il Fatto Quotidiano, 18 luglio 2022
Intervista a Claudio Gubitosi
L’idea per essere geniale, straordinaria, vincente deve toglierti il fiato. Il tuo corpo deve sussultare, come canta Battiato. Quell’idea deve farti venire i brividi, deve scorrere come pralina di sudore, striscia di sale sulla pelle.
Cinquantuno anni fa a Claudio Gubitosi venne l’idea di legare il cinema all’infanzia, di capovolgere la vita e dare ai ragazzi il potere di indicare la via al resto del mondo. Mezzo secolo dopo lei è diventato il santo protettore di un miracolo italiano.
Qua nessuno fa miracoli e nessuno è miracolato.
Giffoni Valle Piana era un comune chiuso dal recinto dei monti Picentini, una gobba che poi si riduce alla periferia di Salerno.
Oggi è la piattaforma geografica di un evento che ristruttura il tempo, lo ridefinisce e lo rianima con le sue idee. È il centro di gravità permanente della fantasia, moto perpetuo alla ricerca della felicità.
Intanto proprio oggi lei è oggetto di una massiccia contestazione. Ha invitato Orsini a parlare di Ucraina e Russia ed è successo il solito finimondo.
Chi urla non conosce nulla del Giffoni. Non sa, per esempio, che gli inviti sono decisi da 200 ragazzi che stilano delle proposte ragionate, impegnate, sostenute da una valutazione. C’era quella del professor Orsini, tra le altre. Ed è stata accolta. Chiedo: e allora?
Il Giffoni Film Festival è – come si dice – un brand mondiale.
È rimasto solo Giffoni, il Film Festival è stato sussunto dalle due consonanti “ff”, che come giraffe d’altura sorvegliano e attraggono. Poi a me piace distruggere dopo aver costruito. L’innovazione dev’essere continua e superare le edificazioni realizzate per immaginarne altre.
A Giffoni è passato mezzo mondo.
Direi il mondo intero
A chi deve di più?
A Francoise Truffaut. Lo invitai e accettò. Il punto è che lui sentì il coinvolgimento di quell’inchiostro, l’emozione, la passione, la voglia di averlo con noi. Con un telegramma mi rispose: accetto l’invito e starò a Giffoni tre giorni. Venne con la sua compagna, Fanny Ardant.
Con Truffaut si spalancarono le porte del grande cinema.
Era il 1982 e ricevemmo da quella visita una spinta enorme a fare sempre di più.
Il cinema dei ragazzi, la giuria dei ragazzi.
Migliaia e migliaia e migliaia di giovani.
Centinaia e centinaia e centinaia di registi.
E attori.
E politici, intellettuali, narratori, banchieri. Potenti di ogni risma e razza. In genere specie al Sud le idee vivono poco perchè si avvelena tutto con le clientele, si distrugge con l’invidia, si distrae con l’incompetenza.
Abbiamo tolto di mezzo la parola miracolo. Togliamo di mezzo la parola sud. Giffoni non ci azzecca niente il sud e il nord. Ha resistito all’età e anche alle piccole e grandi cattiverie della vita grazie a una qualità: la determinazione e la capacità di sovvertire la dimensione del tempo. Del tempo te ne devi fottere. Vuoi fare una cosa? La fai, costi quel che costi.
Fottere in che senso?
Ci ho messo 18 anni per vedere realizzata la cittadella del cinema e 16 per edificare la Multimedia Valley. Non mi sono mai scoraggiato.
Senza di lei il Giffoni che fine farebbe?
Intanto ci sono 140 collaboratori fissi che con me macinano chilometri e idee ogni momento dell’anno e il Giffoni è già un’industria che rende, fa profitti: per ogni euro investito ne restituisce al territorio 2,58. Il governo, la regione Campania, gli altri enti locali che hanno sostenuto finanziariamente questo magnifico evento che si apre tra qualche giorno. Sanno che sono stati soldi ben spesi.
Ai ragazzi il dominio tematico.
Qui si viene per ascoltare loro anzitutto. La passerella dopo.
Il tema di questa edizione?
Gli invisibili.
Ciò che è negato alla vista.
Occluso, nascosto, ostruito. O semplicemente è escluso dalla nostra vista ma non dalla nostra vita: le radici di un albero per esempio.
Da Giffoni è passato un mondo. Chissà se lo ha cambiato.
Fantastico una legge per imporre nei paesi con meno di tremila abitanti un tetto d’età al sindaco da eleggere: non più di 25 anni.
Vuole provocare?
Fino a un certo punto.