il Fatto Quotidiano, 15 luglio 2022
Senato, così Romani “rubò” 360 mila € a Forza Italia
Indagato da due procure della Repubblica. Un record per il senatore Paolo Romani, già Forza Italia, poi Cambiamo e Coraggio Italia, vicino al governatore ligure Giovanni Toti. E però le accuse della Procura di Bergamo e oggi di quella di Monza riguardano la sua storia berlusconiana in Forza Italia. A Bergamo gli viene contestata la corruzione per una presunta mazzetta da 12 mila euro “come corrispettivo di atto contrario ai propri doveri d’ufficio” consegnata da Sandro Maullu” su indicazione del fratello Stefano Maullu, ex assessore regionale lombardo, oggi in Fdi (indagati entrambi per false comunicazioni ai pm), e pagata da dirigenti dalla fallita Maxwork.
A Monza, invece, il reato contestato a Romani è peculato per “aver sottratto” 360mila euro pubblici dal conto del gruppo parlamentare di FI, in quanto all’epoca capogruppo a Palazzo Madama e pubblico ufficiale. Conto alimentato “con somme provenienti dal Senato per il finanziamento pubblico dei gruppi parlamentari (…) e destinate a finalità istituzionali”. I reati vanno dal 2015 al 2018. Tre i capi di imputazione, uno in concorso con l’imprenditore Domenico Pedico, titolare della ditta Cartongraf D&K srl in liquidazione. Dagli atti del Nucleo speciale di polizia valutaria della Finanza di Milano, che indaga su Romani pure a Bergamo, si comprende come il fascicolo inizi dopo segnalazioni per operazioni sospette di Banca d’Italia. L’8 luglio, Romani, convocato per essere interrogato, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ieri ha spiegato: “Agii in buona fede nella convinzione di utilizzare somme che erano nella mia personale disponibilità (…) Da un punto di vista di estetica istituzionale si trattò di operazione non elegante”. Nella memoria difensiva ha spiegato come rimborsi e cene furono spese per il Patto del Nazareno: “Il Gruppo che presiedevo si trovò ad affrontare una collaborazione con il Governo in vista di programmate riforme costituzionali”. Secondo il primo capo d’imputazione, Romani, che dal 9 aprile 2014 aveva delega di operare sul conto del partito, “si appropriava” di “83mila euro che prelevava mediante emissione di quattro assegni a sua firma e a sé intestati” che poi versava su un proprio conto. Nel secondo capo d’imputazione, sempre Romani, in concorso con l’imprenditore, tra il 2016 e il 2018 sempre dal conto Bnl di Palazzo Madama, prelevava 180.500 euro. Di questi, 15mila li girava a Pedico, il restante alla Cartongraf.
Scrive la Procura: “Tali assegni venivano incassati da Pedico su conti a sé riferibili con successiva e quasi immediata restituzione dei relativi importi a Romani mediante emissione” di assegni aventi come beneficiario Romani. Gli ultimi 95.348 euro pubblici Romani li prelevava, per l’accusa, dal conto del gruppo di FI “corrispondendoli a molteplici soggetti per finalità estranee a quelle indicate nel regolamento del Senato mediante assegni emessi in relazione a interessi personali”.