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 2022  luglio 11 Lunedì calendario

Biografia di Shinzo Abe

Shinzo Abe (1954-2022). Politico giapponese. Primo ministro del Giappone dal 26 settembre 2006 al 26 settembre 2007 e dal 26 dicembre 2012 al 16 settembre 2020. «Con 2.822 giorni consecutivi alla guida del Paese del Sol Levante, tra il 2012 e il 2020, era diventato il primo ministro più longevo nella storia giapponese, che negli ultimi centoventi anni aveva cambiato cento capi di governo. Era riuscito a stampare la sua immagine nella memoria degli altri leader mondiali, un successo dopo tanti leader incolori, quasi «di passaggio» sfornati da Tokyo. Con la sua determinazione sorridente aveva portato per la prima volta un presidente americano a commemorare Hiroshima (Barack Obama nel 2016); era riuscito a tener testa a Donald Trump, che minacciava di far pagare caro al Giappone il suo progetto America First. Si era avventurato fino a Pechino, pur sapendo che la Cina di Xi Jinping non perdona la guerra d’invasione condotta dal Giappone imperiale. Aveva anche un altro record Abe: era stato il più giovane premier di Tokyo, nel 2006, quando aveva ottenuto per la prima volta il mandato dal Partito liberaldemocratico che governa quasi ininterrottamente dalla fine della Seconda guerra mondiale. Con i suoi 52 anni, spezzò la consuetudine gerontocratica di un Paese che soffre di crisi demografica e continua a invecchiare. Quella prima esperienza al vertice del potere era andata male, si era dimesso nel 2007 dopo un anno segnato da recessione economica, crollo nella popolarità, una sconfitta elettorale. Forse per non ammettere il fallimento politico, disse di essere costretto a lasciare per problemi di salute (un’ulcera grave al colon)» [Santevecchi, CdS]. «Erede di una delle dinastie politiche più importanti della nazione, riuscì nell’impresa di superare il nonno, Nobusuke Kishi (accusato, ma mai processato, di crimini di guerra) premier dal ’57 al ’60, il prozio Eisaku Sato (in carica dal ’64 al ’72) e pure il padre, Shintaro, potentissimo ministro degli Esteri. A fianco del padre Abe ha iniziato la propria carriera politica da predestinato. “L’amico degli Stati Uniti” dopo essersi laureato a Tokyo si trasferisce negli Usa per studiare alla University of Southern California, facendo sbocciare il legame con l’America che poi segnerà la sua carriera politica. Si unisce alla frangia più nazionalista dell’Ldp fino a diventarne nel 2003 il segretario. Dieci anni prima si era andato a sedere per la prima volta in Parlamento, nel seggio che fu del padre. Alle elezioni del 2006 succede al popolare Koizumi, di cui era stato il delfino, con un programma neoliberista. Dopo aver lasciato nel 2007 (anche allora, come nel 2020, per motivi di salute: rettocolite emorragica della quale soffriva da quando aveva 17 anni), Abe torna in campo e fa conoscere al mondo la sua “Abenomics”, politica che serviva da terapia d’urto per un’economia giapponese che dopo il lungo boom postbellico era diventata ormai stagnante. La cosiddetta “strategia delle tre frecce”: allentamento monetario, spesa pubblica e riforme. Favorito da un’opposizione debole e dall’assenza di veri rivali, Abe non ha mai rinunciato al suo grande sogno - incompiuto - di modificare la Costituzione pacifista imposta dagli americani. In particolare quell’articolo 9 che vieta al Paese di avere un vero e proprio esercito. Nel 2015 riuscì comunque a promuovere il cambiamento più drastico nella politica militare giapponese degli ultimi 70 anni, reinterpretando la Carta e consentendo alle truppe giapponesi di impegnarsi in combattimenti all’estero» [Modolo, Rep]. Ucciso con due colpi d’arma da fuoco sparati da un attentatore, Tetsuya Yamagami, durante un comizio a Nara.