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 2022  luglio 26 Martedì calendario

Su "La bellezza di Marilyn"

Gli esordi come modella per costumi da bagno. L’ingaggio della 20th Century Fox e la trasformazione in bionda iconica, ridente, svampita, mangia-uomini. La consacrazione degli anni 50 nelle commedie di Billy Wilder. Voce sussurrata, implacabile oggetto del desiderio. Eternamente sexy Marilyn Monroe, nata Norma Jean Baker, con la sua ridda di love story e matrimoni eccellenti, apoteosi e cadute, tranquillanti e fantasmi di un’infanzia infelice. La prigione della fama globale e la venerazione di milioni di uomini.
I titoli di coda sulla sua esistenza scorsero quell’inizio d’agosto del 1962, a 36 anni. Ma il suo mito in technicolor risplenderà sempre. A sessant’anni dalla sua morte esce giovedì, per Contrasto, La bellezza di Marilyn, che inanella un’antologia di scritti eterodossi dedicati alla diva, testi stampati in presa diretta (o quasi) che si discostano dallo stillicidio di lacrime di coccodrillo dominanti dopo la scoperta del suo cadavere. Parole né estetizzanti né anestetizzanti, in campo lungo, accompagnate dalle straordinarie immagini dei grandi fotografi dell’agenzia Magnum. “Quando si uccise, i necrologi più ispirati vennero, in mezzo a un coro di ipocrite sciocchezze di hollywoodiani e anti-hollywoodiani, da luoghi improbabili della sinistra” garantisce Goffredo Fofi nell’intervento che apre il libro. C’è “Il suicidio di Marilyn” di Piergiorgio Bellocchio, uscito sui suoi Quaderni Piacentini nell’ottobre del 1962. “Era in declino. Niente è più precario, fragile di ciò che è unico… Non si deve mitizzare il suicidio di Marilyn, bisogna accettarlo come il normale gesto di tanti uomini e donne, vecchi e giovani, che ogni giorno rinunciano a una vita di cui non possono più aver ragione… Eravamo tutti, più o meno, innamorati di lei”. C’è la poesia di Pasolini (sempre del 1962) letta da Giorgio Bassani nel film a episodi La rabbia: “La tua bellezza sopravvissuta dal mondo antico, richiesta dal mondo futuro, posseduta dal mondo presente, divenne un male mortale”. Sorprende La preghiera per Marilyn del prete sandinista Ernesto Cardenal: “Signore accogli questa ragazza… che adesso si presenta davanti a Te senza nessun maquillage, senza il suo addetto stampa, senza fotografi e senza firmare autografi, sola come un astronauta davanti alla notte spaziale… Non fece altro che agire secondo il copione che le demmo”.
Giganteggia l’informale, immortale ritratto che ne fece Truman Capote (da Musica per camaleonti, Garzanti, 1975). L’autore di Colazione da Tiffany e A sangue freddo, suo amico sincero, retrodatò il ricordo al 28 aprile del 1955. Non c’è trucco, non c’è inganno: solo new journalism. La Dea si presentò col consueto ritardo, acconciata da “badessa di un convento in udienza privata dal Papa. I capelli erano interamente nascosti da una sciarpa di chiffon nero; l’abito nero, lungo e sciolto, sembrava preso a prestito; calze di seta nera oscuravano la bionda radiosità delle gambe snelle. Una badessa, questo è certo, non avrebbe calzato quelle scarpe nere a tacco alto, vagamente erotiche, né i gufeschi occhiali da sole che davano risalto al pallore dorato della sua carnagione di latte”. Scena, “la cappella dell’Universal Funeral Home in Lexington Avenue, all’altezza della 52esima, New York”. Si rendeva l’ultimo omaggio a Constance Collier, l’attrice di origine inglese deceduta il giorno prima all’età di 75 anni. “Marilyn era giunta sotto l’ala della signorina Collier dietro mio suggerimento” rivela Capote. Peccato che quest’ultima non sapesse “nulla di lei, salvo che era una specie di esplosione di sesso al platino che aveva raggiunto fama universale; in breve, non sembrava certo argilla adatta all’opera di modellatura, rigorosa e classica, della signorina Collier. Ma io pensavo che potesse uscirne una combinazione stimolante”. E così prodigiosamente avvenne. “Oh, sì”, mi comunica la signorina Collier, “ha qualcosa dentro. È una bellissima bambina. Non credo affatto che sia un’attrice, in senso tradizionale. Ciò che ha – questa presenza, questa luminosità, questa intelligenza a sprazzi – non potrebbe mai emergere su un palcoscenico. È così fragile e sottile che solo l’obiettivo può coglierlo. Come il volo di un colibrì: solo una cinepresa può fissarne la poesia”.