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 2022  luglio 19 Martedì calendario

Le magie di Olga Villi

Sul finire degli anni Trenta, nella portineria del Corriere della Sera, una ragazza timida aspetta. Alta, bella e giovanissima attende Bruno Fallaci, caporedattore dell’edizione pomeridiana. Nella Milano bigotta di allora, quella relazione con una ragazzina non ancora diciottenne dà scandalo e rischia di compromettergli la carriera. Del resto, Bruno sa bene di non poter legare a sé – ormai prossimo alla cinquantina – una donna così giovane. Decide quindi di sperimentare con lei il ruolo di Pigmalione, mettendosi in testa di incoraggiarne una segreta vocazione teatrale. Le impartisce qualche rudimento di recitazione. All’amico e storica firma del Corriere, Orio Vergani, che già le aveva insegnato a nuotare, affida l’educazione musicale. Dopo averle trovato la prima scrittura, la lascia libera, i due amanti si separano. 
Bisogna riconoscere a Bruno Fallaci un certo qual talento da Pigmalione: fu il primo maestro di scrittura della nipote Oriana e nemmeno le lezioni impartite a quella ragazza sono andate sprecate. Quella ragazza era Olga Villi, mia nonna. 
Olga nacque Villani il 20 Luglio 1922 a Suzzara. Sua madre, Roma, era sfollata in quel di Mantova a seguito dell’ennesima esondazione del Po. Il padre era ignoto. Da bambina, scalza, portava le oche a becchettare lungo gli argini delle rogge. Appena adolescente, inizia a lavorare come sartina — piscinina si diceva allora a Milano – dalla Biki, la couturière più in voga dell’epoca, madre di tutti i moderni stilisti meneghini. Cuciva i vestiti delle signore della buona società, delle cantanti della Scala. A quindici anni si trasforma, si allunga, si sfina. Da sarta viene promossa a indossatrice. «Il mio levriero» la chiama affettuosamente la Biki, il cui soprannome era stato coniato a sua volta da D’Annunzio. Tuttavia, alla prima scrittura Olga, oltre a Bruno, lascia anche la moda. Vuole dedicarsi al teatro. Debutta nel varietà a fianco di Erminio Macario, Nino Taranto e Anna Magnani. Rapidamente passa alla prosa. La prima scrittura è ne La quinta colonna di Hemingway, per la regia di Luchino Visconti. Poi entra in compagnia con Renata Morelli e Paolo Stoppa, in seguito con Gino Cervi. Recita Anouilh, Shakespeare, Williams, Pirandello. 
Olga guarda tutto, assorbe tutto. Osserva e, come aveva già dimostrato con Bruno, impara velocemente. Le lezioni impartitele da Orio Vergani le tornano utili quando nel 1966 si trova a duettare con Marcello Mastroianni, Raffaella Carrà e Ilaria Occhini in Ciao Rudy, il musical di Garinei e Giovannini, con musiche di Armando Trovajoli, ispirato alla vita di Rodolfo Valentino. Sebbene di temperamento brillante, resta memorabile la sua Clitemnestra al Teatro Greco di Siracusa nell’Agamennone diretto da Vittorio Gassman e tradotto da Pasolini. Prolifica la collaborazione con lo Stabile di Genova di Ivo Chiesa. Lunghissimo l’elenco delle commedie brillanti accanto ad Aroldo Tieri ed Ernesto Calindri, quando il teatro in Italia scoppiava di salute e di spettatori, le compagnie erano di venti, trenta attori e giravano la penisola da settembre a giugno. 
Olga affronta anche la televisione – sceneggiati, caroselli – e il cinema. Vince un Nastro d’argento per l’interpretazione di Ippolita Gasparini in Signore e signori di Pietro Germi, con Virna Lisi e Gastone Moschin. Con Ugo Tognazzi interpreta Il fischio al naso, tratto da Buzzati. Con Totò recita in Totò e le donne e Yvonne La Nuit, una commedia struggente che vede il comico in uno dei rari ruoli drammatici della sua carriera. 
Il teatro tuttavia rimane il suo destino. A quanto pare, il viso spigoloso e il naso affilato non prendono bene la luce e non sono adatti al cinema. Il suo marchio di fabbrica restano la falcata elegante, il passo lungo ed elastico, che combinati con «le gambe più belle d’Italia», la rendono unica e inimitabile. 
Nel 1954 sposa Raimondo Lanza di Trabia, eccentrico aristocratico siciliano, creatore del calciomercato, immortalato da Modugno nella canzone Vecchio frack. Spettatori, critici e rivali si aspettano che Olga smetta di lavorare e si rassegni a una vita da principessa. Quando mai! Raimondo è costretto a partire in viaggio di nozze da solo, perché Olga non ha nessuna intenzione di rinunciare alle sue tournée. Lungi dal disperarsi, era piuttosto orgoglioso di essere il primo uomo ad aver trascorso la luna di miele in solitaria. Quando neanche dieci mesi dopo il matrimonio morì in circostanze misteriose, cadendo da una finestra dell’Hotel Eden di Roma, Olga si trovava a Milano. Aveva appena terminato di registrare uno sceneggiato e iniziava le prove di un nuovo spettacolo. Naturalmente corse nella Capitale, ma era troppo tardi. Era incinta e non lo sapeva. Qualche mese più tardi nacque mia madre, Raimonda, che non avrebbe mai conosciuto suo padre. 
Quando con mia madre iniziammo le ricerche per Mi toccherà ballare (Feltrinelli 2014), la biografia su Raimondo, la prima persona che intervistammo fu Gerlando Micciché. La scelta era ovvia, anzi obbligata. Gerlando, storico direttore del Banco di Sicilia, oltre a essere un’incontestabile autorità circa fatti e intrecci siciliani, aveva conosciuto di persona tutti i protagonisti del libro che ci accingevamo a scrivere. Sul finire del colloquio, scosse il capo: «Voi non dovreste scrivere la vita di Raimondo. Voi dovreste scrivere la vita di Olga». 
Gerlando era sentimentale e amava l’Italia del futuro, delle possibilità, delle occasioni. Il Paese nel quale era stato giovane: un Paese in grado di riscattarsi attraverso il lavoro e attraverso le rivincite del progresso. Parlo dell’Italia del dopoguerra, naturalmente. Lo stesso Paese in cui una guardiana di oche poverissima poteva diventare una sofisticata mannequin prima e attrice famosa poi; dove una giovane donna, figlia di N/N, poteva sposare un principe affascinante e scapestrato e, vedova dopo appena nove mesi, riusciva a ricostruirsi una vita con due figlie a carico, senza smettere di perseguire la propria passione, il teatro.