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 2022  luglio 17 Domenica calendario

L’addio di Petrini a Slow Food

Slow Food fa la rivoluzione. Il movimento nato 36 anni a fa a Bra (Cuneo) – agli inizi solo per propagandare il mangiare lento e la buona tavola –, cambia volto e, soprattutto, dà una sterzata alla sua missione. Una svolta “politica”, dalla parte del- l’ambiente.
Da oggi, poi, avrà anche un “papa straniero”: anzi un “papa nero”. Carlin Petrini, il fondatore, lascia la presidenza della “Chiocciolina”, che occupava dal 1989, e la affida a un giovane dell’Uganda, Edward Mukiibi, un agronomo che vive nel suo paese, già vice-presidente di Slow Food ed ex allievo dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, l’altra “creatura” di Carlin. “Un ragazzo straordinario che, nel suo continente, ha organizzato l’allestimento di 10mila orti, diventati presidi di Slow Food”.
Mukiibi guiderà un consiglio con altri 7 membri, dei quali solo due sono italiani: un altro segnale della mondializzazione del movimento, presente ormai in 160 paesi. Saranno il vertice della nuova Fondazione, dopo l’abbandono della vecchia veste di associazione privata.
Ma non è certo per comunicare un cambiamento giuridico che ieri mattina, proprio nel salone dell’Università di Pollenzo, Petrini ha parlato ai delegati dell’ottavo congresso internazionale (il primo dopo lo stop per la pandemia) per quasi un’ora, in un discorso segnato dalla passione, dagli affetti e da un messaggio molto preciso a tutta la sua gente.
“La situazione del mondo è molto grave. Abbiamo combinato degli sconquassi biblici. Stiamo conducendo il clima della Terra verso un deterioramento irreversibile. La politica, malgrado le denunce degli scienziati, non fa nulla. Ogni anno, le governance mondiali si radunano da qualche parte e prendono decisioni flebili che poi non mantengono. Non abbiamo più tempo: se la politica non si muove, non sa essere visionaria per salvare il pianeta, allora deve farlo la società civile, dobbiamo farlo noi, deve farlo l’umanità intera. In questo senso intendo che dobbiamo fare politica – spiegherà dopo –, non per diventare un partito, ma per costringere i politici ad agire. Dobbiamo implementare il nostro attivismo, non possiamo più fermarci, cambiare il paradigma che oggi domina il pianeta”.
Non abbandona dunque il cibo la nuova Slow Food, ma fa definitivamente suo lo spirito di Terra Madre, la grande kermesse mondiale che torna a Torino a settembre, e pone sul tavolo i temi della biodiversità, della sovranità alimentare: scossi dalle guerre e adesso della siccità. “L’agricoltura, la produzione e il consumo del cibo riguardano l’inquinamento del pianeta e il deterioramento del clima. Lo spreco alimentare raggiunge il 33% del cibo prodotto: significano miliardi di tonnellate finiti in spazzatura, miliardi di litri di acqua serviti a nulla, miliardi di metri quadrati di terra fertile coltivata inutilmente. Questi devono essere i temi della nuova Slow Food. Sono i nostri capisaldi: un cibo buono, pulito e giusto”.
Petrini si definisce ormai solo come il “fondatore”. “Perché questo sono da oggi. Non me ne vado, resto nel board di Slow Food, ci sarò sempre, Ma adesso tocca a voi. Non farò più, come diciamo noi in dialetto piemontese, quello che canta, salta e balla nello stesso tempo”. Poi chiede al movimento di aprirsi il più possibile in tutto al mondo, ai giovani. Cita Greta e spiega che “non c’è bisogno di essere i primi della classe, dobbiamo allearci con chiunque abbia cari ambiente e della difesa del clima”.
C’è anche una lezione di geopolitica nel discorso di Carlin, che alla fine del suo intervento riceverà un applauso dai delegati tutti in piedi. “Dobbiamo essere fino in fondo internazionali, non euro-centrici, non occidente-centrici”. Dice la sua anche sul caso Erdogan: “È una vergogna per l’Europa e per la Nato il fatto che sia stato fatto passare sotto silenzio ciò che sta facendo al popolo curdo”; cita la guerra in Ucraina, “terribile”, ma ricorda che “sono almeno 100 gli altri conflitti del mondo di cui non si parla”. All’inizio del congresso, Slow Food aveva consegnato due premi. Il primo, alla rappresentante della “Chiocciolina” in Ucraina, che sta gestendo la “rete” che fa capo a Pollenzo per veicolare aiuti al suo paese. Il secondo, all’ex rettore dell’Università afgana di Herat: anche lui delegato di Slow Food e rifugiatosi qui con la moglie e due figli: ieri hanno preparato il pranzo per tutti.
Infine, la spiegazione di che cos’è la democrazia del movimento: con lui e adesso senza di lui. Parole che, anche se Carlin non lo dice, sembrano rivolte a più di un leader politico o di governo. “Noi ci siamo sempre detti che agivamo con ‘intelligenza affettiva’ e ‘austera anarchia’. Ci hanno preso in giro per questo, ci hanno detto che erano concetti frufru e irrealizzabili. Ma questo è il nostro modo di essere: non si governa concentrando il potere. Continuerò a essere dentro questo processo, ma non farò come quei padri che vanno in giro a dire ‘adesso comanda mio figliò’, ma in realtà non gli lasciano fare un cavolo. Invece, avrò l’interesse, la soddisfazione e la curiosità di vedere come ve la caverete”.