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 2022  settembre 20 Martedì calendario

Intervista a Ewan McGregor che ha recitato con sua figlia

«Hello, it’s Ewan». A chiamare da un cellulare californiano, in un attimo di pausa della festa per il centenario di Moto Guzzi che l’ha portato in Italia, a Mandello del Lario, è Ewan McGregor, collezionista di due ruote tanto quanto di ruoli sul grande e piccolo schermo. A 51 anni la star di Trainspotting e Moulin Rouge!, un po’ frastornato dal jet lag (è scozzese, ma ormai fisso a Los Angeles) si racconta padre orgoglioso, reduce da un film a fianco della figlia maggiore (ne ha 4, mentre da poco più di un anno è nato il suo primo figlio).
Quando è iniziata la sua passione per le moto?
«A 6 anni ho guidato una moto giocattolo per un pomeriggio e mi sono innamorato dell’idea di andare veloce. Poi i miei genitori non me l’hanno più permesso, ma la fissa è rimasta. Così dopo la scuola di recitazione a Londra, nel 1992, ho comprato la prima moto. Adesso diciamo che ne ho un po’ (ride) e la mia Guzzi più vecchia è del 1971».
Nel documentario «Long Way Down» del 2007, ha guidato la moto dalla Scozia al Sudafrica.
«Sì e abbiamo attraversato anche l’Italia, pur velocemente. In altre occasioni ho scoperto di amare Siena, con la sua bellissima piazza, e il lago di Como dove torno spesso».
Ci sono registi italiani con cui le piacerebbe recitare?
«Mi piacerebbe lavorare con Sorrentino, adoro La grande bellezza e ho avuto la fortuna di presentare la sua nomination quando ha vinto l’Oscar. Poi sono stato in giuria a Cannes quando l’ha presieduta Nanni Moretti: sono un suo fan e non sarebbe male lavorare anche con lui».
Viene dal successo della miniserie «Obi-Wan Kenobi». Com’è stato tornare nell’universo di Star Wars?
«Ero felicissimo di fare questa serie e ho dovuto fingere di non saperne nulla a lungo perché la Disney non voleva venisse svelata fino all’ultimo. Ho trovato la sceneggiatura ben fatta ed è stato un piacere lavorare con una regista brava come Deborah Chow. È stato bello tornare a un personaggio conosciuto e amato quasi 20 anni dopo l’ultimo film. Un po’ come per il sequel di Trainspotting: è stato facile per me tornare a essere Mark Renton».
Non trova differenze fra ruoli fantasy o drammatici?
«Per me è lo stesso lavoro perché si tratta sempre di riuscire a essere credibili, con qualsiasi personaggio. Quel che faccio io non cambia e penso di avere gusti molto ampi: mi piacciono le storie, di qualsiasi tipo, amo cimentarmi con generi diversi e vorrei continuare a farlo».
Di recente ha recitato con la sua primogenita Clara, 26 anni, nel film «You sing loud, I sing louder». Com’è lavorare con una figlia?
«Meraviglioso. E dopo i primi giorni in cui quasi non potevamo crederci, è stato molto naturale. Ha fatto tutto lei: ha prodotto il film, l’ha scritto, è la protagonista e l’ho trovata bravissima. Ho ammirato come si comportava con il team e poi, anche se ero già consapevole che sapesse recitare, mi ha veramente colpito. Interpretiamo padre e figlia, è la nostra storia, ed è stato straordinario poter passare tutto quel tempo insieme».
Nel film il padre accompagna la figlia in rehab: come vi siete preparati?
«In verità ci siamo semplicemente buttati nella parte. Ne abbiamo parlato in fase di scrittura e poi con la regista, ma ho cercato di lasciar fare a loro. Il film è un viaggio on the road e parla di una persona giovane affetta da dipendenze, ha una forte impronta femminile e credo toccasse alla loro generazione raccontare la storia».
Quando ha saputo che sua figlia voleva diventare attrice le ha dato dei consigli?
«No, giusto qualche aiuto pratico. Ma ha seguito il suo percorso in modo indipendente, senza bisogno di me».
Tornerà alla regia, dopo «American Pastoral»?
«Non vedo l’ora, ma devo trovare la storia giusta perché quando reciti un film ti impegna per qualche mese, quando dirigi va via almeno un anno e mezzo».
Da regista, ha imparato qualcosa sugli attori?
«Ognuno ha bisogno di istruzioni diverse: alcuni vogliono essere lasciati in pace, altri vogliono parlare di ogni scena. È stato interessante».
Riesce a individuare un ruolo preferito fin qui?
«Impossibile, tutti mi hanno insegnato qualcosa. Non riguardo i film e non li confronto. Però mi dedico al 100% a ogni ruolo e quindi, in quel momento, ciascuno è il mio preferito».