Avvenire, 20 luglio 2022
Il patto di ferro tra Putin, Erdogan e Raisi
Stiamo «rafforzando la nostra cooperazione su questioni di sicurezza internazionale» afferma Vladimir Putin. Il leader del Cremlino ha incontrato il presidente Ebrahim Raisi a Teheran. È l’avvio del settimo incontro dei “Colloqui di pace di Astana”, il processo negoziale avviato nel 2017 tra Russia, Iran e Turchia per cercare una soluzione alla crisi siriana. E a quell’obiettivo puntano pure i colloqui con il turco Recep Tayyip Erdogan, pure lui da ieri a Teheran per la due giorni diplomatica. Solo premesse a una agenda negoziale molto complicata sulla decennale crisi in Siria. Ma non solo.
Il vertice è l’occasione per il primo faccia a faccia dall’inizio della guerra in Ucraina fra Putin ed Erdogan. Ed è la trattativa sul grano ad entrare subito nel vivo. L’approccio della Russia alla mediazione della Turchia sui corridoi nel Mar Nero per esportare il grano è «positivo», afferma Erdogan. «Non tutti i problemi sull’esportazione di grano ucraino sono stati risolti, ma ci sono progressi ed è già buono», ribatte Putin. A un passo dall’accordo.
E quello che emerge, sin dalle prime battute, è un nuovo asse fra Mosca e Teheran, un «asse politico» tra «i due Paesi più colpiti dalle sanzioni economiche», precisavano in mattinata i vertici iraniani. Le relazioni tra Iran e Russia si stanno sviluppando positivamente con «dati record in termini di crescita degli scambi» tra due Paese, afferma Putin, che possono essere considerati «amici». «La cooperazione nella lotta al terrorismo ha portato sicurezza nella regione», ha affermato Raisi. Poi pure il faccia a faccia di Putin con la guida suprema Khamenei a sancire l’alleanza. Teheran e Mosca, avverte Khamenei, devono rimanere vigili contro «l’inganno dell’Occidente». La Nato, ha aggiunto, è «un’organizzazione pericolosa» e se la Russia non fosse intervenuta in Ucraina, «la parte avversa avrebbe provocato una guerra» perché l’«Occidente non vuole una Russia forte e indipendente». E poi conclude: le forze Usa «devono essere espulse» dalla Siria. Di poche ore prima è la notizia della firma dell’accordo tra aziende russe e iraniane per investimenti russi pari a 40 miliardi di dollari nell’industria del petrolio iraniano. L’accordo strategico tra la National Iranian Oil Company (NIOC) e Gazprom, secondo fonti governative di Teheran, «è il più grande investimento nella storia dell’industria petrolifera iraniana» per lo sviluppo del giacimento di gas North Pars e di sei giacimenti petroliferi». È un asse politico ed economico nato in anni di appoggio al regime di Bashar al-Assad in Siria, ma che ora guardare all’Ucraina. Il comandante delle forze di terra dell’esercito Kiumars Heidari fa sapere che l’Iran è pronto a esportare armi ed equipaggiamento militare a Paesi amici. Solo pochi giorni fa gli Stati Uniti – smentite da Teheran – avevano affermato che l’Iran sarebbe pronto a inviare droni da combattimento alla Russia proprio per essere utilizzati in Ucraina.
Gli obiettivi del processo di Astana – avviare una riforma costituzionale in Siria, contrasto al Daesh, avviare il rientro dei profughi siriani – sono ancora tutti sul tavolo. «Qualsiasi attacco alla Siria sarebbe dannoso per la Turchia e per la regione, a beneficio dei terroristi», ha ammonito Khamenei. Un semaforo rosso al piano di Ankara di creare una zona cuscinetto nel Nord della Siria nelle terre sotto il controllo dei curdi. Erdogan, però, insiste: nel Nord della Siria vi sono «focolai di terrore» da ripulire. Ma il negoziato sulla Siria deve continuare e Putin invita a proseguire le trattative in Russia.
Quello che emerge, invece, è una “triangolazione” di Teheran amica di Putin ma non ostile a Recep Tayyip Erdogan. «La visita del presidente turco nel nostro Paese è un’importante svolta», ha dichiarato il presidente iraniano Raisi, dopo aver incontrato il leader turco. Iran e Turchia hanno concordato di estendere «per altri 25 anni» il contratto sulla fornitura di gas. Grazie all’azione congiunta dei due governi, ha aggiunto Raisi, «è possibile aumentare il volume degli scambi commerciali a 30 miliardi di dollari, il triplo del volume attuale». Una “Triplice Alleanza” con la Turchia grande mediatore: membro Nato ma forti legami con Mosca e Teheran. È già una chiara risposta al viaggio di Joe Biden in Israele ed Arabia Saudita, e con un pacchetto economico molto consistente.