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 2022  luglio 28 Giovedì calendario

Il Congo cerca petrolio. Ha bisogno di soldi e non di salvare il pianeta

Siamo una nazione libera e sovrana, abbiamo il diritto di sfruttare la nostra ricchezza naturale. Non tocca a noi salvare il pianeta». Così il ministro degli Idrocarburi della Repubblica Democratica del Congo, Didier Budimbu, ha spiegato l’asta che si svolgerà oggi e domani: 27 licenze di esplorazione petrolifera e 3 di gas, per far fronte all’urgente richiesta di combustibili del mondo. «Non avevo scelta», ha detto, portando ad esempio l’Arabia Saudita che aumenta la produzione di greggio, sollecitata da Biden, la Norvegia che trivella il mare e l’Ue che torna al carbone.
La gara interessa anche due aeree nel Parco di Virunga, patrimonio dell’umanità Unesco e ultimo regno dei gorilla di montagna. Gli stessi che nel vicino Ruanda studiava e accudiva Dian Fossey, fino al suo omicidio a colpi di machete nel 1985. Decine di documentari sull’epopea delle «Trimates» Dian, Jane Goodall, Birut Galdikas – le tre scienziate inviate da Louis Leakey a studiare le grandi scimmie antropomorfe nei loro territori naturali – hanno insegnato al mondo che gorilla, scimpanzé e oranghi sono animali intelligenti ed empatici, capaci di amare e soffrire. Ma è servita la fama delle star di Hollywood per svelare nel film Virunga, prodotto da Netflix nel 2014, quali oscuri interessi si muovevano contro i gorilla nelle foreste del Congo: milizie armate, bracconieri, e aziende petrolifere.
Le polemiche costrinsero le società Soco International e Dominion Petroleum a fare marcia indietro. «Sì, anni fa ci ficcarono il naso attori come Di Caprio e Ben Affleck», ha detto Budimbu. «Stavolta però non ci fermeremo. Abbiamo una responsabilità nei confronti dei congolesi che, per la maggior parte, vivono in condizioni di estrema povertà e aspirano a un benessere che lo sfruttamento del petrolio può garantire». E qui sta il paradosso. Patria di una delle più grandi foreste pluviali secolari della Terra, la Repubblica Democratica del Congo è considerato il Paese più ricco del pianeta per le sue risorse naturali (stimate in 24 trilioni di dollari) però ha un Pil procapite di appena 600 dollari, uno dei più bassi al mondo. Produce 25.000 barili di petrolio al giorno, ma potenzialmente può arrivare a un milione: ai prezzi correnti, sono 32 miliardi di dollari l’anno, oltre metà del suo Pil.
L’asta – cui l’italiana Eni ha escluso di partecipare – comprende anche parti della Cuvette Centrale, dove si trovano le più grandi torbiere del mondo, che immagazzinano l’equivalente di tre anni di emissioni globali di CO2: una «bomba ad orologeria» se venissero trivellate, secondo gli ambientalisti.