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 2022  luglio 16 Sabato calendario

I 60 anni di Sapore di mare

«Di mio, forse l’unico film che non butterei èSapore di mare, dove c’è un pochino più di peso. Il resto, via». Carlo Vanzina lo diceva a metà anni Ottanta, quando di film ne aveva girati suppergiù una decina (rispetto ai sessanta complessivi) ma era già consapevole che quel titolo si sarebbe staccato da un elenco di opere all’insegna dichiarata del “cotto e mangiato”.
Leggenda vuole che uno dei maggiori campioni d’incasso degli anni Ottanta sia partito nel modo più sfiduciato, con i produttori indecisi se iniziare le riprese di un progetto in cui credevano poco. Alcuni giovani attori, invece, ci credevano eccome. Christian De Sica preferì impegnarsi per sole 600.000 lire in un vero personaggio anziché intascare svariati milioni per dieci pose ne Il conte Tacchia di Corbucci. Jerry Calà, all’apice della fama, si accontentò di una paga inferiore al cachet abituale chiedendo in cambio una percentuale passati gli otto miliardi di lire d’incasso. I produttori firmarono sereni: non ci sarebbe mai arrivato. Invece arrivò a dieci.
Anello di congiunzione fra il cinema balneare “di papà” (soprattutto Dino Risi:Il sorpasso eL’ombrellone)e i futuri cinepanettoni, Sapore di mare si basa su un’invincibile alzata d’ingegno: stava dentro il tempo della sua realizzazione (1983) tornando però alla Forte dei Marmi di vent’anni prima, un’epoca sufficientemente vicina e lontana da poter inserire forzature e aggiornamenti usando l’alibi del ricordo e delle sue deformazioni. Le gesta della combriccola nella Versilia del 1964 erano contemporaneamente rievocazione di una stagione passata e fotografia di quella contemporanea, abile misto di nostalgia e attualità. Altro colpo di genio è la provenienza geografica assortita, prima che divenisse una regola dei titoli FilmAuro: protagonisti sono i fratelli milanesi Luca (Jerry Calà) e Felicino (Christian De Sica), il genovese Gianni (Gianni Ansaldi) fidanzato della toscana Selvaggia (Isabella Ferrari) ma invaghito della signora Balestra (Virna Lisi), i napoletani Marina (Marina Suma) e Paolo (Angelo Cannavacciuolo), attratti rispettivamente da Luca e dall’inglesina Susan (Karina Huff).
L’aneddotica è nota. Virna Lisi che non sa dare schiaffi finti e lascia Calà e Ansaldi con la faccia rossa, la querelle se Calà e la Suma, che di certo si corteggiarono, avessero tradito i rispettivi fidanzati, Mara Venier e Cannavacciuolo (ma pare dino). Meno risaputo è che, per risparmiare, Forte dei Marmi fu quasi interamente ricreata a Fregene, dove di tanto in tanto le autorità locali organizzano passeggiate alla riscoperta delle location. Il film portò fortuna a tutti. Carlo (regista) ed Enrico Vanzina (cosceneggiatore) passarono con i De Laurentiis, Calà riconfermò la sua fama, De Sica fu definitivamente lanciato, Suma e Ferrari divennero notissime. La formula del film vacanziero uscì irrobustita e nacque, anche discograficamente, un filone nostalgico sugli anni Sessanta. In pochi mesi i produttori organizzaronoSapore di mare 2 – Un anno dopo ma i Vanzina preferirono sfilarsi; quando anni dopo cedettero all’omaggio conSapore di te,scelsero un reboot con attori e personaggi nuovi.
Funziona ancora, Sapore di mare?Sì e no. Oggi l’operazione commerciale di riciclo è più evidente, i riferimenti di cronaca (lo shake “nuovo ballo”, Edoardo Vianello nei panni di se stesso, la benzina a 150 lire al litro...) paiono un po’ appiccicati. Lisi a parte, la recitazione è approssimativa e De Sica albertosordeggia a tutto spiano. Si stenta a credere che, di fronte al candore erotico di una giovanissima Ferrari, Gianni preferisca la pur elegante maturità della Lisi. E certe grevità (a base di “ciulate” e “maialone”) pesano più di allora. Però Sapore di mare si riscatta nel finale, l’unica zona del film ambientata in epoca contemporanea a quella della sua realizzazione, con i protagonisti invecchiati e (in parte) maturati. Luca rientra alla Capannina tenendo stavolta al braccio Alba Parietti; dentro c’è anche Marina, che lo va a salutare rendendosi conto che lui non la riconosce. Glielo rivela Felicino: “Quella è Marina”. Luca rinviene, le scrive un bigliettino affettuoso e il film si chiude con lunghi sguardi fra i due, non di rimpianto ma di tenerezza al ricordo di ciò che erano stati. «La scena finale è rimasta un po’, mi permetto di dire, nella storia» ci disse qualche tempo fa Calà. «Prima di girare Carlo Vanzina mi disse: “Adesso devi fare uno sguardo in cui ti penti di non aver riconosciuto la Suma e quindi del tuo essere superficiale. Per un momento, fai vedere che sei un uomo”. Girammo una scena che, devo dire, mi venne bene». In colonna sonora, Riccardo Cocciante canticchiava maliardo Celeste nostalgia. E fu subito cult movie.