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 2022  luglio 28 Giovedì calendario

Dopo l’inchiesta sull’assalto a Capitol Hill

Il Dipartimento della Giustizia americano, agli ordini dell’Attorney General Merrick Garland, sta investigando sull’operato dell’ex presidente repubblicano Donald Trump nelle frenetiche giornate tra le elezioni, che lo hanno visto sconfitto dal presidente democratico Joe Biden il 3 novembre 2020, e l’attacco dei suoi militanti al Congresso, il giorno dell’Epifania 2021.
Le rivelazioni, che alternano scoop del New York Times e del Washington Post, indicano come i funzionari del Dipartimento, suffragati da agenti Fbi, starebbero interrogando i testimoni davanti a una Grand Jury, la giuria popolare che negli Stati Uniti decide se processare i cittadini. Il sospetto è che Trump, complici gli avvocati John Eastman e Rudolph Giuliani, volesse coartare la volontà dell’ex vicepresidente Mike Pence, per convincerlo a dichiarare illegittime le elezioni presidenziali malgrado l’assenza di brogli.
Inoltre, secondo le fonti del ministero della Giustizia, una cabala di consiglieri trumpiani avrebbe identificato “falsi elettori” che, nel giorno della certificazione del voto, antica tradizione politica Usa, avrebbero confuso ad arte le acque, opponendosi con la frode ai veri commissari elettorali.
Il piano prevedeva che, davanti a verbali fasulli opposti a quelli originali, il Congresso bocciasse i risultati, con la copertura di Pence, gettando la grande democrazia in un colpo di stato. Il sacco del Congresso, con la minaccia di forca per il vicepresidente “traditore” da parte degli estremisti nazionalisti, doveva offrire il contesto violento alla tragica fine della democrazia fondata nel 1776.
Da quando la Commissione della Camera, guidata con maestria dalla deputata repubblicana Liz Cheney, figlia dell’ex vicepresidente e idolo dei conservatori Dick Cheney, ha mostrato al paese, in diretta tv, come il raid al Campidoglio non fosse manifestazione spontanea, ma insurrezione guidata da uomini del presidente, la popolarità di Trump scema e lo stato maggiore del partito, ipnotizzato dalla sua presa sulla base, comincia a riflettere.
Il Grand Old Party repubblicano è in vantaggio per le elezioni di Midterm a novembre, ma il no all’aborto dellaCorte Suprema mobilita le elettrici intorno ai democratici e il presidente Biden, che resta impopolare, prova in parlamento a promuovere leggi sociali per i ceti in difficoltà. L’incriminazione di Donald Trump sarebbe dramma storico, trauma nella politica bisecolare americana che neppure il Watergate di Richard Nixon, tra il 1972 e il 1974, e l’impeachment di Bill Clinton del 1998 anticipano. Da sempre, il Dipartimento della Giustizia considera la Casa Bianca, sede del potere esecutivo, al di fuori della propria azione, lasciando che gli elettori, e semmai il Congresso, giudichino i presidenti. La grazia che il presidente Ford concesse a Nixon infuriò, l’8 settembre 1974, milioni di americani, ma impedì almeno lo spettacolo di un leader alla sbarra, da imputato.
La sinistra radicale spinge il ministro Garland a forzare la mano, ma l’ex magistrato non ha fretta: “La giustizia non ha paura, né reverenze, perseguiremo chiunque abbia commesso reati il 6 gennaio, o tentando di manipolare i risultati elettorali” dichiara. Barack Obama voleva Garland alla Corte Suprema, l’ostruzionismo irrituale dei senatori guidati da Mitch McConnell lo bocciò, ora il destino porge all’Attorney General un dilemma decisivo. Se emergeranno prove che Trump, e i suoi legali, hanno tramato per ribaltare il voto pro Biden, la Grand Jury non potrebbe che rinviarli a giudizio, pena il discredito del diritto. Ma un leader populista, con largo seguito come Trump, sul banco degli imputati potrebbe recitare la parte del martire, mentre lo stillicidio quotidiano di testimonianze a suo sfavore ne mina già il carisma.
Pence e Cheney stanno salvando l’onore dei repubblicani non trumpiani, che ambiscono ad arrivare al 2024 con un candidato diverso, ma un caso giudiziario su un ex presidente non può essere solo un “giallo”, è sempre, soprattutto, politica. L’America scopre di esser arrivata a un passo dal colpo di mano autoritario e cerca i colpevoli, in un processo che sarà, senza scampo, esame di coscienza di una democrazia.