Il Messaggero, 16 luglio 2022
Intervista a Tony Wheeler, mister Lonely Planet
Mezzo secolo fa, l’arte del viaggiare e si trasforma. Il 4 luglio del 1972 due giovani inglesi, Tony e Maureen Wheeler, lasciano Londra in direzione dell’Australia, dove arrivano cinque mesi e mezzo più tardi. Il loro è un viaggio rigorosamente via terra su minibus e corriere, in autostop e in camion, su sgangherati traghetti indonesiani e su uno yacht con passeggeri paganti da Bali alla terra dei canguri. L’unico, breve tratto in aereo è necessario per raggiungere Bangkok scavalcando la Birmania ermeticamente chiusa ai turisti. All’arrivo a Sydney, ai due restano in tasca ventisette cent australiani. Nei mesi seguenti Tony e Maureen, 26 e 22 anni, si dedicano a molti lavori diversi. Tony, ingegnere che ha lavorato alla Chrysler, per qualche mese guida un taxi. Poi arriva l’idea che cambia la vita. I due non scrivono un racconto di viaggio, ma una guida che spiega agli altri come ripetere la loro grande avventura.
La guida esce nel 1973, e s’intitola Across Asia on the Cheap (Attraverso l’Asia spendendo poco). Il nome della nuova casa editrice, Lonely Planet, Pianeta solitario, viene da una canzone di Joe Cocker. Sembra un gioco, e invece è l’inizio di un enorme successo. Le prime 1.500 copie vendute diventano rapidamente 5.000 e poi 10.000. Nel 1975 Tony e Maureen lasciano gli altri lavori e diventano autori ed editori a tempo pieno. In pochi anni la Lonely Planet diventa un gigante dell’editoria turistica mondiale, con un catalogo di centinaia di titoli tradotti in decine di lingue.
IL FENOMENO
«Abbiamo fatto la cosa giusta al momento giusto, la Lonely Planet è nata quando i giovani iniziavano a viaggiare e i costi dei voli diminuivano. Nel 2010 abbiamo festeggiato i cento milioni di copie vendute. Qualche anno fa ho ceduto l’azienda, ma continuo a dare una mano per promuoverla», sorride Tony Wheeler, che a 76 anni resta un viaggiatore appassionato e tenace. «Pochi giorni fa ero a Gibuti e poco prima in Somaliland, due luoghi del Corno d’Africa che non conoscevo. Amo esplorare, amo attraversare confini che sono stati aperti da poco» racconta. «Ma l’avventura non è tutto. Maureen ama l’Opera e frequenta l’Arena di Verona, a settembre farò un viaggio in barca in Sardegna, dove non sono mai stato. Ci piacerebbe vivere per qualche mese a Venezia».
A rendere rivoluzionarie le Lonely Planet, decenni fa, è stato lo spazio dedicato alle informazioni pratiche, in un’epoca in cui nelle guide classiche (quelle italiane del Touring, le Guides Bleus francesi) comparivano solo descrizioni di monumenti e musei.
LE INTUIZIONI
«Avevo varie guide della Grecia, in nessuna c’era la parola spiaggia» sorride oggi Wheeler. L’altra grande intuizione è stata seguire i cambiamenti politici. «Abbiamo in catalogo guide di Paesi difficili come la Bielorussia e Haiti. Abbiamo avuto un grande successo con il volume sulla Turchia, uscito alla fine della dittatura militare, e con le guide dell’Europa dell’Est che abbiamo pubblicato per primi dopo la caduta del Muro di Berlino e dell’Urss. Il record è stata la guida dell’Australia uscita nel 2000, l’anno delle Olimpiadi di Sydney. Solo nell’edizione inglese abbiamo venduto 250.000 copie».
Ieri Tony Wheeler ha raccontato la sua storia e i suoi viaggi davanti al pubblico dell’Ulisse Fest di Pesaro. Con lui sul palco c’era Paolo Nugari, romano, che nel 1972 ha contribuito a fondare Avventure nel Mondo, il tour operator a basso costo che ha cambiato il modo di viaggiare di migliaia di italiani. Per il mondo dei viaggi, come sappiamo, la pandemia è stata un colpo tremendo, e Tony Wheeler ha vissuto il lunghissimo lockdown dell’Australia. «Ora si può viaggiare di nuovo, e in molti aeroporti c’è il caos» commenta.
LE INIZIATIVE
«Però è una dimostrazione importante. Viaggiare, per chi se lo può permettere, è l’affermazione di essere vivo». Alcuni viaggi di Tony, però, servono ad aiutare la vita degli altri. Attraverso la Fondazione Planet Wheeler, che ha fondato e dirige insieme a Maureen, raccoglie fondi e investe in programmi di istruzione e salute in Africa, in Afghanistan, in Nepal e nel Sud-est asiatico. «Amo l’Uganda, e le sue foreste popolate dai gorilla di montagna. Negli ultimi mesi, però, ci sono andato per occuparmi degli umani che soffrono. In Africa, il Covid uccide bambini e adulti perché l’elettricità va e viene, e i respiratori a ossigeno si fermano» spiega Tony. «Grazie ai fondi che raccogliamo e ai nostri partner tecnici, abbiamo sviluppato dei respiratori che continuano a funzionare in caso di blackout. Ora li stiamo installando negli ospedali ugandesi, e i risultati sono straordinari». Grazie a quei due viaggiatori avventurosi del 1972, il Lonely Planet, il pianeta solitario di Joe Cocker, è un po’ meno abbandonato di prima.