche di Tokyo, spiega che «nello sport moderno l’abbinamento tra ricerca scientifica e componente umanistica è sempre più cruciale. Un posto così può davvero servire ai nostri atleti».