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 2022  luglio 28 Giovedì calendario

E Depardieu si fa in due sulle tracce di Simenon

Quanto sia stretto il rapporto tra Georges Simenon e il cinema è assodato. Meno noto è quanto non sia a senso unico: se tanto ha dato, dalla Settima Arte lo scrittore belga ha anche avuto. Una bellissima amicizia, intanto.
Raccolto da Adelphi nel volume Carissimo Simenon, Mon cher Fellini – c’è anche un bel documentario di Giovanna Ventura per Rai Movie, Fellini e Simenon – l’epistolario lungo trent’anni, dentro i sogni, il circo, l’inconscio e Jung, origina al Festival di Cannes nel 1960: La dolce vita vince la Palma d’Oro con la benedizione e l’appoggio incondizionato del presidente di giuria, Georges.
Ne sapeva tantissimo di immagini in movimento, sicché quando pennella Émile Maugin, attore che a sessant’anni ha fama, successo e, al posto del ventricolo sinistro, “una specie di pera molle e avvizzita”, deve precisare nell’Avvertenza: “Non è ispirato né a Raimu, né a Michel Simon, né a W. C. Fields, né a Charlie Chaplin”, ovvero altrettanti illustri colleghi. Ma la vasta enciclopedia audiovisiva gli richiedeva una seconda avvertenza: “E tuttavia, proprio a causa della loro grandezza, non è possibile creare un personaggio dello stesso calibro, che faccia lo stesso mestiere, senza prendere in prestito dall’uno o dall’altro certi tratti o certi tic”.
Siamo nel 1950, Simenon ha appena avuto il secondo figlio e licenziato “il libro che i critici mi chiedono da tanto tempo e ho sempre sperato di scrivere”: Le persiane verdi (Adelphi), dagli infissi della casa che per Maugin simboleggia la pace dell’anima, invero mai esperita. Denaro, donne e potere, quelli sì, e ora – la bottiglia è di cognac – leggete qui: “Maugin ormai aveva perso ogni ritegno in sua presenza, anzi, sembrava che facesse apposta a bere a canna in quel modo indecente, quasi osceno, per darle il voltastomaco e sentirla brontolare fra i denti: ‘Cosa mi tocca vedere!’”.
Ebbene, chi è il Maugin che avete visualizzato? Giusto: Gérard Depardieu è il protagonista di Les volets verts, per la regia di Jean Becker, dal 24 agosto nelle sale francesi – tranquilli, arriverà anche nelle nostre. Adattando l’umanità materica della prosa di Simenon, quel rubare alla vita solo per restituirla maggiorata e affinata nell’arte, si deve necessariamente mettere il dito nella piaga e la sonda nell’anima: “‘Ti conosco, Émile. Ora hai sonno, ammettilo’. ‘Sì’. ‘E non hai nessuna voglia di fare l’amore’. Perché intanto lui aveva cominciato ad accarezzarla senza convinzione. ‘Non lo so neanch’io’”.
Dei Becker era di certo meglio il padre, Jacques, ma di Jean non possiamo lamentarci, e Depardieu oltre all’arte ha, fin troppo, la parte, dunque la trasposizione non dovrebbe deludere. Va detto, “Era meglio il libro” con Simenon si porta benissimo.
Comunque sia, cambiate regista, Patrice Leconte, tenete l’attore, Depardieu, mutate romanzo, ossia personaggio: Maigret e la giovane morta (sempre Adelphi, su carta e semplicemente Maigret su schermo, dal 15 settembre in Italia). Il suo più celebre personaggio impone la detection, e segnatamente il riconoscimento facciale della giovane morta: “Maigret non voleva ammetterlo, ma quello che lo lasciava più perplesso era il volto della vittima… Sembra una bambina, una bambina di cattivo umore… Sotto la pioggia, il trucco si era un po’ sciolto, e questo, anziché invecchiarla o imbruttirla, la rendeva ancora più giovane e attraente”.
Cherchez la femme sarà destinazione e destino, ma è subito delitto: cinque coltellate date in modo disordinato, a capo delle indagini Maigret, squadra criminale, 36 Quai des Orfèvres, “ascoltare per far parlare i sospettati” quale modus operandi e “cercare la verità” per compito.
Troverà anche altro, dentro di sé, rimosso, ché “se è normale col tempo che si formi una corazza poi un giorno vieni toccato da un dettaglio e tutte le tue certezze si sgretolano”: non è una sola, non è solo una giovane morta, il romanzo edito nel 1954 è un’introspezione del commissario, una chiamata in correità, non di spade ma cuori.
Coi piedi ben piantati a Parigi, ma girovago – assecondando la biografia di Simenon – tra Turchia e New York, Italia e Bruxelles, il libro è di pronta beva, però persistente, e financo lancinante, retrogusto: sapranno Leconte e Depardieu reggerlo?
Protagonista di settantacinque romanzi e ventotto racconti, trasposto sullo schermo, grande e piccolo, in lungo e in largo (per noi ha sopra tutto il volto di Gino Cervi nello sceneggiato Rai anni Sessanta), Maigret ha ancora licenza di chiedere: che cos’è l’uomo?