la Repubblica, 28 luglio 2022
Una campagna elettorale senza programmi
“Faccetta nera, bella abissina, aspetta e spera che già l’ora si avvicina: quando saremo vicino a te, noi ti daremo un altro duce e un altro re”. Ora cercherò di spiegare perché queste parole mi sono tornate in mente dopo avere assistito a un altro dibattito sulle prossime elezioni politiche in cui è stato trascinato il nostro Paese.
La campagna elettorale è come un treno che non si ferma a tutte le stazioni, lascia molta gente a terra, raccoglie solo qualcuno, e non annuncia la destinazione. Ma quelli che sono stati lasciati a terra a un certo punto si accorgono che il treno ripassa negli stessi posti, raccoglie le stesse poche persone che, a quanto pare, hanno un biglietto speciale, e va via sbuffando, come se fosse stracarico. Direte che una campagna elettorale è difficile d’estate e che tutti sono stati colti di malavoglia e di sorpresa. Ma sapete che non è vero.
Fra i protagonisti della faticosa maratona elettorale, c’è chi l’ha voluta con tenacia e che adesso si sta battendo con vera passione. Evidentemente li anima il sogno di un Paese nuovo e diverso, capace di fare fronte alle difficoltà nuove e gravissime da cui l’Italia è colpita come il mondo, la guerra, la pandemia, la fame, il lavoro, la spaccatura improvvisa del rapporto fra popoli, la fuga, detta immigrazione, e trattata come un problema da “regolare”, di milioni di famiglie da Paesi invivibili. E così vi immaginate che se riuscite ad ascoltare qualcosa dei dibattiti continui e accaniti nelle stanze dove si preparano le campagne elettorali, saprete quali sono le strade per la salvezza che potrebbero essere scelte. Se vi accostate allo stanzone della destra coglierete il problema in tutta la sua gravità: o Giorgia Meloni o nessuno. O Matteo Salvini o nessuno. O Silvio Berlusconi o nessuno. Si intravedono punti di forza (Meloni) e punti di debolezza (gli altri). Ma niente sulla strategia e sul programma, di cui non si conosce nulla. La discussione furente è tra persone che vogliono comandare da sole, senza neanche dire come e perché. Non cambial’esperienza se ti sposti a sinistra, perché la sinistra ha trasportato, in un suo lungo passato, un carico di idee. E per alcuni non può non provocare nostalgia. Adesso ti presenta un carico di persone, alcune miti e gentili, alcune proterve, che non portano idee e non progettano un Paese diverso opposto a quello della Meloni o dei suoi amici-nemici di avventura italiana e dei suoi veri amici nel mondo, tipo Orbán d’Ungheria e Morawiecki di Polonia.
Ciascun candidato o presunto candidato anche nella sinistra ti parla di sé, ti intrattiene sul suo curriculum e ti promette un mondo nuovo che ha una sola descrizione e una sola promessa: la persona in gara. E le ragioni, a cui si dedicano moltissimo tempo, dei rivali di fede (o ex fede) e di partito, che vanno assolutamente estromessi e – come se leggessero il futuro – leggono le carte che lo rivelano. E così tutti siamo messi nella condizione di detestare o rigettare qualcuno ma non nello stato d’animo di battersi contro i pericoli che corre il Paese.
Ma il vasto pubblico dei cittadini elettori (tra i quali, date le cose narrate, si nascondono gruppi sempre più grandi di cittadini che potrebbero non votare) ha di fronte a sé un programma più ansiogeno e più vasto. Non dimenticate i grillini, che si sono frantumati come un vetro in tutte le direzioni, ma ci hanno lasciato personaggi come Grillo, che pensa di incarnare tutta la storia italiana nella sua strana e indecifrabile persona, e non tollera che vi siano altri a parlare al suo posto, violando il suo privilegio di non essere mai stato eletto da nessuno, benché abbia cambiato da solo il Parlamento e i regolamenti e imposto, per esempio, l’inviolabile doppio termine ai mandati parlamentari dei suoi deputati (una proprietà, non una istituzione). Non si è fatto sentire ancora il gruppo misto, ma l’esempio dei colleghi bene organizzati nei partiti potrebbe indurli a candidarsi a uno a uno. Non con un programma ma con un curriculum. Come nella canzone fascista non devono promettere quello che faranno, ma chi sono. Non era e non è un bel momento nella storia italiana.