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 2022  luglio 16 Sabato calendario

I 200 discorsi di Zelensky

Ho studiato, nel corso della preparazione dei (per ora) due volumi presso la casa editrice Folio di Kharkiv, che funziona, pubblica, stampa e vende libri nonostante la guerra, i 200 discorsi del presidente Zelensky, pronunciati dal 24 febbraio al 4 giugno. Nei primi 100 giorni di guerra.
In questi discorsi tutto è notevole: sia il momento in cui sono stati creati, sia quanti ne sono stati creati in ognuno dei 100 giorni di guerra, sia la loro perfezione retorica, sia la brillantezza con cui sono stati recitati nella lingua che l’autore ha imparato soltanto recentemente.
Il suo avversario e aggressore, Putin, non riesce a unire la società con la forza delle parole, non trasmette il senso della verità, casomai il contrario. Il pubblico che ascolta Putin percepisce una sensazione di paura e di odio. Tra i temi della nostra discussione a Rimini, prevista per il 17 luglio nell’ambito del Festival del Mondo Antico 2022, c’è anche un’analisi dello stile dell’informazione che regna sovrana nell’impero putiniano. È il «non detto», il «sottinteso» e «l’incomprensibile» ad assicurare l’efficacia della propaganda di Putin. Su questo «non meglio precisato» s’appoggiano le colonne della cultura del tardo putinismo: intimidazioni, divieti e paura, che contagiano e compattano e comandano la società imbarazzata.
La maniera di Zelensky è diversa. Il suo metodo è innovativo, giovane. Lui mutua alcune tecniche dal repertorio del marketing moderno, quasi avveniristico. Ha una tale padronanza degli strumenti dello spettacolo che in questi tempi terribili, quando è l’autentico dramma a prendere la parola, è capace di creare prodotti di comunicazione divertenti e insieme sinceri. Sa come fare funzionare, ma con delicatezza, senza forzatura, anche i ricordi della storia nazionale.
Il primo di questi discorsi fu pronunciato nella fatidica giornata del 24 febbraio 2022. Il secondo nella notte del 25 febbraio, alle 01.10. Il terzo la stessa notte alle 07.26. Il quarto lo stesso giorno alle 13.07.
Quattro discorsi di alta qualità, originali, diversi l’uno dall’altro, pronunciati durante le prime 24 ore di una mostruosa e inaspettata sciagura.
«I need ammunition, not a ride», ancora prima del primo discorso, è uscito dalla sua bocca, quella notte di fuoco e disperazione, il primo meme di questa guerra che è anche la guerra d’informazione.
E che lui, mi pare, abbia vinto già in quel momento, con quel primo e sferzante colpo.
«Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio» – in risposta all’offerta statunitense di nascondersi. Queste parole sono diventate alate in Occidente. Nei negozi online in Europa e negli Stati Uniti è possibile acquistare magliette con la medesima citazione in decine di modelli diversi: con una mappa dell’Ucraina, con un guerriero ucraino o con un ritratto del presidente Zelensky.
E da quel momento il presidente oratore riesce di continuo a sfoggiare delle formule vincenti. In inglese, in ucraino, in russo.
Per ogni pubblico Zelenski (chiaramente, con tutta la sua squadra di speechwriters) trova le parole adatte. «Come il vostro coraggio ha salvato il vostro Stato dall’invasione stalinista, così il nostro coraggio resiste a questa invasione», ha detto Zelensky in un discorso al Parlamento finlandese l’8 aprile. «Bisogna evitare un nuovo muro in Europa», – in Germania al Bundestag.
E via dicendo, via dicendo. A chiunque si rivolga in tutto il mondo, il presidente ucraino riesce a tracciare precisi parallelismi storici per far capire: «L’Ucraina sta vivendo quello che avete vissuto voi».
Questo è il suo duro lavoro. Il suo popolo ha bisogno di armi, e lui, «servitore del popolo», sta procurando ciò che serve alla sua coraggiosa, eroica armata. Difendendo tutta l’Europa e tutti i valori europei. Ma siccome non sempre e non tutti capiscono ciò che dovrebbero, secondo me, capire, non si stanca di rivolgersi a tutti, uno a uno, nella sua caratteristica maniera retoricamente ineccepibile, e sempre personalizzata.
Li ho letti ed esplorati in originale, in lingua ucraina, questi testi. Ho avuto (e sto avendo) la fortuna di partecipare alla preparazione e alla promozione della raccolta di discorsi del presidente Zelensky. Li ho studiati con la matita in mano. Sono musicali, c’è un bel ritmo, c’è in loro un’indiscutibile artisticità. Infatti: il confronto che mi viene in mente non mi porta verso l’antologia dei discorsi politici (Mahatma Gandhi il Discorso del Sale oppure di Martin Luther King, che si rivolgeva principalmente ai cristiani, conoscitori delle categorie evangeliche e del vocabolario biblico).
No, io, in sintonia con la biografia di questo autore-oratore, ho spontaneamente ripassato nella memoria uno dei più bei discorsi mai scritti: «Se ci pungete, non facciamo sangue? Non moriamo se voi ci avvelenate? Dunque, se ci offendete e maltrattate, non dovremmo pensare a vendicarci? Se siamo uguali a voi per tutto il resto, vogliamo assomigliarvi pure in questo! Se un cristiano è oltraggiato da un ebreo, qual è la sua virtù di tolleranza? L’immediata vendetta! Onde un ebreo, nel sentirsi oltraggiato da un cristiano, come può dimostrarsi tollerante se non, sul suo esempio, vendicandosi? Io non faccio che mettere a profitto la villanìa che m’insegnate voi; e sarà ben difficile per me rimanere al di sotto dei maestri». (Shakespeare, Il mercante di Venezia, 1596/8).
Ma non solo nel canone poetico e tragico trova dei modelli il presidente Zelensky. Nel suo nuovo straordinario discorso, strutturato sulla falsariga di «cento parole per cento giorni di guerra», ha coperto tutto, compresi gli aspetti commoventi e comici di quel periodo.
Cento parole. Zelensky gioca con loro come un bambino con i palloncini, come un gattino con la palla, come un abile gioielliere con le pietre preziose.
Ha menzionato l’eroico cane Patron, che trova mine sepolte e salva vite umane. Questo cane ha già ricevuto un’onorificenza militare dal presidente… Ha citato, chi se lo potrebbe aspettare? – il gruppo Pink Floyd, che nel primo mese della guerra aveva creato una composizione musicale con la melodia di una canzone ucraina. C’è stato spazio persino per una divertente frasetta su una nave da guerra russa, alla quale i marinai ucraini, non arrendendosi al nemico, hanno augurato irriverenti di andare a farsi fottere – cosa che la nave per l’appunto ha eseguito un mese dopo, perché questa nave si è rivelata essere nientemeno che l’incrociatore «Moskva».
Così ora in Ucraina, per dire una scortesia a qualcuno, gli augurano di andare «a seguire la nave da guerra russa...».
Nello stile retorico di Zelensky ho trovato l’esatto opposto ai discorsi del presidente Putin, ai quali ho dedicato un piccolo pamphlet Nella mente di Vladimir Putin, uscito in aprile 2022 e discusso in molte testate di stampa e molti programmi televisivi qui in Italia. Prossimamente uscirà l’edizione approfondita e allargata presso la casa editrice La nave di Teseo a Milano. —