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 2022  luglio 28 Giovedì calendario

Biografia di Fernando Alonso (Fernando Alonso Díaz)

Fernando Alonso (Fernando Alonso Díaz), nato a Oviedo (Asturie, Spagna) il 29 luglio 1981 (41 anni). Pilota automobilistico, di Formula 1 (Alpine, dal 2021; già McLaren, Ferrari, Renault, Minardi), di gare di durata e di rally. Vincitore, tra l’altro, di due Campionati mondiali di Formula 1 (2005, 2006), di un Campionato mondiale endurance (2018/2019), di due 24 Ore di Le Mans (2018, 2019) e di una 24 Ore di Daytona (2019). «Sono un agonista nato. È la mia natura, il mio carattere, la mia vita» (a Giorgio Terruzzi) • Nato e cresciuto a Oviedo, secondo di due figli (unico maschio). «Il padre José Luis fabbricava esplosivi per le miniere, la madre Ana lavorava in un centro commerciale. […] La casa dei ricordi […] stava in centro, in via Capitán Almeida: quella strada ora è diventata via Fernando Alonso. “In quell’appartamento ho trascorso vent’anni della mia vita: ho nella testa ogni sua mattonella, la mia camera, il tavolo sul quale allineavo le macchinine rosse, il corridoio dove correvo stringendo un volante tra le dita e mimavo il rumore del motore con la bocca. Ricordo le passeggiate con mia nonna, Luisa, le sue parole rassicuranti quando mi lasciava davanti al portone della scuola. Non ero un bambino di grandi sogni. Se giocavo a pallone m’interessava vincere, se ingaggiavo una corsa in bici con i compagni di classe il mio solo desiderio era di arrivare primo. Sono diventato pilota non perché lo ha scelto papà o la vita, ma perché lo ha deciso il risultato”» (Dario Cresto-Dina). «Il papà era un appassionato di motori, le mani sempre piene di grasso, lo sguardo un po’ invasato dell’inventore pazzo. Ci aveva già provato con la figlia, costruendole un kart con le sue mani. Un giorno la portò in un circuito e le propose di scendere in pista. La sventurata rispose. A Fernando, invece, le macchine piacevano» (Andrea De Benedetti). «Quando ha preso in mano un volante per la prima volta? “A due anni. Un piccolo kart che papà aveva costruito con il motore della falciatrice”. La prima gara? “Sempre in kart, a tre”. Arrivò primo, naturalmente? “Ultimo e stra-doppiato. Ma, la coppa, me l’hanno data lo stesso”» (Alberto Mattioli). «Ha raccontato dei suoi primi passi su un kart con i colori McLaren. […] “Ricordo poco, ma tutte le foto che ho, di quando ho cominciato, sono con quel kart, a 3 e 4 anni. Ho ancora da qualche parte la licenza per correre: adesso sarebbe fuorilegge, manderebbero in galera i miei genitori… Sono solo immagini sbiadite, ma se sono un pilota è anche per la passione di mio padre, cui piacevano le corse. Mi costruì una McLaren perché in quel momento vinceva tanto”» (Gianluca Gasparini). Nel 1988, a sette anni, nella pista di go-kart di Pola de Laviana (Asturie), la prima di una lunga serie di vittorie. «A differenza di molti suoi colleghi, che hanno iniziato a gareggiare in maniera semiclandestina di nascosto da padri castranti e madri apprensive, “Nano” ha sempre avuto l’appoggio della famiglia, che ha speso soldi, tempo ed energie per farlo diventare un campione. Intorno ai tredici anni, quando cominciava a frequentare i primi circuiti internazionali, papà José Luis lo andava a prendere a scuola il giovedì pomeriggio, lo caricava su una Peugeot fuligginosa e lo portava in Francia e in Italia per le gare. La domenica sera si ripartiva, e Fernando tornava a scuola il martedì, con poche ore di sonno alle spalle, accartocciato sui sedili posteriori. All’epoca correva con il kart. Era così bravo che gareggiava sempre con quelli un po’ più grandi di lui. E vinceva» (De Benedetti). «Spesso il più giovane in pista, per Fernando Alonso è necessaria più di una volta una deroga speciale per correre sotto età. Sono due suoi futuri colleghi, Adrián Campos e Marc Gené, a dargli una mano, nel 1999, per correre […] in Formula Nissan» (Enrico S. Benincasa). «Dal 1994 al 1998 ha dominato nei kart in Spagna, in Europa, nel mondo. Nel 1999 ha provato con le auto, l’Euro Open by Nissan, e ha vinto collezionando sei vittorie e nove pole position» (Paolo Artemi). «La prima volta di Fernando su F1 fu un premio per la conquista del trofeo Nissan: non aveva ancora 18 anni. Sotto l’acqua di Jerez girò subito così forte che venne fermato dal box» (Paolo Ianieri). «Fece prendere un mezzo colpo a Gian Carlo Minardi, Gabriele Rumi e Cesare Fiorio, che lo osservarono al primo test in F1, con la Minardi a Jerez, nel novembre del 1999, quando, nel giro di riscaldamento – lui che sino a quel momento non sapeva neppure come fosse fatta una monoposto della massima categoria –, si presentò di traverso all’ultima curva, sotto il diluvio. Minardi urlò a Campos, che era il mentore di Alonso: “Fermalo, mi distrugge la macchina!”» (Pino Allievi). «Cesare Fiorio, che lo aveva portato lì, lo redarguì con la condiscendente severità di un padre: “Ti avevo detto di andare piano, non devi subito spaccare il mondo”. Risposta: “Più piano di così non potevo andare”. Commento di Fiorio, qualche giorno dopo: “Come lui, alla sua età, ho visto solo Senna e Piquet”» (De Benedetti). «Nel 2000 su un circuito difficile come quello di Spa ha vinto al volante di una F3000 e ha impressionato i tecnici. Gabriele Rumi, l’ex patron della Minardi, l’ha messo subito sotto contratto, per poi girarlo a Flavio Briatore, uno che di piloti se ne intende, e che, a sua volta, l’ha lasciato a maturare alla European Minardi» (Artemi). Finalmente approdato in Formula 1 con la Minardi, nel Campionato mondiale 2001 «impressionò fin dalla prima gara, mettendo in qualifica la sua monoposto davanti alle Prost di Burti e Mazzacane e staccando l’altra Minardi del compagno Tarso Marques addirittura di 2"6» (Ianieri). «Ai tempi in cui debuttava con la Minardi veniva chiamato Alfonso dai meccanici, cosa che lo faceva arrabbiare: “Yo soy Alonso…”, puntualizzava. Ovviamente i mattacchioni non gli davano tregua: “Dài, Alfonso, salta in macchina”. Lui, di rimando: “Ti ho detto che mi chiamo Alonso”. E quelli: “Su, Fernandel, non rompere le scatole, altrimenti si fa tardi”. Di solito finiva con una vendetta tra l’osceno e il feroce: l’infante andava a fare pipì con i guanti e poi faceva il gesto di pulirsi sulla tuta di chi lo sfotteva. Episodi e goliardie dell’èra del primissimo pelo» (Flavio Vanetti). «Dopo l’esperienza alla Minardi a credere in Alonso sono la Renault, che ha appena rilevato la scuderia Benetton, e Flavio Briatore. Un anno di apprendistato come collaudatore e poi, nel 2003, diventa pilota ufficiale, condividendo il box con Jarno Trulli. Nella prima stagione riesce ad andare a podio più volte e a vincere anche il primo Gp della carriera in Ungheria. Conclude sesto in classifica generale, posizione che migliora l’anno successivo terminando al quarto posto. È solo il preludio dei due anni magici successivi: nel 2005 e nel 2006, infatti, Fernando Alonso si laurea campione del mondo sbaragliando la concorrenza. È il più giovane a riuscirci, record che sfila a Emerson Fittipaldi e che poi gli sarà tolto prima da Sebastian Vettel e poi da Lewis Hamilton, […] suo compagno di squadra alla McLaren nel 2007 in una sorta di “dream team” del volante messo in piedi da Ron Dennis. L’alchimia non funziona e, dopo solo un anno e un terzo posto nel mondiale, l’asturiano torna alla Renault per altre due stagioni. Nel 2010 inizia l’altro capitolo importante della sua carriera, quello con la Ferrari. Il matrimonio con Maranello riporta Fernando su grandi livelli: in cinque anni ottiene 10 vittorie, 30 podi e sfiora più volte il titolo, soprattutto nella prima stagione, in cui è in testa in classifica prima dell’ultima gara di Abu Dhabi. Il rapporto con la Ferrari si conclude al termine della stagione 2014 senza il sogno del terzo mondiale. I sedili dei team più competitivi sono tutti occupati, e così Fernando torna alla McLaren, dove rimane quattro anni senza grandi risultati. In questi anni Fernando si guarda intorno, mettendo alla prova il suo talento anche in altre categorie del motorsport. Nel 2017 partecipa con una McLaren Honda del team Andretti alla 500 Miglia di Indianapolis, riuscendo anche a compiere diversi giri in testa prima del ritiro» (Benincasa). Nel 2018, anno in cui concluse all’undicesimo posto il Campionato mondiale con la McLaren, «quando ha capito di non avere più posto in Formula 1, è andato su altre piste e altri sterrati con una dichiarazione programmatica: “Ci vado per far vedere a tutti che sono il miglior pilota al mondo, come credo di essere”» (Mario Salvini). «Nel 2018 e 2019 partecipa al campionato endurance con la Toyota e, insieme ai suoi compagni di squadra Buemi e Nakajima, vince la 24 Ore di Le Mans in entrambe le stagioni. Ci riprova a Indy nel 2020, senza successo» (Benincasa). «Non è riuscito a terminare il lavoro: l’obiettivo “Tripla corona” (Gp di Montecarlo, 24 Ore di Le Mans e 500 Miglia di Indianapolis) si è infranto al terzo fallimento nella storica corsa americana. Dopo un’esperienza nell’ultima Dakar rallentata da un incidente, il senso di incompiuto l’ha di nuovo spinto tra le braccia del primo amore» (Stefano Mancini). «Dal 2021, […] Fernando è tornato nel grande circus della Formula 1 accettando la proposta dell’Alpine, nuovo nome della scuderia Renault» (Benincasa). «Senza falsa modestia, Fernando si ritiene “così bravo che la F1 è il posto giusto per me. Mi sento come se avessi ancora del lavoro da fare”. Vive un’altra giovinezza. L’ultima. […] “Sono qui per vincere gare, per vincere campionati”» (Mancini). Concluso al decimo posto il Campionato mondiale 2021 (durante il quale, in occasione del Gran premio del Qatar, era anche riuscito a guadagnare il terzo gradino del podio), ha rinnovato il sodalizio con Alpine per il 2022. «Mi sto divertendo a correre in F1 dopo il mio ritorno. Ovviamente mi manca vincere e lottare per il podio, ma mi diverte la sfida contro sé stessi, che mi consente di esprimermi al meglio. […] Mi sento di poter fare come nei migliori anni della mia carriera. […] Non è garantita la mia presenza per la prossima stagione. […] Mi sento a casa in Alpine, ma nulla è garantito». «Dopo l’estate deciderò, però mi sento bene e voglio continuare. In Formula 1 conta solo la velocità: se le tue prestazioni non sono all’altezza, allora si può dire che stai togliendo un posto a un giovane. Ma non è il mio caso, visto che sono competitivo» • «Fra Magic Alonso ed El Nano, che soprannome preferisce? “El Nano. In Spagna ero regolarmente il più giovane e il più piccolo. E poi: Fernando, Nando, Nano”. In Italia vuol dire un’altra cosa… “Beh, adesso sono grande e bello, ma altissimo no”» (Mattioli) • «I primati hanno accompagnato tutta la carriera di Alonso. È stato il più giovane vincitore di un Mondiale kart, di una gara di F. Nissan e F3000, e il trend è proseguito in F1: 3° più giovane a debuttare dopo Mike Thackwell e Ricardo Rodríguez, più giovane a conquistare una pole position, a salire sul podio e a conquistare una vittoria (record battuti da Vettel) e a vincere il Mondiale (battuto poi da Hamilton)» (Ianieri) • «Sta creando una “cantera” per piccoli piloti a Oviedo, la sua città. […] “È bello vedere la speranza negli occhi di chi inizia a praticare uno sport: motori, tennis, calcio. Le auto da corsa mi hanno regalato una vita molto interessante, bella. Sono felice se posso restituire qualcosa”» (Gasparini) • Sposato dal 2006 al 2011 con la cantante Raquel del Rosario, ha in seguito intrattenuto relazioni sentimentali con varie donne (tra cui l’italiana Linda Morselli, ex fidanzata di Valentino Rossi), mantenendo però grande riserbo sulla propria vita privata. «Il circuito è una cosa, la casa è un’altra. L’interesse verso Fernando Alonso deve finire la domenica pomeriggio». «Per esigenze di lavoro e di vita finora non ne ho avuto la possibilità, ma è chiaro che voglio una famiglia e dei figli, […] una stabilità nel mio mondo futuro. Perché da quando avevo 3 anni sto dietro a un volante e non so cosa significhi una vita normale. Sarà un passo molto importante. Spero vada bene» • «In Formula 1 non esiste l’amicizia: esistono soltanto buoni rapporti. Gli amici sono quelli che avevo […] a Oviedo. Loro sono rimasti fedeli a un patto lontano, nonostante il tempo e le distanze» • «Com’è il suo rapporto con Dio? “Non c’è alcun rapporto e non l’ho mai cercato. […] Non credo nel destino e in un’entità superiore: se un aereo cade e muori, non è perché uno ti ha chiamato in cielo”» (Vanetti). Tuttavia «è superstizioso, attento soprattutto ai numeri: “Considero il 14 il mio portafortuna perché il 14 luglio 1996 vinsi il campionato del mondo di kart e avevo 14 anni. Temo il 13, il 17 e altri che preferisco non nominare”. Sceglie le camere d’albergo a seconda del numero: a volte gli capita la peggiore e il suo manager si accomoda in quella in un primo tempo destinata a lui» (Cresto-Dina) • «Sono un tradizionalista». «Sono fiero di essere asturiano, credo sia la sola terra della Spagna che non è mai stata conquistata, anche se venne saccheggiata da Napoleone e assediata durante la guerra civile. Ovunque siano nel mondo, gli asturiani portano la bandiera piegata nella valigia, la croce gialla in campo blu. Io ce l’ho disegnata sul casco» • «Ci descrive l’Alonso che sta dietro la maschera da guerriero? “Un tipo tranquillo. Direi anche simpatico. E romantico. Non ho una caratteristica speciale: sono un uomo normale. Sono timido e non lo nascondo. Ma, quando mi sciolgo, emerge lo spagnolo vero”. La timidezza, se trasferita nel lavoro, non ostacola? “Sì. Però nel mio caso sparisce quando indosso il casco”» (Vanetti). «Rimanere da solo mi piace molto: stare lontano dalla gente, dal rumore» • «I miei piatti preferiti sono la pizza, la paella e le tortillas» • «Come i cowboy ha sempre nelle tasche un mazzo di carte con le quali si esibisce in giochi di prestigio» (Cresto-Dina). «È vero che è un grande pokerista? “Grande, no. Di certo mi piace”. Con chi gioca? “In Spagna con gli amici, fuori su internet”. […] Altra sua passione: le imitazioni. È vero che fa benissimo Aznar? “Non male. Però imito tutti”» (Mattioli) • «Sul lavoro sono un perfezionista, non mi risparmio, sono molto concentrato sui dettagli. Qualcuno può definirmi per questa ragione un rompicoglioni. Non mi offendo» • «Sono una persona molto competitiva: l’unica cosa che conta per me è vincere». «Non si rilassa mai? “Eh… rilassarmi. Poco. Devo dire poco. Sto imparando a farlo sempre di più. Ma è una parte di me: sono un combattente che non si arrende mai. Sono uno che se è sesto a 10 giri dalla fine crede nel podio. Non so da dove mi venga: i miei genitori, per dire, non sono così, nemmeno i miei amici. Io trovo una competizione in tutte le cose della vita: non stacco mai, neanche al supermercato. Qualsiasi attività banale della vita di tutti i giorni per me diventa un’opportunità di fare una gara con qualcuno, anche con le persone che ho accanto…”» (Salvini) • «Sempre compunto e a posto, il look tenebroso da spagnolo sciupafemmine dosato con una certa classe, ma non di meno esibito con chiarezza. […] Può essere personaggio, può piacere. Ed è pure bravo» (Vanetti) • «Io adoro guidare e avere il volante tra le mani: ne ho bisogno praticamente ogni giorno». «Io cerco l’adrenalina» • «Qual è il suo idolo sportivo? “Miguel Indurain. Riservato come me, esaltante nell’azione. Un supereroe”» (Vanetti). «Non so a chi assomiglio: credo sia impossibile fare raffronti con i campioni del passato. Non ho studiato nessuno, mi sono costruito da solo il mio stile di guida. Quando avevo otto anni c’era Senna, ma in Spagna la Formula 1 allora aveva poco appeal e scarso spazio televisivo. Ecco, Ayrton lo ricordo in tivù. Lo ammiravo soprattutto perché mi piacciono quelli che vincono» • «Meglio un Mondiale di Formula 1 o Le Mans? “Si provano emozioni simili. La 24 Ore è molto vicina per valore a un Mondiale. È difficilissimo vincerla, può succedere di tutto. Non ce l’avevo in tasca dalla partenza. Mi sento un privilegiato ad averla corsa e a correre in Formula 1”. […] “Certo, vincere la 500 Miglia di Indianapolis resta l’obiettivo per la Tripla corona (Gp di Montecarlo, Le Mans e Indy: un tris riuscito solo a Graham Hill – ndr). Il motorsport di oggi è troppo specializzato: in passato tutti correvano ovunque per dimostrare di essere i migliori”» (Daniele Sparisci). «Si può […] dimostrare di essere “Il Migliore” anche lontano dalla F1? “Per il mondo dei motori sì: ho ricevuto più messaggi di complimenti, una sessantina, per il secondo posto di tappa alla Dakar che per un podio in F1. Lo stesso dopo la prima volta a Indy, con quella trentina di giri in testa. A livello mediatico però no, è difficile, perché la Formula 1 occupa il 90% degli spazi in tv e sui giornali. Puoi vincere 33 mondiali di un’altra categoria e nessuno lo verrà a sapere”» (Salvini) • «Quali momenti ricorda come i più belli vissuti da quando è in F1? “I due Mondiali, specie il secondo. Nel 2005 Michael (Schumacher) non aveva un’auto competitiva e, dopo 5 titoli a fila, sembrava l’avesse perso lui e non che l’avessi vinto io. Invece quello del 2006 ha avuto un valore molto grande”» (Gasparini) «“Michael è stato l’avversario più forte. Gli altri vengono tutti dopo”. […] Rimpianti? “Tornerei al 2007, alla McLaren. Avrei dovuto capire meglio Lewis Hamilton e scegliere un approccio diverso con Ron Dennis”. Che cosa è stata per lei la Ferrari? “Un capitolo molto importante della mia vita. Dal primo giorno entrando a Maranello ti senti parte della storia. È una sensazione impossibile da replicare altrove. Sono orgoglioso di quei cinque anni”» (Sparisci) • «Certo, vincere un terzo titolo sarebbe la gioia più grande. […] Se ti senti forte, non hai bisogno di guardare la tua data di scadenza. Corri. Sino a quando ti accorgi che qualcuno va più forte di te. È una cosa che può accadere a 25 anni come a 48. L’età non c’entra niente» • «Credo che la pura gioia di scartare i regali di Natale a sette anni non te la dia più nessuno. Nemmeno se vinci il Campionato del mondo».