Corriere della Sera, 23 luglio 2022
Intervista a Christian Louboutin
«Diana? Il suo body language era unico, comunicava con i movimenti del corpo, quello sguardo dal basso verso l’alto, il capo inclinato. Quando la vidi seduta davanti al Taj Mahal, in India, all’inizio degli anni ‘90 con le ginocchia unite e gli occhi che fissavano tristi i piedi, ho pensato: vorrei che i suoi occhi fossero attratti da qualcosa di bello, un messaggio d’amore per riscaldarle il cuore. Sono nate così le mie calzature Love. Dove la parole Amore è scritta metà su una e metà sull’altra scarpa proprio perché lei aveva i piedi uniti».
Monsieur Christian Louboutin, Caroline di Monaco più di Diana da sempre è la sua musa. Perché?
«È meravigliosa, il suo modo di camminare mi ha conquistato, e credo si spieghi con il fatto che ha fatto molta danza da ragazza. Poi esprime quel senso di dignità in quanto personalità pubblica e insomma è molto facile farsi ispirare da una personalità così. È la mia seconda fairy, la mia seconda fata, musa».
La prima fata?
«La trovai all’inizio nella maison Dior. Giovanissimo, avevo lavorato alle Folies Bergères e volevo provare con la moda, chiesi un appuntamento in Dior, e mi proposero di iniziare a lavorare. Così ho iniziato nella moda».
Tra le calzature indossate da Carolina sono famose le Soulier Pensée: le prime con la suola rossa. Perché rossa?
«Stavo creando quelle scarpe e mancava qualcosa per dare personalità. Chiesi alla mia assistente di prestarmi il suo smalto e provai a dipingere la suola di rosso. Ora sì che erano davvero uniche».
Scarpe ispirate alla Pop art di Andy Warhol.
«Più che la Pop Art, direi la Pop Culture: sono sempre stato affascinato da musicisti, cantanti, atleti, sportivi».
Lei si considera un artista? O un creatore di moda?
«Non mi considero un artista, ma una persona che ama l’arte in modo molto profondo. Così mi è piaciuto molto alla Biennale di Venezia del 2017 il lavoro dell’artista neozelandese Lisa Reihana e per “Christian Louboutin L’Exhibitioniste, chapitre II” (la mostra al Grimaldi Forum di Monaco curata da Olivier Gabet, fino al 28 agosto) le ho chiesto di raccontare la mia vita con una sorta di affresco digitale».
Ha pure immaginato il Bal de la Rose 2022, prendendo il posto di Karl Lagerfled per anni il creativo del ballo mondano di Montecarlo.
«In fondo, iniziai alle Folies Bergères: il music hall fa parte della mia storia ma...».
Ma?
«L’arte con tutte le sue contaminazioni mi conquista ma alla fine mi considero un artigiano del lusso. Così sulle scarpe del sì di Olga di Grecia con Aimone d’Aosta pensando all’esotico amato dalla sposa ho messo piume, diamanti per un sì principesco e pasta secca pensando all’Italia!».
Un artigiano che ha fondato la maison Louboutin nel 1991, e dopo la prima boutique a Parigi ora conta 150 vetrine in oltre 30 Paesi. Calzature femminili, maschili e dal 2014 piccola pelletteria. Maison indipendente (dove è entrata nel 2021 con una quota Exor).
Mai pensato a un grande gruppo del lusso?
«La libertà, l’autonomia, è quel che permette la mia creatività. Non potrei lavorare diversamente».
È diventato famoso con gli stilettos, i tacchi vertiginosi. Ma post pandemia?
«Le donne continueranno ad amarli, alternandoli alle scarpe piatte: 50-50%».
Nel 2006 ha aperto la strada alle calzature nude, color pelle. Oggi amate da tutte le principesse, come Kate.
«Ho pensato che una tomaia color carne potesse allungare la silhouette, diventare tutt’uno con la gamba. Così è nata la scarpa nude. Poi un giorno una collaboratrice mi ha fatto un appunto: lei non aveva la pelle chiara. Così ho avviato la produzione di calzature color carne adatte a ogni colore di pelle, il mio lavoro deve confrontasi col mondo, ascoltare e capire la gente e dare un contributo a mettere in comunicazione le persone».