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 2022  settembre 21 Mercoledì calendario

In morte di Virginio Rognoni

È stato il ministro dell’Interno del dopo Moro, entrato al Viminale in sostituzione di Francesco Cossiga dimessosi all’indomani del ritrovamento del cadavere del presidente della Democrazia cristiana rapito e assassinato dalle Brigate rosse. Accadde nella primavera del 1978, Virginio Rognoni – morto ieri a 98 anni nella sua Pavia – era deputato della Dc già da due lustri. Da allora ha legato il proprio nome alla battaglia contro il terrorismo, e poi ad altre emergenze criminali e all’amministrazione della giustizia.
Dopo il suo ingresso al Viminale, il ritorno del generale Carlo Alberto dalla Chiesa alla guida del Nucleo antiterrorismo dei carabinieri aprì una nuova stagione di contrasto ai gruppi della lotta armata, che comunque continuarono a colpire; per cinque anni, fino al 1983 quando lasciò l’incarico, il ministro dell’Interno fu quasi totalmente preso da quella missione. A nuovi, pesanti perdite inferte alle istituzioni dalle Br e altre sigle (come la strage di piazza Nicosia, gli omicidi di Guido Rossa, Emilio Alessandrini, Vittorio Bachelet e molti altri ancora) lo Stato cominciò a rispondere con sempre più frequenti arresti e scoperte: il covo di via Monte Nevoso a Milano con il primo ritrovamento delle «carte di Moro», il pentimento di Patrizio Peci e la successiva cattura di tutti i principali capi brigatisti. Nel frattempo arrivarono lo scandalo della P2, con l’inquinamento delle stesse istituzioni finite sotto attacco, e nuovi rigurgiti di terrorismo neofascista, compresa la strage di Bologna del 2 agosto 1980.
Ma mentre conduceva queste battaglie, dal Viminale Rognoni dovette affrontare anche un’altra emergenza criminale, forse sul momento sottovalutata e non totalmente compresa dall’opinione pubblica: quella della mafia che tra il 1980 e il 1983, oltre a scatenare la guerra intestina tra clan palermitani e corleonesi, decise di aggredire anch’essa le istituzioni in Sicilia, con i cosiddetti «delitti politici» di Cosa nostra: dal presidente della Regione Piersanti Mattarella al procuratore di Palermo Gaetano Costa, dal deputato comunista Pio la Torre allo stesso dalla Chiesa.
Fu una guerra condotta con maggiori difficoltà rispetto a quella contro il terrorismo, perché lo Stato nel suo complesso non seppe rispondere con la stessa determinazione mostrata nei confronti della criminalità politica. E il ministro dell’Interno si trovò più volte a dover spiegare le incomprensioni e a volte persino le omissioni che accompagnarono gli allarmi lanciati su quel fronte, prima che venissero assassinati, da Mattarella e dalla Chiesa. Tuttavia la legge che nel 1982 introdusse il reato di associazione mafiosa e il sequestro dei beni dei boss si chiama «Rognoni-La Torre» proprio per il contributo fornito dall’allora ministro dell’Interno.
Terminata l’esperienza al Viminale, nel 1986 passò al ministero della Giustizia, per poi diventare ministro della Difesa tra il 1990 e il 1992. Nel 1994 concluse la sua esperienza di parlamentare, per uscire dalla scena pubblica. Vi fu richiamato nel 2002, come componente del Consiglio superiore della magistratura. E lì visse una nuova stagione da protagonista quando – nel pieno del governo Berlusconi e dello scontro con i giudici – fu scelto dalla componente togata del Csm che lo votò in blocco come vice-presidente in contrapposizione all’altro «laico» indicato dal centrodestra. Rognoni divenne, per quattro anni, il riferimento dei magistrati nel conflitto quasi permanente con il berlusconismo. Era il periodo delle «leggi ad personam» e delle riforme anti-toghe, nella quale l’ex ministro si ritrovò a vivere una sorta di seconda giovinezza, a difesa dell’autonomia e indipendenza di pm e giudici, i quali le consideravano a rischio per via delle iniziative del premier-imputato che aveva scelto di difendersi non solo nelle aule di giustizia. Terminata anche quell’esperienza, Virginio Rognoni è tornato a Pavia, dove non ha smesso di essere un osservatore della politica e delle istituzioni in cui ha vissuto gran parte della sua esistenza.