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 2022  agosto 03 Mercoledì calendario

Come è stato ammazzato al Zawahiri

La morte per un terrorista inizia dal suo sentiero di vita. Ossia dai suoi comportamenti, dai suoi contatti, dai possibili rifugi. Può uscire poco o mai dalla sua tana, ma anche questo diventa un «segno» per i «cacciatori». È accaduto con Osama, con il Califfo al-Baghdadi e ora con Ayman al-Zawahiri ucciso da un drone Usa a Kabul alle 6.18 di domenica.
L’eliminazione del leader di Al Qaeda racconta molto. Intanto il nascondiglio. Non una grotta o una casa in una zona remota, bensì una palazzina a Sherpoor, un’area residenziale a poche decine di metri dalle ambasciate occidentali. Bin Laden aveva compiuto una scelta analoga: il compound ad Abbottabad, la cittadina pachistana sede di un’accademia militare. Entrambe le presenze hanno goduto di complicità. Meno dichiarata quella del Pakistan, evidente l’ospitalità talebana per Ayman visto che la casa-rifugio è di proprietà di un collaboratore di Sirajuddin Haqqani, ministro degli Interni ed esponente dell’omonimo clan, da sempre alleato con i terroristi. La miglior mimetizzazione è stare vicino al «cuore», non in periferia. I ricercati come Al Zawahiri, sulla cui testa c’era una taglia da 25 milioni di dollari, hanno una speranza di sfuggire ai loro inseguitori solo se restano immobili nella loro «base». Non è una scelta, sono costretti a farlo. Se decidono di cambiare aria prendono un rischio. Sono gli eremiti del terrore che provano a guidare i seguaci da remoto.
L’estremista egiziano ha compiuto il passo per unirsi alla famiglia – dicono – e la Cia ha scoperto all’inizio dell’anno il suo probabile trasferimento nella capitale. Da qui è partita la seconda fase per arrivare alla localizzazione, seguita dalla composizione del percorso di vita. In primavera le spie hanno informato i consiglieri della Casa Bianca sugli sviluppi, un messaggio poi passato a Joe Biden. L’intelligence, anche se gli Usa hanno abbandonato l’Afghanistan, ha svolto il suo lavoro con efficacia: se il medico egiziano fosse rimasto nell’area tribale sarebbe stato più arduo scoprirlo come testimoniano i decenni di latitanza. Ma il bersaglio, stabilendosi in città, ha accorciato le distanze, per gli informatori è stato possibile agire sul terreno. Ciò non esclude altri scenari, compreso quello di un tradimento, con i mullah che «vendono» l’ospite a Washington in cambio di un ritorno diplomatico. Si è parlato di negoziati in corso tra varie componenti, della mano dei servizi pachistani. Solo che organizzare la trappola in piena Kabul non è una buona presentazione, magari potevano cercare teatri meno imbarazzanti. Sempre che dietro la morte del medico egiziano non vi siano faide interne. Intanto continueranno le voci e le tesi, componenti costanti del mondo di tenebra.
La tana
Il bersaglio, stabilendosi in città e non nelle aree tribali ha accorciato le distanze
Una volta avute le certezze lo spionaggio statunitense ha ripetuto lo schema impiegato per liquidare Osama. I tecnici hanno costruito un modellino dell’abitazione combinando osservazione ravvicinata, ricognizione satellitare e chissà cosa altro. Ad Obama fu mostrato un plastico perfetto della palazzina in Pakistan mentre i Navy Seals si addestrarono in un poligono che ne riproduceva gli spazi in modo rigoroso. Più «modesto» quello messo sul tavolo di Biden il primo luglio: una riproduzione della casa racchiusa in una scatola di legno. Poco più di una miniatura, tocco quasi artigianale. Durante il briefing decisivo il direttore della Cia, William Burns, ha evidenziato i pro e i contro – Biden, all’epoca del raid contro Bin Laden, aveva votato no all’assalto —, la presunta abitudine del capo estremista di stare sul balcone. Magari lo faceva ogni mattina e gli occhi che lo marcavano lo hanno notato. Una finestra, in tutti sensi, usata da un drone Avenger, versione con maggior autonomia rispetto ai mezzi dell’aviazione decollato da un paese amico. Il velivolo gestito dall’intelligence ha sganciato i suoi missili, forse gli R9X, ordigni che non esplodono ma distruggono usando delle lame rotanti, sistema già impiegato in Siria che permette di ridurre i danni collaterali. Gli analisti lo sostengono dopo aver notato l’assenza di combustione sulla facciata, anche se in realtà— prima che fosse nota la storia dell’incursione – c’era il video di una colonna di fumo biancastro. Restava il nodo del riconoscimento. Ad Abbottabad il capo del team disse via radio la parola in codice «Geronimo», era la conferma che avevano tolto di mezzo Osama. A Kabul l’intelligence, non avendo il Dna dell’egiziano, si è basata su proprie fonti locali.
Al Zawahiri è stato un ideologo importante, per anni è stato un numero due di grande peso spingendo per la linea internazionalista del jihadismo. Quando, undici anni fa, ha preso il posto di Osama non è riuscito a dimostrare la stessa rilevanza. Al Qaeda è stata superata in estremismo dallo Stato Islamico, più agile, meno paludato, basato sulla pura violenza. Le fazioni di riferimento hanno ripiegato su agende locali, allontanandosi dalla lotta globale. Ayman annoiava la platea con lunghi sermoni via web, i simpatizzanti della guerra santa criticavano i suoi abiti puliti per sottolineare con non si sporcava le mani, lo avevano persino considerato defunto a causa di una malattia. Parlava tanto e pochi lo ascoltavano. Tuttavia non è sparito, è riuscito a mantenere l’influenza sulla vecchia guardia e su alcune componenti regionali. In Somalia, nello Yemen, nel Sahel. Ora lo scettro potrebbe passare ad un altro egiziano, Seif al-<Adel, un veterano della prima ora, molto esperto ma con un punto debole. Secondo alcuni vivrebbe in Iran, stato nemico del radicalismo sunnita che però ha ospitato per ragioni d’opportunismo diversi dirigenti di Al Qaeda.
In alternativa il genero di Zawahiri Abdel Rahman al Maghreb, poi Yazid Mebrak esponente del Maghreb o il somalo Ahmed Diriye degli Shebab. Chi crede ai «fantasmi» fa persino il nome di Hamza bin Laden, il figlio del fondatore. Sarebbe stato ucciso durante la presidenza Trump però qualcuno immagina una sorpresa improbabile. Costa poco affermarlo.