la Repubblica, 22 luglio 2022
Intervista a Maria Sole Ferrieri Caputi
Maria Sole Ferrieri Caputi, livornese, 31 anni, sarà la prima donna ad arbitrare in Serie A, essendo stata promossa da questa stagione nell’organico della Can.
È preparata ad avere gli occhi di tutti addosso?
«Imparare a essere un personaggio semipubblico è un passaggio obbligato perché l’arbitro è una persona mediaticamente esposta.
Spero che quando sbaglierò si farà il processo a Maria Sole arbitro e non a Maria Sole arbitro donna».
La considera corretta quest’attenzione nei suoi confronti?
«Se una donna, in qualsiasi ambito, fa qualcosa mai fatta prima, è giusto che se ne parli».
Non teme di venire usata?
«No, usata no. Sono fortunata ad esserci nel momento storico giusto.
Al di la della mia personale esperienza, ci sono state donne che hanno fatto la storia dell’arbitraggio più di me, prima di me. Io sarò soltanto l’ultima staffettista, quella che porta il testimone al traguardo».
Ha mai avuto paura, sul campo?
«Solo quando ho visto negli occhi di qualcuno l’incapacità di intendere e di volere. Esperienze bruttissime non ne ho mai vissute, però mi ricordo di un paio di allenatori, nei campi polverosi di Livorno, che davano spettacoli impietosi. In campo posso ristabilire la giustizia con i provvedimenti, con il contorno è più dura».
Quante volte un calciatore le ha mancato di rispetto?
«Qualche putt... o tro... mi è arrivato, ma sono anni che non ricapita. Dagli spalti invece è normale che ti urlino: datti al pattinaggio artistico, vai a rigovernare. Ma anche che un giocatore ti guardi come a dire: te non capisci nulla».
E che le abbia fatto gli occhi dolci?
«Mi hanno chiesto il numero di telefono, o i contatti Facebook o Instagram, ma non uso i social. Se un calciatore ci prova non mi lusinga né mi dà fastidio: mi fa ridere».
Il vostro presidente, Alfredo Trentalange, sostiene che le arbitre siano più curiose, meno presuntuose. È d’accordo?
«Sottoscrivo totalmente. Per arrivare dove sono arrivata ho fatto il triplo della fatica, perché per raggiungere gli standard atletici di un uomo devo allenarmi molto di più. Non mi piace generalizzare, però statisticamente le mie colleghe non sono presuntuose, appena ricevono un input si attivano, sono umili, disponibili, curiose e investono più tempo degli uomini in questo lavoro. Prendiamo tutto questo con maggior serietà».
Qual è la sua partita perfetta?
«Quella con due fischi: quello d’inizio e quello finale».
Come immagina il debutto in A?
«Sono ancora allo “spero che ci sia”».
È diverso arbitrare donne e uomini?
«Sì. Quello femminile è un calcio più imprevedibile e questa elevata imprevedibilità di eventi lo rende più complicato».
Paragona il mestiere di arbitro a quello di giudice: mai pensato di fare il magistrato?
«No, a me piacerebbe occuparmi di welfare aziendale, di conciliazione tra vita e lavoro. Ma da bambina volevo fare il calciatore».
Chi era il suo idolo?
«Baggio. Però io sarei stata un
Gattuso».
Ci sono i Baggio e i Gattuso anche tra gli arbitri?
«Sì, ma non farò nomi».
Che difficoltà troverà in Serie A?
«C’è chi sa fare l’attaccante e il difensore a livelli così alti da poter portare le sue ragioni al banco degli imputati. Le difficoltà legate all’esposizione o al pregiudizio le ho già affrontate nelle serie minori, invece».
Sa che adesso ogni suo fischio potrebbe avere conseguenze milionarie?
«La responsabilità che ho è di far emergere la verità del campo, al resto non penso».
Cosa si aspetta di scoprire in A?
«Sono curiosa di conoscere giocatori che ho visto solo in tv: mi interessa capire che persone sono».
La stuzzica l’idea di di essere vista lei, in tv?
«In ogni arbitro un minimo di vanità c’è, siamo parte di uno spettacolo mediatico».
Pensa che sarà uno stimolo per altre ragazze che vorranno avvicinarsi all’arbitraggio?
«Già l’esperienza di altre donne è stata una bella vetrina. Nel frattempo sono caduti molti pregiudizi, la crescita del calcio femminile ha accompagnato questo processo di crescita e gli sforzi dell’Aia hanno dato un bel contributo. E col Covid, le ragazze iscritte ai corsi hanno mollato molto meno rispetto ai ragazzi».
Come deve essere un arbitro?
«Corretto, leale, perseverante, resistente, resiliente. In campo deve essere naturale. L’autorevolezza è la qualità che ogni deve aspirare ad avere, ma ognuno ci arriva a modo suo».
Il suo arbitro di riferimento?
«Rocchi e Collina».