il Fatto Quotidiano, 16 luglio 2022
Quei 160 casi di “esenzioni ad personam” che hanno garantito a Elisabetta e ai suoi affari l’immunità. Un’inchiesta del Guardian
Fra gli altri meriti, va riconosciuto al Guardian di essere l’unica testata inglese di massa a sfidare il grande tabù nazionale: raccontare la verità sulla Regina Elisabetta. Ormai da qualche anno, in splendido isolamento, il quotidiano indaga con caparbietà e costanza su privilegi e abusi di potere reali: è la serie di “inchieste sul consenso della Regina” con riferimento a una procedura di “lunga consuetudine” ma ancora pienamente rispettata, per cui “il parlamento o i ministri chiedono privatamente alla regina il suo consenso prima di dibattere leggi o provvedimenti che potrebbero avere un impatto sulle prerogative o gli interessi della Corona”.
Una stortura da monarchia parlamentare, bellezza, che negli anni ha consentito ai legali della Regina o del principe Carlo di bloccare, o modificare a proprio vantaggio, almeno un migliaio di disegni di legge “scomodi”. Perché, per esempio, avrebbero un impatto sul patrimonio, aumenterebbero le tasse o imporrebbero controlli sulle immense proprietà reali. La Corona nega sdegnosamente ogni interferenza, ma le ultime inchieste rivelano un ulteriore privilegio: i segugi del Guardian hanno esaminato decenni di attività legislativa, scoprendo almeno 160 casi di “esenzioni ad personam” che hanno garantito a Elisabetta e ai suoi affari una forma di immunità eccezionale.
Sarebbero oltre 30 le norme che impediscono alla polizia di accedere al Castello di Balmoral o alla residenza di Sandrigham per condurre indagini, per esempio per sospetti reati contro la fauna selvatica o per inquinamento ambientale, senza il permesso della Regina, un’esenzione non riservata a nessun altro proprietario terriero, grande o piccolo. Eppure, rivela il quotidiano, di abusi ce ne sarebbero stati tanti, tutti senza seguito: secondo documenti ricevuti da Natural England, l’ente governativo di protezione della fauna selvatica, solo su Sandrigham, fra il 2005 e il 2016 ci sarebbero state 6 inchieste per violazione della legge sulle specie protette. In un caso, nel 2007, sarebbe stato coinvolto il principe Harry, sospettato di aver abbattuto delle rarissime albanelle reali mentre andava a caccia di anatre con un amico: un reato punibile con 5.000 sterline di multa o 6 mesi di detenzione. Quando i poliziotti ottengono accesso, trovano il terreno di caccia già ripulito e molte tracce sparite: chiudono l’inchiesta per mancanza di prove. Così per altri episodi: le prove volatilizzate o troppo deteriorate e nessun testimone. Caso chiuso. In un altro significativo caso, i tossicologi della Chemical Regulations Division analizzano alcuni edifici a Sandrigham in cerca di una sostanza che avrebbe avvelenato uno sparviero. Non ne vengono a capo ma scoprono che nella proprietà sono immagazzinate in violazione di ogni misura di sicurezza ampie quantità di Phostoxin, veleno per conigli e topi altamente tossico. Quando tornano per le verifiche, gli investigatori vengono respinti in modo aggressivo dai dipendenti assistiti da un avvocato che mette in discussione i controlli. Risulta blindato anche il commercio di pregiati salmoni o trote scozzesi di Balmoral, benché, secondo il Guardian, i pescatori arrivino a sborsare fino a 630 sterline al giorno per il privilegio di pescare nel fiume Dee che attraversa la proprietà.
Altre eccezioni riguardano lo status di datore di lavoro: gli impiegati della Regina non possono intentare causa per discriminazione razziale o sessuale: l’Equality Act è stata aggiornata nel 2010 ma non include il personale della Corona. Regola mai cambiata, malgrado nei tardi anni Sessanta il personale avesse chiarito che “non è prassi scegliere immigrati di colore o stranieri per impieghi a corte”. In punta di diritto, la questione è ambigua: come capo di Stato la Regina gode di immunità civile e penale. Ma molti dei casi citati riguardano attività e beni privati, e quindi la “privata cittadina” Elizabeth Windsor, soggetta alla legge come tutti. Al contrario di Buckingham Palace, che appartiene alla Corona, Balmoral e Sandrigham sono residenze private e quindi non dovrebbero godere dell’immunità reale. Invece, commenta Thomas Adams, professore associato di legge a Oxford e consulente del Guardian, “c’è uno schema ricorrente, che riguarda principalmente gli interessi economici della monarca”.