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 2022  luglio 20 Mercoledì calendario

Libano chiuso per sciopero

Il Libano è in sciopero. In qualunque settore della pubblica amministrazione. I lavoratori, dopo il crollo della valuta locale, chiedono un aumento dei salari e bloccano ogni attività burocratica.
Sinora il risultato raggiunto non è dei più confortanti: il governo guidato dal premier designato, Najib Miqati, continua a ignorare le proteste, anche perché non si è ancora insediato ufficialmente, mentre chi va regolarmente al lavoro deve fare i conti con la sospensione della macchina amministrativa.

La contestazione è a tempo indeterminato nella maggior parte degli uffici governativi libanesi. Gli stipendi, secondo gli impiegati, non sono più sufficienti a mantenere le famiglie. L’ufficio dell’Organizzazione internazionale del lavoro di Beirut ha stimato che quasi il 100% dei dipendenti pubblici ha interrotto il lavoro in modo permanente o a intermittenza.
Pochi giorni fa i controllori del traffico aereo dell’aeroporto internazionale della capitale hanno annunciato che avrebbero interrotto il lavoro notturno ad agosto, sottolineando la gravità di una situazione che colpisce qualunque ambito pubblico, dalle scuole ai tribunali.
Lo sciopero ha avuto ripercussioni sui procedimenti penali. E ha causato ritardi nell’elaborazione dei rilasci anticipati che avrebbero altrimenti ridotto le pene detentive.

Al centro del problema c’è la svalutazione della lira libanese. Dal 2019 il salario minimo mensile è sceso da 450 dollari a 24 al tasso di cambio. Sinora Miqati non ha approvato aumenti salariali di alcun tipo, anche perché il suo esecutivo non è ancora operativo. E i lavoratori pubblici che continuano a richiedere salari migliori arrecano danni ai loro concittadini piuttosto che ai rappresentanti istituzionali.
«Gran parte del lavoro delle persone si basa sul contenzioso e sul settore pubblico», ha detto ad Al Jazeera l’avvocato e fondatore del sindacato Depositors Union, Fouad Debs. «Il catasto, il registro del commerci: molti posti di lavoro sono gravemente colpiti». Depositors Union rappresenta le persone che cercano di recuperare i fondi perduti dalle banche libanesi, che hanno congelato i conti dei correntisti per evitare che finissero in rosso.
Debs ha spiegato che le interruzioni del lavoro hanno giovato alle banche, perché hanno rallentato i casi che lui e i suoi colleghi hanno intentato contro di loro. «Meno regolamenti hai, più vinceranno i potenti», ha sottolineato Fouad Debs, «Questo è molto triste, perché stanno aumentando la disuguaglianza e la povertà».
Chi è al potere resta sprezzante nei confronti degli scioperanti. In più ha quella buona scusa, peraltro legittima: le elezioni del Libano si sono svolte a maggio e potrebbero volerci mesi prima che si formi il nuovo governo. L’esecutivo, di conseguenza, ha poca autorità per risolvere la crisi.
«Comprendo tutto quel che i dipendenti stanno facendo e perché sono in sciopero, ma la protesta generale non risolverà le cose, quindi perché farlo?», si è chiesto il ministro della cultura in pectore, Mohamad Wissam Mortada. «Lo scopo di uno sciopero è arrivare da qualche parte, ottenere un risultato, ma oggi il governo non ha i mezzi per aumentare gli stipendi. Quindi lo sciopero non sta portando da nessuna parte». Calmo, quasi serafico, mentre il Libano continua a scioperare.