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 2022  luglio 22 Venerdì calendario

Intervista a Danny Boyle

Date un ribelle a Danny Boyle e lui solleverà il mondo.
Prima Trainspotting , poi The beach eSteve Jobs . Ora è il turno diPistol ,la nuova serie tv su quei dissacranti punk dei Sex Pistols. Il 65enne antimonarchico Boyle, come spiega aRepubblica , si è ispirato all’autobiografia di Steve Jones (Lonely boy: Tales from a Sex Pistol ),il chitarrista della band inglese e degli inni di una sovversione generazionale, comeAnarchy in the Uk eGod save the Queen . Un biopic in sei episodi, con la giovane stella Louis Partridge nei panni del maledetto bassista Sid Vicious, che in Italia arriva a settembre su Disney+.
Senza però l’approvazione dell’ex leader dei Pistols, il “marcio” ma indomito 66enne John Lydon detto “Rotten”, che ha definito l’opera «la merda più oltraggiosa che ho dovuto sopportare».
Insomma, Boyle, ha fatto innervosire pure Johnny Rotten.
«Ma Johnny lo devi amare per quel che è, ossia il suo essere bastian contrario e seminare discordia: era il genio della sua band. Non mi permetterei mai di limitare i suoi istinti, per il contributo che Rotten ha dato alla cultura inglese: con i Sex Pistols, ma anche con i Public Image Limited».
E allora ci dica la cosa più bella della sua serie.
«La musica, senza dubbio».
È un fan dei Sex Pistols?
“Sì. Anche se non li ho mai visti live prima del 1996, quando si sono riuniti. E furono fantastici.
Nonostante l’opinione contraria del loro stesso manager, Malcolm McLaren, i Sex Pistols furono anche grandi musicisti, oltre che essere rivoltosi punk. Perché riuscirono a esprimere se stessi come pochi altri al mondo. Anche per me, il caos è la chiave di tutto».
In che senso?
«Non puoi fare un’opera ordinata e celebrativa con i Sex Pistols. Non sarebbe accurata. Per questo il mio Pistol è un collage di “spin-off” sull’essere ribelli, entropici, imprevedibili. E poi la creatività di McLaren e Vivienne Westwood, da cui originò la band.
Anarchy in the Uk ha una freschezza incredibile ancora oggi, non sembra una vecchia hit del rock’n’roll».
Perciò i Sex Pistols hanno cambiato per sempre la cultura e la società britanniche?
«Certo».
E qual è la loro eredità oggi?
«Che i giovani hanno la libertà di decidere il loro futuro, a differenza degli anni Settanta.
Allora, in Inghilterra, seguivi le orme di tuo padre o tua madre: i giovani diventavano immediatamente vecchi. Nonc’era niente in mezzo. I Sex Pistols, invece, hanno aperto questo solco di incoscienza».
E di ribellione.
«Ovvio. La Brexit, cui io mi sono sempre opposto, è avvenuta anche per questo: un atto di rivolta istintiva e irragionevole, raro ma tipico di questo Paese. E se in Italia l’espressione della cultura di una nazione sono Caravaggio e Michelangelo, qui in Inghilterra è la musica: più della letteratura, dei libri, o delle artivisive».
Tornando a “God Save the Queen”, qui oltremanica abbiamo appena partecipato al Giubileo di Platino, che ha festeggiato i 70 anni sul trono di Elisabetta.
«E i Sex Pistols rovinarono quello del 1975 con quella scorribanda punk in barca nel Tamigi, come si vedrà nel quinto episodio».
Già. Ora cosa si aspetta?
«Credo che la filosofia punk sia un istinto molto importante: sfidarel’ordine delle cose, per liberare le persone. Sarà molto interessante vedere cosa succederà dopo Elisabetta».
La monarchia sopravviverà all’addio della regina?
«Non credo. Penso sarà necessario eleggere un capo dello Stato. Non ce l’ho con i reali, per esempio il principe Carlo potrebbe provare a farsi votare, se ci tiene. Ma deve cambiare il sistema: così potremo crescere e maturare ancora di più come Paese».
C’è chi dice che Elisabetta II sia in realtà una ribelle e che le piaccia rompere gli schemi.
«Sì, ho avuto anche io questa impressione.
Soprattutto nella sua partecipazione alle riprese per i video delle Olimpiadi di Londra, nel 2012.
Ma certo il suo ruolo la limita decisamente».
E lei, Boyle? Che cosa la fa ribellare nella vita comune?
«Credo che ogni tipo di conformità e istituzione debba essere sfidata. Specialmente se lavori in un settore creativo, il vero progresso arriva dai pazzi. Come diceva lo scrittore russo Evgenij Zamjatin, “la vera letteratura può esistere solo quando è creata non da soggetti diligenti e affidabili, ma da folli, eremiti, eretici, sognatori, ribelli e scettici”. Ecco da dove viene l’arte. Non dalla conformità e nemmeno dalle istituzioni. Ma dalla loro sconfitta».