il Fatto Quotidiano, 22 luglio 2022
Il breve papato di Luciani
L’anno internazionale 1978 comincia il primo gennaio quando il volo Air India 855, un boeing diretto a Dubai con a bordo 213 persone, precipita in mare al largo di Bombay poco dopo il decollo. Non ci sono superstiti. L’anno italiano 1978 comincia il 7 gennaio quando due militanti missini, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, vengono uccisi durante l’assalto a una sezione del Msi in via Acca Larenzia, rivendicato da un nucleo di terroristi rossi. Nella ressa che segue, i carabinieri uccidono Stefano Recchioni, altro esponente missino. I tre avevano un’età compresa tra i 18 e i 22 anni. Con quella strage comincia anche il 1978 di sangue e piombo il cui apogeo ha come data il 16 marzo e come luogo via Fani, a Roma. Dove un commando delle Brigate Rosse rapisce Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana e uccide i cinque uomini della scorta. Il perigeo è il 9 maggio quando il corpo senza vita dello statista viene fatto ritrovare nel baule di una Renault rossa in via Caetani, traversa di via delle Botteghe Oscure. Luogo più che mai simbolico, a metà strada tra la sede del Pci e quella della Dc in piazza del Gesù: i partiti del compromesso storico e della fermezza.
Nell’annus horribilis 1978 accadranno molte cose ancora. Le dimissioni del capo dello Stato Giovanni Leone, sostituito al Quirinale da Sandro Pertini. La vittoria della Nazionale argentina ai Campionati del mondo di calcio, premiata dai militari golpisti e torturatori. Vittorio Emanuele di Savoia che uccide un ragazzo tedesco nell’isola di Cavallo. Poi, il 26 agosto, improvvisamente un sorriso illumina la notte nel momento più cupo. È quello di Albino Luciani. Il Patriarca di Venezia diviene Papa dopo la scomparsa di Paolo VI, il 6 agosto, logorato dalla sofferenza per l’assassinio del suo amico Moro.
Chiamarlo “Papa del sorriso” e “Sorriso di Dio” fu naturale, un segno di speranza non soltanto per il suo gregge, ma per il mondo tutto. Più che mai bisognoso di quella stessa amorevole cura che quarant’anni più tardi avrebbe conosciuto con l’avvento di Papa Francesco. Sceglierà di chiamarsi Giovanni Paolo I e la sua inaspettata e rapidissima elezione al pontificato (soltanto quattro votazioni, 101 voti raccolti tra i 111 cardinali, il quorum più alto nei conclavi del Novecento) sarà accolta con grande stupore dalla folla in piazza San Pietro.
Si disse che Luciani fosse stato eletto Papa più per “ciò che non era” che per “ciò che era”. Infatti, era estraneo alla Curia e ai suoi intrighi, non era un teologo altero e neppure uno straniero. Piuttosto aveva l’aspetto di un parroco di campagna, affettuoso e bonario, il primo a mostrarsi stupito che la scelta fosse caduta sulla sua persona. Il giorno stesso dell’entrata in conclave, andò a sollecitare il meccanico perché aggiustasse in fretta la sua vecchia auto, che si era rotta alle porte di Roma, dicendogli: “Mi raccomando, dovrò ritornare a Venezia tra pochi giorni e non saprei come fare a recuperare la vettura se dovessi lasciarla qui…”. Chi vi ricorda? Il suo pontificato nei giorni successivi al 27 agosto non registra eventi particolarmente memorabili. Incontri, celebrazioni, il consueto Angelus domenicale, una passeggiata nei giardini vaticani. Il 27 settembre saluta una delegazione di pellegrini di lingua tedesca, tiene la sua quarta udienza sulla carità, chiama a sé un bambino per farsi aiutare nella catechesi. Nel pomeriggio del 28 settembre rimane nei suoi appartamenti dove, prima di cena, incontra il Segretario di Stato, Jean Villot. Verso le 21 si intrattiene al telefono con il cardinale Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano. Poi, muore. Si spegne, presumibilmente, tra le ore 23 e le 5 del 29 settembre nel suo appartamento privato, forse a causa di un infarto miocardico.
I suoi 33 giorni di pontificato, tra i più brevi della storia della Chiesa, danno la stura a svariate teorie complottiste. Nel best-seller In nome di Dio, il giornalista investigativo britannico David Yallop ipotizza un omicidio a sfondo politico, a opera di alcuni cardinali che si opponevano alle riforme programmate da Giovanni Paolo I. In particolare quella dello Ior, la chiacchierata banca Vaticana gestita da Paul Marcinkus. Noi preferiamo ricordare Papa Luciani come una meteora luminosa e carica di speranza per l’umanità. Per aver compreso che il popolo dei credenti (e non) aveva più che mai bisogno di una Chiesa che abbandonasse sfarzo e pomposità per mettersi a disposizione di ognuno. Con amore e carità cristiana (sì, quell’“ospedale da campo” di cui parlerà Bergoglio e che Luciani aveva cominciato a costruire). Per le sue aperture sul controllo delle nascite, parlando di “maternità responsabile” e ammettendo, a determinate condizioni, l’uso degli anticoncezionali. Per la sensibilità dimostrata sui temi legati alla povertà nel Sud del pianeta, sottolineano l’inutile e dannosa opulenza del mondo occidentale. Per una frase stupenda che contiene lo spirito di dieci encicliche: “Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile: Dio è papà, più ancora è madre”.
Lo ricorderemo, naturalmente, per lo strepitoso titolo del manifesto: “È rimorto il Papa”. Che forse, a leggerlo, gli avrebbe strappato uno dei suoi sorrisi. Papa Luciani sarà beatificato il 4 settembre 2022 in piazza San Pietro da papa Francesco. Che celebrerà l’armonia del loro legame invisibile.