il Giornale, 20 luglio 2022
Piccolo viaggio nella fantascienza italiana
Sono passati settant’anni dalla nascita del periodico Urania, che da allora, nel bene e nel male, rappresenta ufficialmente la «fantascienza» in Italia, e ne sono passati quasi sessanta da quando Gianfranco de Turris ha cominciato a occuparsi professionalmente di letteratura fantastica e fantascientifica, con l’obiettivo di togliere a questo genere l’etichetta di narrativa di «serie B». La sua lunga e faticosa battaglia ha sicuramente avuto successo: oggi, nessuno più oserebbe ridurre a letteratura di basso intrattenimento le opere di autori come Lovecraft e Tolkien, o, per restare in Italia, Buzzati e Morselli, tutti molto cari a De Turris.
La silloge di scritti di Gianfranco de Turris apparsi nel corso degli anni sulle pagine di riviste e pubblicazioni tra le più disparate, vogliono quindi essere, come recita il sottotitolo di Sotto il segno di Urania, un contributo alla «Storia dell’Immaginario italiano», e ricostruire così la niente affatto trascurabile produzione letteraria nazionale di opere fantastiche e fantascientifiche. Si tratta, dunque, di un’impresa ambiziosa sia dal punto di vista generale della ricostruzione storica sia da quello, più particolare, di approfondimento di singoli autori e tematiche. Scrittori classici, come Luigi Capuana o Emilio Salgari, vengono ricordati accanto ad autori quasi dimenticati come il futurista Volt (ossia Vincenzo Fani Ciotti, 1888-1927) e alle scoperte assolute come Giorgio Cicogna (1899-1932), accompagnando il lettore in un viaggio appassionato tra suggestioni fantastiche ed esplorazioni dell’infinito.
I saggi dedicati ai Cinquant’anni di fantascienza italiana e al Gotico italiano sono contributi preziosi e indispensabili per chiunque desideri approfondire la storia del genere fantastico in Italia, mentre l’analisi dettagliata dei rapporti tra Arte ed esoterismo fra 800 e 900 fa luce sugli stretti legami tra quella che possiamo definire, semplificando, la dimensione dell’occulto e il mondo della cultura; i due articoli sulla storia della «protofantascienza», infine, forniscono dati e informazioni non facilmente reperibili, e, soprattutto, demoliscono i tanti luoghi comuni che, per colpa di curatori snob e traduttori sciatti, hanno relegato a una dimensione di irrilevanza l’altrimenti ricca produzione fantastica e fantascientifica italiana.
Fantascienza che, come dimostrano le pagine di questo libro, è nata ben prima del fatidico 1952, anno in cui venne coniato il termine. Le radici del genere affondano nella narrativa popolare, sbocciano in alcuni capolavori della letteratura, come le opere dell’Ariosto, e fioriscono in autori classici vicini al fantastico-orrorifico, come i già citati Buzzati e Morselli, e alcuni protagonisti della Scapigliatura, Italo Calvino, Tommaso Landolfi, Paola Capriolo, Alberto Bevilacqua, Carlo Sgorlon e tanti altri.
Grazie a Dio, sono passati i tempi del Mike Bongiorno che ironizzava in prima serata sulla «fantascemenza», e, anche grazie a de Turris, non circolano più le versioni sconsideratamente tagliate dei grandi capolavori di FS che, per decenni, hanno affollato le edicole italiane.
Superate, infine, le divisioni tra fantascienza, horror, fantastico e tutti i relativi sottogeneri, emerge quindi, dal lavoro erculeo di De Turris, l’idea di una grande corrente letteraria, originata dal mito, custodita dalle fiabe e rielaborata dalla narrativa popolare, che vede nella fantasia (ben distinta dalla «fantasticheria» disprezzata da Elémire Zolla) una chiave di accesso a una «realtà separata», per dirla con Castaneda.
Della scoperta e successiva esplorazione di questo universo, noi, avidi lettori di narrativa e prigionieri di una realtà che sentiamo estranea, non possiamo che essere infinitamente grati a Gianfranco de Turris.