La Stampa, 16 luglio 2022
Il conto del voto anticipato
Un pizzicotto per confermare di essere svegli. Un secondo per esserne proprio sicuri. Ma i politici, soprattutto quelli del M5S, in che mondo vivono? Dovrebbe essere chiaro a chi ha esperienza diretta della politica che le elezioni in autunno comporterebbero seri rischi per il Paese in una situazione complessa come l’attuale. Non è un caso che le diciotto elezioni politiche della Repubblica si siano tutte svolte tra marzo e giugno (con l’eccezione della 17esima che si tenne a fine febbraio).
Questa “stagionalità elettorale” è dovuta all’intreccio di motivi tecnico-giuridici con solide ragioni economiche. Le elezioni si devono tenere entro due mesi dallo scioglimento delle Camere – necessari per consentire anche gli italiani all’estero di esprimere il loro voto – ma non si possono certo sciogliere le Camere senza consultazioni, tenendo anche presente il corposo voto di fiducia appena ottenuto dal governo. La campagna elettorale si svolgerebbe quindi, in gran parte, durante la stagione delle ferie: vogliamo ridurla a una successione di eventi come il Papeete, con elettori e candidati in costume da bagno?
Ammettiamo che il nuovo Parlamento, abbronzato da una campagna elettorale almeno in parte “balneare”, venga eletto intorno al primo di ottobre. Non potrà certo mettersi al lavoro il giorno dopo: prima dovrà eleggere i propri organi (presidenti, vicepresidenti, commissioni) il che non è proprio rapidissimo. Nel frattempo dovrebbe già esser stata approvata la Nadef (la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza) richiesta dall’Ue. Bruxelles probabilmente concederebbe un piccolo rinvio, ma la cosa più importante è che, a differenza di Bruxelles, l’apparato produttivo non può aspettare, essendo questo il momento dello snodo tra l’economia “delle vacanze” e l’economia “normale”, che viaggia verso il Natale e deve garantire la tenuta del Paese. In questo periodo si decideranno le nostre sorti congiunturali dell’anno prossimo. Entro il 20 ottobre, e cioè con le Camere ancora “freschissime” di nomina e probabilmente non ancora del tutto funzionanti – anche per le novità derivanti dalla riduzione del numero dei parlamentari – dovrebbe essere pronto il disegno di legge di bilancio da approvare entro il 31 dicembre, forse la legge “normale” più importante di tutte. Se quest’approvazione non arriva, scatta la tagliola dell’ “esercizio provvisorio”, ossia non potrà essere deliberata alcuna nuova spesa. Una volta approvato il nuovo bilancio, è necessario altro tempo per i “provvedimenti attuativi”, senza i quali molto spesso le leggi di spesa e di entrata non possono funzionare.
L’impressione che un economista ricava da questa complicata serie di avvenimenti è che chi ragiona di scioglimento delle Camere, anziché vivere sulla Terra, vi si trovi per caso e normalmente soggiorni su un altro pianeta nel quale l’economia non esiste. Talvolta viene additato l’esempio del Regno Unito il cui Primo ministro è stato costretto alle dimissioni (un caso sicuramente opposto a quello del premier italiano) e il suo partito sta, abbastanza ordinatamente, cercando un successore. In realtà la struttura economica non potrebbe essere più diversa, con Londra che è una delle capitali della finanza globale mentre Roma è una delle capitali mondiali del debito pubblico; Londra vive di servizi, di terziario; l’Italia vive soprattutto di manifattura. Londra ha il petrolio del Mare del Nord, l’Italia ha i serbatoi che – molto lodevolmente – sta cercando di riempire. E che farebbe il governo italiano uscito da queste elezioni anticipate se, nelle brume dell’autunno, dovesse subito imporre il razionamento dei combustibili? —