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 2022  luglio 18 Lunedì calendario

Brad Pitt: «Il cinema mi ha salvato»

È il divo hollywoodiano più assediato del momento, ovunque rimbalzano, corredate da copiosi commenti, le sue dichiarazioni sulla malattia che lo ha colpito, la prospagnosia, un disturbo neurologico che gli impedisce di riconoscere i volti delle persone, parenti stretti compresi. Pochi giorni fa, per la gioia dei paparazzi romani, è stato immortalato all’aeroporto di Fiumicino, chitarra in spalla, pronto a raggiungere l’ex-moglie Anjelina Jolie, impegnata nella capitale sul set di Senza sangue, ma soprattutto i figli con cui, secondo gli ultimi, tormentati, accordi di divorzio, è giusto che trascorra più tempo possibile. Così, ieri, quando Brad Pitt si è trovato davanti la stampa internazionale per il lancio del nuovo film Bullet Train, deve essersi sentito scoperto e vulnerabile, proprio come il personaggio che interpreta, Ladybug, un killer di scarsa fortuna, deciso a portare a casa il risultato nella maniera più spedita possibile e condannato, invece, a un’epopea pirotecnica a base di soldi, sangue, spade e pistole: «Troppi fra i suoi più recenti incarichi – spiega l’attore – sono andati storti, Ladybug sta iniziando a pensare che sia proprio lui a causare la propria malasorte, in ogni aspetto della vita, e quindi anche nel lavoro. Per questo cerca in tutti i modi di trovare una soluzione pacifica ai problemi con cui deve scontrarsi». Diretto dall’amico ex-stuntman David Leitch, Bullet train gioca con disinvoltura sui problemi più noti della vita della star, rileggendoli in chiave comica e trasformandoli in battute della sceneggiatura. Uno dei tormentoni riguarda, per esempio, la cattiva gestione della rabbia che il povero Ladybug chiama (inutilmente) in causa nei momenti salienti facendo ricordare al pubblico le notizie pubblicizzate all’epoca della separazione da Jolie. Era stata proprio lei a chiamare in causa la sindrome citandola tra le ragioni della rottura matrimoniale. E poi che dire di quegli occhialoni con la montatura nera, elemento fondante del look del personaggio, proprio ora che i suoi malanni agli occhi sono di dominio pubblico?
Che cosa l’ha spinta ad accettare la parte di Ladybug?
«La sceneggiatura del film mi è arrivata durante il lockdown, proprio nel momento in cui tutti stavamo sperimentando una fase di depressione e ci sembrava di impazzire. Ho iniziato a leggerla e, quando mi sono trovato davanti al personaggio di "Bad Bunny", ho cominciato a ridere da solo. E poi c’è un’altra ragione importante».
Cioè?
«Il regista David Leitch è un mio vecchio e caro amico, ci conosciamo da molti anni, è stato il mio stuntman in Fight Club, abbiamo lavorato tante volte insieme, poterlo fare ancora in questo film è stato bellissimo, stavolta è lui è il boss, è come se avessimo chiuso un cerchio. Poi, naturalmente, c’è la storia, il fatto che ogni personaggio debba entrare in contatto con gli altri e che non ci sono ruoli di contorno. Sul set ci siamo fatti un sacco di risate».
Come definirebbe il modo di pensare di Ladybug?
«Ha una sua filosofia, sta venendo fuori da un esaurimento nervoso, è stato lontano dal lavoro per un po’, ha fatto un paio di mesi di terapia e adesso pensa ormai di avere in tasca tutte le risposte giuste, di poter tornare ad avere una vita soddisfacente e di poter risolvere i problemi con calma e con dolcezza. Purtroppo gli succede di dover condividere il viaggio con persone che non la pensano affatto come lui».
Che cosa le piace e che cosa, invece, le pesa del suo mestiere di attore?
«C’è una parte semplice e un’altra che non lo è. Alzarsi molto presto la mattina è difficile, ma andare sul set e trovare persone con cui ti trovi bene è quasi sempre molto bello. Alla fine della giornata torni a casa con un senso di pienezza, di soddisfazione, e poi ogni film è un’avventura, hai un obiettivo, ma non sai mai bene come andrà a finire, se lo raggiungerai oppure no».
A causa del Covid le riprese di Bullet train non si sono svolte in Giappone, ma negli studios della Sony a Los Angeles dove tutto è stato ricostruito. Che cosa pensa delle nuove tecnologie?
«Credo che siano straordinarie, se penso a come si girava in passato, anche a certi film di Hitchcock dove, per le scene in auto, si usava la tecnica della retroproiezione… noi abbiamo lavorato con geli enormi videowall su cui veniva riprodotto il paesaggio attraversato dal treno, lungo la rotta Tokyo-Kyoto».
Del cast fa parte Sandra Bullock con cui ha recitato in The lost city. Come vi siete (ri)trovati?
«Sandra è un’amica carissima, so che in ogni momento, in ogni situazione, posso chiamarla e chiederle qualunque favore e lei mi dirà di si. Anche stavolta l’ho fatto, l’ho cercata, ha accettato la proposta. Mi piace molto quest’idea di collaborazione, di progetti che possono incrociarsi».
Quale reazione vorrebbe avessero gli spettatori di Bullet train?
«Vorrei che dopo tutto questo tempo triste che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo con la pandemia, provasse un po’ di vero divertimento».