La Stampa, 26 luglio 2022
Le sfide della Meloni
La domanda se Giorgia Meloni è “adatta” a guidare l’Italia viene fatta da molti commentatori di media internazionali preoccupati dalle radici neofasciste del suo partito Fratelli d’Italia. Però quando, 21 anni fa, l’Economist considerò l’alleato di Meloni, Silvio Berlusconi, come “inadatto” non avevamo dato un giudizio sulle sue idee politiche, bensì sul suo enorme conflitto d’interessi, il suo rapporto con la legge e con la criminalità organizzata. Oggi, gli interrogativi riguardo Meloni sono di natura completamente diversa. Lei non è “inadatta” nello stesso modo di Berlusconi. Ma è proprio lei che gli italiani dovrebbero volere come premier?
Questo approccio potrebbe apparire paradossale: nel 2001, Berlusconi guidava la stessa alleanza di tre partiti che oggi vede come leader Giorgia Meloni, e quindi ci si potrebbe chiedere come mai sarebbe “inadatta” quando guidata da un uomo apparentemente vicino al centro e “adatta” se capeggiata da qualcuno molto più a destra? La risposta, almeno in parte, è che apporre queste etichette potrebbe essere problematico. Ma si potrebbe anche obiettare, che gli argomenti al centro delle elezioni politiche del 2022 saranno molto diversi da quelle del 2001.
Le etichette sono un problema di questi tempi, soprattutto quando si cerca di descrivere la politica italiana al pubblico internazionale. Di solito, l’alleanza di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia viene etichettata come “centro destra”, ma i due partiti maggiori del trio sono spesso definiti di “estrema destra”. E a molti all’estero appare strano considerare Berlusconi, un uomo famoso per le sue simpatie verso i dittatori, e il suo conservatorismo sociale, come un centrista.
Quello che però appare particolarmente strano è la sorpresa che italiani e stranieri manifestano di fronte ai sondaggi, o ai partiti. Dopo più di un decennio di governi tecnici o di sinistra (categoria nella quale possiamo includere anche quello di Giuseppe Conte, anche se per un anno ha governato insieme alla Lega), l’istinto a spostarsi a destra appare naturale, come in qualunque democrazia. Del resto, è la tendenza che i sondaggi mostravano ormai da diversi anni.
La vera questione, secondo me, è come potrebbe essere un governo di destra. I suoi due componenti principali si dichiarano “sovranisti” e nazionalisti. Ma cosa significa alla prova dei fatti?
Su una cosa possiamo essere assolutamente certi: un governo di destra guidato da Meloni farebbe il possibile per impedire ai richiedenti asilo e agli altri migranti di toccare il suolo italiano, insistendo su un controllo rigido anche dell’immigrazione legale. Possiamo essere sicuri che sarà anche un governo molto conservatore dal punto di vista sociale: Meloni e Matteo Salvini si sono schierati entrambi contro il matrimonio omosessuale, le leggi contro l’omofobia e l’aborto.
Resta la domanda se la maggioranza degli italiani voglia proprio questo. Ma non è il fattore a rendere “inadatto” un governo.
L’accusa potrebbe assumere un peso maggiore, come sottolineato dal New York Times, rispetto ai legami di Fratelli d’Italia con gruppi di estrema destra che usano e abbracciano la violenza in nome delle politiche conservatrici, in particolare contro i migranti. Possiamo fare un parallelo con i legami di Donald Trump ai “Proud Boys” e altri militanti, alcuni dei quali hanno preso parte alla rivolta che lui ha tentato di lanciare il 6 gennaio 2021. Per questo è importante che Meloni usi ogni occasione per sconfessare e condannare questi gruppi, e se arrivasse a Palazzo Chigi il suo governo dovrebbe utilizzare la legge nei loro confronti. Sarebbe il test finale della fondatezza dell’etichetta “neofascista”, perché a fare paura non sono soltanto le origini del partito, ma la sua complicità con la violenza.
Tutti sanno inoltre che tutti i tre partiti dell’alleanza di destra hanno sostenuto il presidente Putin. In questo contesto, il forte sostegno dell’Ucraina da parte di Meloni è visibile ed è importante. Sappiamo tutti perché a Meloni e Salvini era piaciuto Putin: per i suoi soldi, certo, ma anche per i suoi presunti valori cristiani di conservatorismo sociale. Speriamo che i comportamenti cristiani mostrati dai russi nel compiere crimini di guerra riescano a fargli cambiare idea, per sempre.
Il vero grande mistero dell’alleanza di destra resta però l’economia, ed è quello che preoccupa gli investitori internazionali e la Commissione europea.
Per tanti anni ho tentato di trovare un pensiero economico coerente nella Lega, e non ci sono riuscito. Ora ho lo stesso problema con Fratelli d’Italia. Possiamo ovviamente sperare nella moderazione, sobrietà e serietà di singole persone come Giancarlo Giorgetti, che però viene contraddetto dalle forze anti-euro e soprattutto da quelle che vorrebbero difendere gli interessi dei vari gruppi dalla concorrenza.
Con il Pnrr realizzato per meno della metà, nessuno pensa seriamente che un governo Meloni vorrà mettere a rischio una tale quantità di investimenti pubblici europei. Il sistema di controllo e rendicontazione per questi fondi, costruito dal governo Draghi, appare solido. La domanda che esige una risposta è se un governo Meloni possa mettere a rischio questi mondi per semplice mancanza di coerenza economica.
Abbiamo già visto che la legge sulla concorrenza del governo Draghi, richiesta dalla Commissione europea, è stato manipolata e distorta dalla destra ansiosa di proteggere piccoli gruppi di interessi. La politica sulla concorrenza sarà il terreno di scontro più evidente tra un nuovo governo di destra e gli obiettivi e le regole della Commissione europea. Ce ne potrebbero però essere altri, se diversi esponenti politici nei ministeri e nei comitati parlamentari economici potranno giocare ai loro giochi con il bilancio, il debito pubblico o le regole del mercato.
Se fossi un italiano, seguendo la campagna elettorale nei prossimi due mesi mi farei una domanda, mentre ne porrei un’altra a Meloni. Quella che mi farei io sarebbe: quanto voglio davvero il conservatorismo sociale che mi viene proposto. E quella che porrei a Meloni, più e più volte, sarebbe quella sulle politiche economiche del suo governo, quelle reali, quelle che vanno oltre le solite astrazioni di “sovranismo” e “nazionalismo”. Chi farà parte della sua squadra economica? In tempi di inflazione e crisi energetica, e con un gigantesco programma di investimenti pubblici finanziati dall’Ue in corso, sarebbe del tutto legittimo aspettarsi di avere delle risposte serie e argomentate