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 2022  settembre 20 Martedì calendario

E elezioni viste da Rino Formica

Rino Formica, 95 anni, ex ministro socialista, uno degli ultimi testimoni della Prima Repubblica: a sei giorni dal voto, è preoccupato. Non solo per la crisi economica, ma anche per la “stabilità democratica” messa a rischio da due fattori: la disaffezione degli elettori che produrrà un “altissimo tasso di astensionismo” e il modello “autoritario” della destra di Giorgia Meloni, favorita alle elezioni.
Partiamo dal primo.
In questo momento la mia preoccupazione è tutta rivolta alla stabilità democratica del Paese. Commentatori, osservatori e giornalisti fanno giustamente il loro lavoro, ma dovrebbero interessarsi principalmente a questo tema: come puntellare la nostra democrazia. Il diritto di critica è giusto, ma il crinale su cui camminiamo è molto pericoloso.
Perché?
Da una parte c’è un disagio economico e sociale. Dall’altra, a esso legata, c’è una disaffezione diffusa nei confronti delle istituzioni. Che porterà inevitabilmente a un’astensione record, probabilmente come primo partito. Il rischio è che si dia priorità alla bolletta elettrica e alla spesa quotidiana, ma non alla “bolletta politica”.
Cosa intende?
Quando il popolo si allontana dalle istituzioni e le ritiene ostili il rischio è di imboccare la via della schiavitù. E a quel punto c’è sempre una forza politica negativa che esercita quel potere sul popolo.
Ora Meloni è la favorita nelle urne.
Se vincerà le elezioni con un’astensione così alta avrà una legittimità molto bassa per governare. Così proverà a farlo con un impegno politico di lungo respiro e dimostrando fedeltà alle proprie idee. E proverà a cambiare la Costituzione con la riforma presidenziale: un disegno pericoloso. Il suo modello, come vediamo in questi giorni, è quello del presidente ungherese Orbán.
A fine agosto, sul Domani, scrisse che Draghi sarà il “lord protettore” di Meloni. Conferma?
Sì, il mio era un riferimento a Cromwell che, nel 1600, assunse la carica di “lord protettore” del Commonwealth di Inghilterra, Scozia e Irlanda. Da una parte Draghi ha fatto capire che la sua non sarà un’uscita di scena: chi verrà dopo di lui dovrà fare i conti con il suo metodo di governo. Dall’altra, i fatti delle ultime settimane ci dicono che nel nostro Paese si va diffondendo la tendenza a fidarci dei tecnocrati: in questo contesto emergono i “lord protettori”. Le entità sovranazionali, necessarie e indispensabili, rischiano di diventare i nuovi imperi Commonwealth: Stati nazionali che controllano i singoli Stati regionali.
Si dice che ci sia un patto tra Meloni e Draghi: lei a Palazzo Chigi, lui al Colle. È plausibile?
Questo non so dirlo, ma nemmeno lo escludo. Dipenderà dalla permanenza di Mattarella al Colle e da quanto sarà profonda la nostra crisi istituzionale.
Indipendentemente da quale sarà il ruolo di Draghi, qual è il suo giudizio su Meloni?
Si è collocata su un versante atlantista e filo-europeista: ha rovesciato con rapidità e spregiudicatezza i principi fondativi del suo movimento. Ha abilità politica, ma questo suo repentino voltafaccia rispetto ai valori di Fratelli d’Italia denota un profondo trasformismo politico, un nuovo Gattopardo.
Viene considerata da molti una novità nella politica italiana. Sbagliano?
Il trasformismo è un carattere tipico delle forze della destra che, con grande spregiudicatezza, in nome della continuità e della conservazione, arrivano al potere cambiando idea su tutto. Che poi è il grande problema della conservazione della casta politica, di cui Meloni fa parte ampiamente. No, non c’è niente di nuovo in lei.
Anche la sinistra però ha grosse responsabilità sulla possibile vittoria di Meloni.
Torniamo al discorso iniziale: la disaffezione del popolo deriva proprio dal fatto che la sinistra ha tradito impegni e valori che aveva costruito nel tempo. Chi paga il prezzo più alto, in termini elettorali, è proprio la forza del cambiamento. La forza della conservazione invece no: quella è già una forza della rassegnazione.
Che errori ha commesso il Pd di Letta?
Su questo non mi faccia dire niente, dovrei essere talmente severo e non vorrei eccedere. Non vorrei maramaldeggiare.