il Fatto Quotidiano, 19 luglio 2022
In Lettonia a finire dietro le sbarre sono i filorussi. Intervista a Jelena Kviatkovska
L’attivista filorusso Vladimir Linderman è scomodo a tutti, da Mosca a Riga. Ex membro del partito nazional-bolscevico di Edward Limonov, già finito in prigione nella Federazione, è di origine ebraica ma fa parte della minoranza russa in Lettonia, dove risiede con un passaporto da “non-cittadino” (un istituto che obbliga al rispetto delle leggi dello Stato, ma priva di alcuni diritti, tra cui il voto). Nel maggio scorso, Linderman ha esternato il suo sostegno per i separatisti filo-russi in Donbass ed è finito dietro le sbarre in Lettonia per “giustificazione di crimini contro l’umanità”, in base all’articolo 74 del codice penale in vigore nel Paese. Ora il suo avvocato, Jelena Kviatkovska, dovrà convincere la Corte che si tratta di un’opinione, non un reato.
Avvocato Kviatkovska, la norma legislativa 74 limita la libertà di parola?
La legge non è un problema: lo è la sua applicazione. In base alle informazioni in mio possesso, una decina di persone sono state incriminate con lo stesso articolo. Parlando da una prospettiva giuridica, dove fanno la storia i precedenti, se non esiste un verdetto definitivo su un evento sancito come crimine contro l’umanità, allora non possiamo ancora considerarlo tale. Faccio un esempio: negare l’Olocausto, dichiarato ufficialmente crimine contro l’umanità dal tribunale internazionale della Corte europea dei diritti umani, è un crimine punito in quasi ogni Stato. Faccio un altro esempio: in Svizzera c’è stato un grosso caso contro il politico turco Dogu Perincek, negazionista del genocidio degli armeni, che è stato condannato a Losanna. Ha fatto ricorso alla Cedu, che ha sancito che la Svizzera ha violato il diritto alla libertà di espressione. In ogni caso voglio ricordare che Linderman non ha negato niente e la sua detenzione non legata esclusivamente alla violazione dell’articolo 74.
Quali sono le altre accuse?
È la decima volta che viene imbastito un processo contro di lui: otto volte abbiamo già vinto in tribunale o i casi sono stati archiviati. Questo accade perché ha posizioni pro-russe e la sua reputazione è legata a quello che fu un grosso scandalo nel Paese: ha provato, ma invano, ormai circa dieci anni fa, ad organizzare un referendum per far riconoscere la lingua russa come seconda lingua ufficiale dello Stato.
Come finirà “il caso Linderman”?
La prossima udienza ci sarà a fine agosto. Prevedo che non verrà tenuto oltre in custodia, ma il processo andrà avanti. Sono fiduciosa: conosco Vladimir da molti anni, sa benissimo di essere osservato dai servizi di sicurezza lettoni ed è per questo che è attentissimo a tutto quello che scrive. Sa che i suoi primi lettori sono i poliziotti.