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 2022  luglio 18 Lunedì calendario

La “Netflix della cultura” finisce subito in rosso

Che ItsArt, la “Netflix della Cultura italiana” voluta da Dario Franceschini nel 2020, non stesse andando a gonfie vele era evidente già dopo qualche mese dal lancio del 31 maggio 2021, che svelò una piattaforma piuttosto deludente e limitata. Da qualche settimana a certificarlo è anche il bilancio della società, che ha registrato perdite per oltre 7,4 milioni di euro, mentre i ricavi sono stati pari a 245 mila euro, contro 7,7 milioni di costi.
Per ora, l’assemblea dei soci ha deciso di riassorbire il rosso attraverso la riserva di capitale messa a disposizione da Cassa Depositi e Prestiti, che di ItsArt è azionista di maggioranza al 51% e ha investito nell’operazione 9 milioni. Altri 9 milioni (pagati in personale e know-how, oltre che in denaro) erano stati investiti da Chili, il partner commerciale scelto – nonostante nel 2020 registrasse l’ottavo bilancio in perdita consecutivo – che controlla il 49% della società. Infine, altri 10 milioni li ha messi il ministero della Cultura, che invece, nonostante l’investimento, non partecipa, limitandosi a fornire contenuti attraverso i suoi istituti.
Seppure il ministro Franceschini abbia garantito che l’amministratore delegato di CdP veda un “forte spazio industriale” per la società, proponendo alcuni correttivi minimi e invitando la Rai a venire in soccorso, la situazione non sembra così semplice. I nodi evidenziati da diversi commentatori prima del lancio restano tutti: una insensata competizione con piattaforme pubbliche molto meglio finanziate, quali RaiPlay o Arte.tv; un budget estremamente limitato rispetto ai competitor; e la scommessa che concedere una percentuale dei ricavi a chi offre un contenuto alla piattaforma avrebbe convinto i produttori a concedere inediti di qualità, senza doverne produrre in proprio. Nonostante un accordo commerciale da 1,8 milioni con Media Maker per ottenerne benefici pubblicitari, il pubblico ha snobbato la piattaforma, vista pure la scarsa disponibilità di contenuti esclusivi (40 in totale).
Ci si chiede se il futuro registrerà una ricapitalizzazione da parte di Chili – che sta impiegano personale precedentemente contrattualizzato da Chili stessa – o da parte delle casse statali, che già si sono esposte nel 2020, senza un vero dibattito pubblico, per un’operazione largamente incompresa. Il ministero chiede tempo, ma potrebbe finire presto.