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 2022  luglio 26 Martedì calendario

Così parlò Brunetta

C’è stata un’epoca in cui Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione appena uscito da Forza Italia, non si presentava come il nuovo Gino Giugni, ministro socialista e padre dello Statuto dei lavoratori. Quell’epoca, in realtà, è durata fino a pochi giorni fa. Ovvero, fino alla caduta del governo Draghi, che ha fatto cambiare idea a Renato da Venezia: oggi non si sente più il fustigatore anti-fannulloni o il “celerino” dei dipendenti pubblici. Oggi Brunetta è cambiato. Dopo aver abbracciato il draghismo in purezza (“Mario è un campione, ora l’Italia è cool” disse un anno fa), vuole costruire “un’Unione Repubblicana” con Enrico Letta e contro i “sovranisti” che hanno fatto cadere il governo del banchiere Draghi. Così, domenica, in una straziante intervista a Lucia Annunziata, in cui ha denunciato gli insulti sulla sua statura, Brunetta si è presentato come il nuovo leader della sinistra italiana: “Aver fatto cadere Draghi significa aver tradito chi sta dalla parte dei più deboli – ha detto il ministro della Pubblica amministrazione – io domani sarò al ministero per stare dalla parte della gente: lavoro per abbassare l’Iva su pannolini, il tonno, la passata di pomodoro. Le cose che interessano al popolo”. Chissà che qualcuno, tra gli elettori dem, si convinca della sua conversione. In molti, però, soprattutto a sinistra, non potranno mai dimenticarsi la vita precedente di Brunetta.

Cursus honorum Il craxiano riciclato con Berlusconi
Nato a Venezia, 72 anni, inizia a far politica negli Ottanta, l’epoca d’oro del socialismo craxiano. L’epopea del “cinghialone” entusiasma il giovane professore associato di Fondamenti di Economia all’Università di Venezia. Così a soli 25 anni, Brunetta entra nel mondo dei consulenti: prima viene nominato dal ministro Gianni De Michelis coordinatore della commissione sul lavoro e scrive un piano di riforma basato sulla flessibilità che gli costa l’odio delle Brigate Rosse. Poi viene nominato consigliere del Cnel in area socialista. Dopo Mani Pulite, però, deve riciclarsi. Sposa Forza Italia di cui diventerà uno dei dirigenti principali dal 1999. Il cursus honorum nel partito berlusconiano è lungo: consigliere comunale, due volte candidato (sconfitto) a sindaco di Venezia, parlamentare per tre legislature, ministro, capogruppo alla Camera, ancora ministro.

2010 Tornelli anti-fannulloni l’epopea di un ministro
Eppure, oggi, a Brunetta non servirebbe un nuovo programma. Il suo manifesto politico è la riforma della Pubblica amministrazione approvata tra il 2008 e il 2009. Una sfilza di leggi e decreti legislativi con un unico obiettivo: premi ai dipendenti pubblici meritevoli, sanzioni agli “incompetenti”. L’annuncio arrivò il 12 maggio 2008, quattro giorni dopo l’insediamento del governo Berlusconi IV: “Bisogna premiare chi lavora bene, cosa che nel pubblico non avviene quasi mai – disse il neo ministro della Funzione pubblica – i fannulloni vanno licenziati”. Da lì in poi il governo approvò una serie di norme che prevedevano la decurtazione dello stipendio in caso di malattia, l’obbligo del certificato medico alla terza malattia nell’anno solare, il licenziamento per gli assenteisti, ma anche i premi ai lavoratori più produttivi. Qualche mese dopo, era l’ottobre 2008, si celebrava per aver abbattuto “il tasso di assenteismo dei dirigenti pubblici del 50%” definendosi, con molta modestia, il “ministro più amato degli italiani”. E ancora, al Corriere della Sera: “Sto facendo la storia”. Non gli bastava. E quindi ideò i tornelli all’ingresso di tutti gli uffici pubblici contro chi “continua ad abbandonare l’ufficio tornando con le buste della spesa”. Nel frattempo, Brunetta concedeva interviste ai rotocalchi parlando di lotta ai furbetti e la grande stampa mandava inviati di punta a seguire la nuova vita (grama) dei dirigenti pubblici. Il 10 ottobre 2009 il Messaggero pubblicò un reportage in cui un segugio pedinava un grigio burocrate: “Metamorfosi di un ministeriale. Nei palazzoni romani il giro di vite è già realtà: addio trucchi e leggende”. Di fronte a cotanta esposizione, Brunetta non si faceva mancare niente: “Sono la Cuccarini del governo”, “sono meglio di Padre Pio”. A Enrico Mentana confessò anche di essere arrivato molto vicino al premio Nobel per l’Economia, ma poi “ha prevalso l’amore per la politica”. Brunetta si sentiva intoccabile.

Gaffe Ai precari diceva: “siete l’italia peggiore”
Nel 2009, in un afflato anti-fannulloni, iniziò a inveire contro i dirigenti pubblici che non si mettevano “giacca e cravatta” e contro i poliziotti: “Bisogna mandare i poliziotti per le strade. Ma non è facile: non si può mandare in strada il poliziotto panzone che non ha fatto altro che il passacarte, perché in strada se lo mangiano”, disse provocando l’ira della categoria. Bodyshaming ante-litteram, direbbe il Brunetta di oggi. Altra gaffe nel 2011 quando, alla Giornata dell’Innovazione, fu interrotto da un gruppo di precari che osavano contestare la sua riforma. Brunetta non ci vide più: “Siete l’Italia peggiore”, disse strappando con foga lo striscione dei manifestanti. Come ogni berlusconiano che si rispetti, Brunetta non si è fatto mai mancare la glorificazione del capo (“Berlusconi è un simbolo mondiale”) e gli attacchi ai magistrati “comunisti”, “politicizzati”, “montati”. Nella sua Venezia si è candidato sindaco per due volte, nel 2000 e nel 2010, ma sempre sconfitto: nel 2015, però, ha aperto le porte della città all’imprenditore di centrodestra Luigi Brugnaro contro l’ex pm Felice Casson.

Statista Ministro draghiano che sta “con la gente”
Dopo anni di galleggiamento, Brunetta torna in auge con il governo Draghi. Ancora una volta da ministro della Pubblica Amministrazione. Dal giorno del suo insediamento, nel suo mirino non ci sono più i “fannulloni” ma i lavoratori dello smart working. Diverse le uscite che hanno fatto arrabbiare i sindacati: lo smart è “un lavoro a domicilio all’italiana” diceva a settembre del 2021. A gennaio scorso ha ribadito: “Basta fare finta di lavorare”. Da inizio 2022, quando i contagi erano ancora alti, Brunetta ha imposto il ritorno in presenza, con l’eccezione dei “super fragili”. Nel mezzo la nomina – poi ritirata dopo lo scoop del Fatto – di Renato Farina, alias Betulla, come suo consulente al ministero e poi il sogno di mandare Draghi al Quirinale per prenderne il posto a Palazzo Chigi in quanto membro più anziano del governo: “Con lui al Colle sarebbe un presidenzialismo di fatto”. L’ultimo atto che si ricordi da ministro sono gli insulti a un lavoratore che lo contestava durante un comizio (senza pubblico) a Venezia. “Sei un dipendente? Perché cazzo parli allora? Perché non ti metti in proprio?” lo zittiva Brunetta. E ancora: “Non parli, il microfono ce l’ho io e comando io. Continua a fare il tappezziere, dipendente”. Perché lui, si sa, sta dalla parte della gente.