la Repubblica, 24 luglio 2022
Nel 1954 usciva il film di Lattuada “La spiaggia”
Quella del 1953 fu per Spotorno un’estate speciale. La carovana del cinema aveva scelto la cittadina ligure per girare un film intitolato La spiaggia , protagonisti due superdivi di allora, il nostro Raf Vallone e la star francese Martine Carol. La troupe s’installò al Palace Hotel, rimesso a nuovo dalla Titanus perché molte scene si sarebbero girate anche lì dentro. Gli infissi furono tinteggiati di azzurro, come sono ancora oggi, perché la pellicola sarebbe stata sviluppata a colori, con il nuovo sistema Ferraniacolor.
Più che Martine Carol, riservatissima, a fare sensazione furono le giovani di contorno, Valeria Moriconi, Elly Norden, Zina Rachevsky, Rosy Mazzacurati, Luciana Momigliano. Le ragazze, soprattutto le straniere, non avevano problemi a farsi trovare discinte dai camerieri che, con gli occhi sbarrati, portavano la colazione in camera. Malgrado il divieto di prendere il sole, la Rachevsky un giorno andò a farsi l’abbronzatura integrale su un pattino, che tornò a riva con lei nuda addormentata sopra: ne nacque un piccolo scandalo che mise in difficoltà pure il sindaco. Scandaloso era innanzitutto il soggetto del film, nato da un’esperienza diretta del regista Alberto Lattuada. Una prostituta di Alassio gli aveva raccontato piangendo di essere stata isolata, lei e la sua bambina, «come un cane rognoso», dai villeggianti di una sfortunata vacanza. Lattuada aveva deciso di vendicarla, e con l’aiuto di Rodolfo Sonego, Luigi Malerba e Charles Spaak, scrisse la storia di una prostituta che si vede messa al bando dagli ipocriti e dai benpensanti, ben più corrotti di lei, nel miglior albergo dell’immaginario paesino ligure Pontorno.
Fu un film complicato, La spiaggia . Per il sistema pionieristico del Ferraniacolor, che costrinse a rifare diverse scene; per il cast che mescolava professionisti (con la Carol, Mario Carotenuto, Carletto Romano e Clelia Matania), comparse locali (i truccatori scambiavano spesso i veri ospiti dell’albergo per figuranti) e interpreti d’eccezione come il futuro regista Marco Ferreri, che qui fa il vacanziero corpulento che vorrebbe smettere difumare, e il principe russo Wassili D’Angiò, che Lattuada aveva già utilizzato inSenza pietà eLuci del varietà , nel ruolo del misterioso miliardario che guarda tutti col binocolo, che durante le riprese non volle mai mescolarsi ai cinematografari e sui titoli di testa chiese di essere indicato con lo pseudonimo di Carlo Bianco. Altri problemi il film ebbe per il suo contenuto polemico, costringendo Lattuada e soci a qualche compromesso in fase di censura preventiva. «Ma La spiaggia tiene», ha scritto Tatti Sanguineti in un prezioso libro di parecchi anni fa. «Ed è anzi un film magnifico. Perché oltre a essere un prodotto iperindustriale d’alta fattura, è anche, fra le altre cose, un film di famiglia», dove Bianca Lattuada, sorella del regista, è il direttore di produzione, il suo compagno Aldo Buzzi, scrittore raffinatissimo, fa l’aiuto regista, e il suocero Ugo Attanasio si presta a interpretare il prete incontrato sul treno.
Un giorno Lattuada vide una locandina e corse con tutta la troupe a Savona: il grande Buster Keaton si esibiva in un avanspettacolo come l’ultimo guitto. A 57 anni continuava a fare sforzi da acrobata ragazzino e in camerino aveva ancora l’affanno. «Lo abbiamo abbracciato», raccontò Lattuada, «e lui non riusciva a capire chi fossimo. Gli ho detto: “Bravo, tu sei un genio” e lui mi ha spiegato che non aveva più soldi e quindi era costretto a lavorare». La troupe rimase a Spotorno tre mesi esatti, da fine luglio a fine ottobre. Girò il film interamente lì, tranne la passeggiata finale in cui la prostituta riceve inchini da tutti solo perché ora va a braccetto con il miliardario; quella si fece a Finale Ligure, perché il viale con le palme si prestava meglio. La prima si tenne il 25 febbraio dell’anno dopo, al Teatro Manzoni di Milano, introdotta da una sfilata di modelle (allora si diceva “mannequin”) in costume da bagno. Malgrado il tipo di platea fosse omologa a quella che La spiaggia metteva alla berlina, la proiezione ebbe un buon successo, con applausi a scena aperta. Poi arrivarono i guai. Lattuada, che già era stato costretto ad accettare il divieto ai minori di 16 anni, si vide richiamare il film in commissione d’appello perché a Reggio Emilia le autorità locali non avevano gradito la scena in cui il prete chiede a Vallone di prestargli il giornale ma glielo restituisce precipitosamente quando si accorge che si tratta de l’Unità . Ci furono interpellanze parlamentari ma quando il film fu richiamato in censura la scena venne effettivamente tolta, insieme ad altre inquadrature che riguardavano per lo più bikini e docce in spiaggia. La critica italiana fu in genere insoddisfatta, a tratti spazientita. Eccessivamente “di sinistra” per i giornali governativi, il film si beccò reprimende anche dal Pci, che lo considerò troppo incerto nel condannare il capitalismo. Oggi è considerato uno dei migliori capostipiti della commedia all’italiana.