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 2022  agosto 04 Giovedì calendario

Putin non paga i feriti di guerra

Ha quello sguardo da duro. Espressione facciale di un’aura intimidatoria, autoritaria e assolutista che accompagna un fare deciso, spavaldo, dispotico. E poi accarezza le tigri, mostra gli addominali scolpiti, nuota nei laghi ghiacciati, pesca i lucci a mani nude. Quando deve pagare i soldati, però, Vladimir Putin si trasforma in una sorta di burocrate di un istituto di previdenza sociale che trova qualunque scusa per ritardare il bonifico. «Eh, manca un modulo…».
Il presidente russo, poco dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, aveva fatto una promessa alle truppe schierate al fronte: i feriti avrebbero potuto chiedere un risarcimento di tre milioni di rubli, equivalenti a circa 48 mila euro, vale a dire l’importo che un lavoratore russo medio guadagna in quattro anni. «È nostro dovere sostenere le famiglie dei nostri compagni di guerra caduti e feriti», aveva detto Putin con toni solenni.
Peccato che con l’aumento del numero dei militari messi fuori combattimento alcuni di loro stiano scoprendo che il gesto del capo del Cremlino non è poi così generoso come sembrava inizialmente. La Reuters ha rivelato che alcuni soldati feriti, compresi quelli con lesioni gravi, stanno lottando su un altro fronte: quello legale per ottenere il risarcimento. Alcuni sono alle prese con vaghi regolamenti che hanno cambiato in corsa i criteri di ammissibilità. Altri devono affrontare ostacoli burocratici o ritardi nell’approvazione delle domande.
Maxim Grebenyuk, un avvocato che gestisce la Military Ombudsman, un’organizzazione di difesa con sede a Mosca che fornisce consulenza legale al personale di servizio nelle controversie col datore di lavoro, ha dichiarato di aver ricevuto centinaia di richieste di aiuto da militari feriti che inseguono i pagamenti. «Tra il personale militare russo c’è una certa tensione sociale nei confronti delle autorità che dovrebbero occuparsi dei pagamenti in questione», ha spiegato.
Putin aveva annunciato l’elargizione dei risarcimenti durante una riunione del consiglio di sicurezza trasmessa dalla televisione nazionale. Due giorni dopo aveva emesso un decreto che stabiliva l’indennità, comunemente indicata tra i soldati come «pagamento presidenziale». Il decreto affermava che chiunque avesse subìto una «commozione cerebrale, lesioni o mutilazioni» mentre prestava servizio nelle forze di sicurezza russe in Ucraina avrebbe ricevuto i tre milioni di rubli. Sette settimane dopo, il 22 aprile, il ministero della difesa aveva pubblicato sul web i dettagli sull’esecuzione del pagamento, specificando che le lesioni, per essere ammissibili, avrebbero dovuto rispondere a criteri ben precisi pubblicati in un elenco ufficiale.
La Reuters, con le carte in mano, ha raccontato che in un ospedale militare russo un chirurgo ha inizialmente detto a un soldato che avrebbe avuto diritto al pagamento presidenziale, salvo poi cambiare idea: da una rottura muscolare, risarcibile secondo il primo decreto del Cremlino, a generici e non meglio precisati (e soprattutto non indennizzabili) danni muscolari.
A questa operazione speciale per non pagare i militari feriti si aggiungono le accuse di Kiev, secondo cui la Russia abbandonerebbe i corpi dei suoi soldati morti in Ucraina per evitare di pagare un risarcimento di circa 121 mila euro alle famiglie. Che oltre tutto devono sorbirsi il video della pesca ai lucci trasmesso dalla Tv di Stato.