Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  luglio 16 Sabato calendario

Ode alla bomba

Questa poesia venne pubblicata su Cuore (settimanale di satira e di “resistenza umana”) nei primi anni Novanta, quando si diffuse la notizia che anche il Pakistan, in competizione con l’India, entrava a far parte del “club atomico”. Un Paese povero e non una grande potenza, a conferma che la corsa dell’uomo alle armi, alla guerra, alla distruzione, non ha problemi di budget. La poesia è in tre stanze.
La prima è dedicata all’atomica americana, la seconda a quella russa, la terza alla bomba pakistana. Il titolo è un omaggio alla celeberrima “Bomba” che Gregory Corso scrisse e recitò nel 1958 in un raduno di pacifisti americani. Non tutti i presenti apprezzarono l’intenzione beffarda di Corso, che all’invettiva preferì la celebrazione, e dunque ci furono, tra gli applausi, anche parecchi fischi. Quanto alla mia poesia, mi sembra che i riferimenti culturali e le allusioni di trent’anni fa siano tutti ancora piuttosto familiari al pubblico adulto, e sicuramente a noi boomers, nomignolo che, dato l’argomento, suona sinistramente comico. Non saprei dire se eventuali lettori più giovani abbiamo altrettanta familiarità con tutti i nomi e le circostanze. Nel caso, Wikipedia può facilmente agevolarli.
Bomba! Ben ritrovata!
La bionda idrogenata che esplodeva in Bikini nei raggianti Cinquanta!
Stanza dei bottoncini con il jukebox che canta!
E Ginsberg che si accuccia e prega, e la cannuccia dentro la Coca Cola che si spezza e si piega!
Quando la Bomba vola altro che Marinetti!
In camicia a quadretti c’è un esperto che spiega: guardate l’orizzonte e fatevi una sega.
Bomba! Diva bifronte!
Totem doppiogiochista!
Vergine comunista che mostravi l’ogiva sulla piazza ghiacciata!
Sfumano in prospettiva le ombre da parata: c’è Evtuchenko che beve Majakovskij che fuma e Natasha profuma di uranio e di patata.
Rannuvola.
Senza calzoni, nuvola ti venga un cancro all’ugola.
Lungo la scalinata cade la carrozzina: chi adotta la bambina con la faccia bruciata?Bomba! Fungo falloide!
Nemmeno in celluloide potevo immaginare di vederti spuntare da cappellini bianchi, da magri fianchi cinti dal sari. Oh casta pira senza catasta!
Oh illuminati e santi i numi nucleari!
Oh vacca sacra, sola che migliori in braciola!
Oh chiodi arroventati per fachiri ustionati!
Tigre che l’Asia sbianchi che càlcini e che imbianchi plebi formicolanti!
Gli indù, che sono tanti guardano in su. Gli islamici in giù, dal Pakistàn.
Il solito tran tran.
Suffumigi balsamici velano la stellata sulle rive del Gange.
La povera marmaglia naturalmente grunge si fa un fuoco di paglia.
Qualcuno prega assorto come Ginsberg nel deserto.