Robinson, 23 luglio 2022
Chagall, per amore di Bella
Una grande tela su tonalità bicrome dal bianco al blu illustra un’Annunciazione: secondo un classico modello iconografico una diagonale divide la composizione. L’arcangelo Gabriele in alto a destra, la Vergine in basso sulla sinistra, ma se si guarda bene Maria non è una donna che prega ma è un uomo dinanzi a un cavalletto con in mano tavolozza e pennello. Il pittore è Marc Chagall, l’arcangelo sua moglie Bella che è la musa ispiratrice. Questo dipinto dal soggetto sacro, ma pur così irriverente nella trasposizione dei ruoli, il pittore russo lo dipinse tra il 1917 e il ’18, un anno decisivo per lui e per il suo Paese: dalla composizione ben si vede che Chagall ha già vissuto a Parigi perché la tela è partecipe del cubismo anomalo di Delaunay e Léger. Pochi l’avevano vista l’Annunciazione perché sepolta in una collezione privata di San Pietroburgo, ora è al Mudec di Milano nella mostra Chagall dal museo di Gerusalemme (fino al 31 luglio). La ricchezza di questa esposizione e la qualità dei pezzi che esibisce ( ben 75 i dipinti) dimostrano come Chagall resti un pittore fuori squadra, un non allineato, un ebreo errante tra cubismo, astrattismo e surrealismo, ma con una sua identità forte e leggera allo stesso tempo: le sue radici russe e yiddish sono ovunque, negli esordi, nella giovinezza e giungono intatte fino agli ultimi anni di un’operosa, ma non stanca vecchiaia. L’identica ebraica è sempre intensamente e ossessivamente presente, vissuta e rivissuta: Chagall compone le sue tele come icone dove accanto al soggetto principale si aprono scene complementari o fumetti che sono corollario, commento o integrazione. Instancabile narratore, il pittore attinge al favoloso mondo gotico- yiddish come si vede nelle sue prime incerte e pur felicissime tele prima della sua partenza nel 1911 per Parigi, dove risiede finoal ’ 14. Quantunque preso da questo crogiolo del nuovo, quantunque tentato dalla scomposizione cubista – come è ben evidente nel Golgota,ma soprattutto in Adamo ed Eva – nell’Autoritratto ritorna al suo mondo immaginario con due scene in alto ( la Tour Eiffel e la chiesa del suo paese), con la vacca, dipinta nella tela disposta sul cavalletto. Nato e cresciuto nella Bielorussia, a Vicebsk, città ricca di una colonia ebraica molto antica, qui con l’avvento dei bolscevichi fondò e diresse l’Accademia delle Belle arti. Le persecuzioni zariste contro gli ebrei erano alle spalle, un nuovo ordine sociale e politico e una nuova arte la prospettiva che si schiudeva. Dipinge paesaggi pieni di letizia laCasa grigia e laCasa blu, ma pure tanti autoritratti con Bella che vola – a lui abbracciata – sui cieli della sua città. L’amor fouper Bella gli ispira opere intense pergioia di vivere ben espressa dalla vivacità cromatica e una velata melanconia di fondo. La comunità ebraica è sempre al centro dei suoi interessi: ritrae vecchi barbuti dalle mani nodose e artritiche, figure dai tratti fisiognomici ben delineati; bocche, fronti, nasi marcati, corpi minuti, con palandrane e cappelli e abiti dalle fogge le più diverse. I modelli dell’arte greca sono mille miglia lontani da questa umanità alle cui favole attinge, con la stessa voracità con la quale legge il Vecchio e il Nuovo Testamento. Chagall pensa che l’arte astratta appartenga a un mondo senza Dio e per lui questo è inaccettabile. Le grandi composizioni lineari per il Teatro ebraico di Mosca del ’20 stanno a testimoniarlo, anche se proprio queste ci fanno capire come lui assorba sia il cubismo, sia il gesto estremo del suprematismo.
Per questa ragione Chagall è tutto nella modernità, anche se il crinale su cui si muove è sempre aperto sull’abisso della finta-ingenuità. Non v’è dubbio che il suo definitivo trasferimento a Parigi segna una svolta nella sua pittura: fermo restando il filo tenace che lo lega alla madre patria, in Francia scopre nuovi paesaggi, nuovo colore, una nuova maniera di narrare. Anche in Francia, di cui assume la cittadinanza e da cui si sente amato, dopo gli annidi una creatività eccitata seguono quelli angosciosi e inquieti, a cavallo della guerra con tutte le tragedie di cui si sente parte: i ghetti e l’Olocausto sono orrori che ritornano ossessivamente ancora negli anni della vecchiaia. Ma è questo pensiero che si risolve nella lettura e nell’illustrazione della Bibbia: Il vecchio Chagall scelse taluni episodi del Vecchio Testamento e non altri, fornendoci le chiavi di lettura non facilmente decifrabili per chi non ha alle spalle questa cultura iconografica. Sono tornato con vera partecipazione a quelle pagine dimenticate che ci svelano le pulsioni di un artista mai accomodante con se stesso: anche quando il successo, le commesse della Republique, il museo per lui creato ancora in vita a Nizza, l’amicizia di Malraux l’avevano reso immortale agli occhi dei francesi.