Il Messaggero, 27 luglio 2022
Quanto inquina la televisione
In una sola ora produce il doppio dei gas serra emessi da una famiglia in un anno. Non inquina come il cinema, ma anche la tv che guardiamo a casa – varietà, reality, talk show, talent – ha un impatto sull’ambiente. E non da poco: secondo una ricerca della Royal Television Society inglese, l’impronta di carbonio della tv equivarrebbe a 9,2 tonnellate di CO2 per ogni ora di prodotto messo in onda, paragonabile a quella di 36 voli di linea a breve tratta. Per questo motivo, in Inghilterra, dal 2011 le produzioni tv sono obbligate a calcolare la propria impronta e adottare tecniche per la riduzione dell’impatto, certificate dal documento Albert di produzione sostenibile.
IL CONFRONTO
E in Italia? Sul fronte Rai stride il confronto con Bbc he punta a raggiungere lo zero netto di emissioni entro il 2030: bene i contenuti (la campagna M’illumino di meno, i programmi verdi Ci vuole un fiore e Geo), ma all’atto pratico non è nemmeno cominciata la copertura fotovoltaica delle sedi di Torino e Napoli («in discussione nel piano industriale»). Un po’ poco, se si pensa che negli ultimi due anni la Lux Vide, che per Rai produce, tra l’altro, Don Matteo e Doc – nelle tue mani, ha completato la conversione verde degli studi di Formello, 800 metri quadri di set alimentati a fotovoltaico e illuminati a led. Anche il calcolo delle emissioni di Sanremo annunciato a febbraio da Rai Pubblicità, Comune di Sanremo e il partner Plenitude è fermo al punto di partenza: dal comune ligure fanno sapere che all’inizio dell’anno è stata fatta una valutazione dell’impatto ambientale di Palafiori e Ariston, ma quali risultati abbia dato il calcolo non viene reso noto («I dati sono in condivisione con Rai», dicono da Plenitude).
COMPENSAZIONI
Punta al carbon neutral entro il 2030 Mediaset, che nel frattempo compensa riforestando (il Trentino, soprattutto) e entro la fine del 2022 promette la conversione elettrica/ibrida dei mezzi aziendali, mentre La7, che su Instagram pubblica le pillole anti bufala climatica, si concentra «sull’aggiornamento tecnologico dell’infrastruttura aziendale». Piccoli passi in un mare di carbonio. E così, a trainare per davvero la transizione ecologica della tv italiana, sono soprattutto i gruppi stranieri Sky, fin dal 2006 carbon neutral, con le piattaforme e società internazionali di produzione. L’inglese Fremantle, che entro la fine dell’anno passerà a energia rinnovabile al 100%, produce l’unico programma italiano con certificazione carbon neutral, il reality Ti spedisco in convento, e punta alla certificazione Albert per la nuova stagione de Il Contadino cerca moglie (in autunno su Discovery) e per la nuova edizione di X Factor (in autunno su Sky). Bene anche Endemol Shine, che lavora a un’edizione green di LOL-Chi ride è fuori, con riciclo di scenografie e risparmio energetico, e promuove a modello ecosostenibile Masterchef, trasmissione plastic free (come Il Grande Fratello e il GF Vip) attenta agli sprechi (7,3 tonnellate di prodotti recuperati nell’undicesima edizione). Tra i virtuosi del clima infine anche l’italiana Stand By Me (Dalla strada al palco), che in quanto parte del gruppo americano Asacha Media dovrà adottare il protocollo green dell’azienda entro il 2023. La rivoluzione è verde, anche in tv: soprattutto quando è calata dall’alto.