Corriere del Mezzogiorno, 13 novembre 2020
Renata, figlia di D’Annunzio
Nel vasto anzi enciclopedico capitolo «D’Annunzio e le donne» c’è una voce poco frequentata. E riguarda la sola che, al netto dell’amatissima madre, fu veramente sua: la figlia Renata, nata a Resina da una relazione adulterina con la contessa Maria Gravina Cruyllas. Unica femmina dei cinque figli del vate, sposò il tenente Silvio Montanerella dal quale ebbe ben otto figli. Tra le carte del terzultimo, Francesco, nel 2018 fu ritrovato un romanzo inedito di Renata che, donato al Vittoriale, è stato appena pubblicato a cura di Tobias Fior da Ianieri, casa editrice eminentemente dannunziana cui si deve anche il prezioso Gabriele d’Annunzio e la figlia Renata. Carteggio inedito (1897-1937) a cura di Franco Di Tizio.
La storia tutta al femminile con un titolo alla Aleramo, Una donna, racconta di Lina, giovane danzatrice abbandonata incinta dal suo amante che farà una vita raminga di teatro in teatro fino a quando... Il vero romanzo, però, è fuori dal libro postumo: è la vita stessa di Renata, sin dalla nascita alle falde del Vesuvio dove i due sconsiderati amanti che le toccarono come genitori si erano rifugiati.
PUBBLICITÀTrama di un pentagono amoroso che ha come epicentro Napoli. Quando ventottenne, in un aristocratico salotto cittadino conobbe Maria, Gabriele D’Annunzio aveva già avuto tre figli dalla moglie e il ruolo di «amante in carica» era ricoperto da Barbara Leoni, trasteverina il cui fascino impallidì di fronte a quello della «dea» mediterranea. Di strepitoso blasone siciliano – figlia del principe Francesco Cruyllas Gravina di Ramacca e della principessa Casimira de Bono – Maria aveva sposato contro la sua volontà l’aristocratico partenopeo Guido Anguissola di San Damiano, da cui aveva avuto due figli. Nessuno meglio di Piero Chiara racconta il divampare della passione: Maria aveva «una serqua di titoli da far svenire un modesto borghese di Pescara. Alta, slanciata, di una rara eleganza, la Cruyllas colpì a fondo il Poeta, che come tutti i bassi di statura aveva un debole per le donne imponenti... Vistosissima, anche a causa di una ciocca di capelli rossi tra la sua chioma nera, corteggiata e non invano da molti, pare anche dal Principe di Napoli, futuro Vittorio Emanuele III, apparve a d’Annunzio come una divinità dell’Olimpo».
Siamo nel 1891 e lo scrittore dall’Hôtel du Vésuve sta chiudendo i contratti per la pubblicazione dell’Innocente con Bideri e di Giovanni Episcopo con Luigi Pirro. Il 10 dicembre esce la prima puntata dell’Innocente sul «Corriere di Napoli»: l’aristocrazia seguiva la storia quasi con fanatismo consegnando a D’Annunzio il primato dell’«audience». Proprio quello che serviva al pescarese per conquistare la contessa.
Il caso volle che il marito di lei ebbe un crollo finanziario e fu costretto a tornare dai genitori, ma Maria si rifiutò di seguirlo: affittò un appartamento in via Caracciolo 9 e lì si trasferì con la prole. Da qui raggiungeva D’Annunzio all’Albergo della Follia – nomen est omen – in piazza dei Fiorentini. E Gabriele le scriveva: «Mia cara amica, si avvicina l’ora. Siate coraggiosa e altera come sempre... Non vi preoccupate di nulla. Nessuna creatura umana sa camminare sul fango con nobiltà eguale alla vostra».
Ma il fango arrivò. Il conte Anguissola scoprì gli amanti in flagrante proprio nella casa di via Caracciolo, li denunciò e i due furono condannati a cinque anni di carcere, pena sospesa da amnistia regia. «Siamo stati sorpresi, io e Moricicca (soprannome dato a Maria ndr ), dal marito! La scena fu tanto bizzarra che parrebbe inverosimile a raccontarla» scrisse il poeta a un amico.
La gravidanza di Maria e le ristrettezze economiche suggeriscono alla coppia di accettare l’ospitalità della principessa Emma Gallone nel suo Castello Mediceo di Ottajano. Che li accoglie gelido e austero. Poco dopo si trasferiscono a Villa Isabella della baronessa Cassito della Marra, a Resina, in via Ercolano 124. Qui il 9 gennaio nasce la piccola «innocente» che fu registrata come figlia del conte Guido Anguissola con i nomi di Eva Adriana Renata, poi riconosciuta da D’Annunzio. Il padre la chiamò Cicciuzza, dal vezzeggiativo siciliano materno, la Sirenetta nel Notturno ed ebbe per lei un affetto certo ma contrastato. Quello per la madre, invece, non prese mai il posto della passione che evaporò dopo un paio d’anni nell’alone carismatico della divina Duse. E da qui la storia è più nota. L’attrice di rango umano oltre che teatrale fu molto generosa con Renata. Fu lei, infatti, a pagare le rette dei suoi studi.
A Maria toccò un destino triste assai: dopo Cicciuzza mise al mondo Gabriellino che D’Annunzio non volle mai riconoscere. Assediata dai debiti, finì a gestire un albergo di terz’ordine, secondo altri un bordello.
13 novembre 2020 | 08:42