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 2022  luglio 15 Venerdì calendario

Secondo i sondaggisti solo il 16 per cento degli italiani vuole inviare armi a Kiev

Non lo dice soltanto la Costituzione. Gli italiani continuano a essere un popolo a maggioranza pacifista, che ripudia la guerra, preoccupato per le conseguenze dei conflitti e che proprio per questa ragione non vede di buon occhio l’invio di armi a Paesi impegnati sul campo di battaglia. Nel caso specifico, all’Ucraina. Questo sentiment si evince dai dati raccolti dai tre maggiori istituti di ricerca italiani (Ipsos, Swg, Emg Different) che in questi quattro mesi e mezzo dall’invasione russa a Kiev hanno raccolto in vario modo le impressioni degli italiani al riguardo.
A spiegare i dati al Fatto Quotidiano è Francesca Farruggia, ricercatrice alla Sapienza, Università di Roma e segretaria generale Archivio disarmo (Iriad), che ha messo a confronto ed elaborato, integrandoli, i risultati dei sondaggi sull’opinione pubblica italiana di fronte alla guerra in Ucraina.
“La preoccupazione degli italiani per la guerra e i suoi effetti persiste (seppur con una tendenziale lieve diminuzione) con circa l’80% dei rispondenti che si dichiara abbastanza o molto preoccupato – spiega Farruggia al Fatto – aggiungendo che “la preoccupazione dell’opinione pubblica mostra una forte inquietudine per le ripercussioni economiche della crisi in atto, seguita dal timore per un’estensione del conflitto”. Ma, soprattutto, “quanto al fondamentale tema dell’invio di armamenti a sostegno della resistenza ucraina – dice – il consenso dell’opinione pubblica italiana non è trascurabile e tuttavia è nettamente minoritario. Tranne un isolato picco rilevato dall’Swg il 19 aprile, infatti, l’analisi dei sondaggi mostra un’opinione pubblica stabilmente contraria dall’inizio del conflitto a oggi”. Insomma, al di là delle scelte e dei proclami del governo sull’invio di armi, i cittadini italiani non vedono con favore l’invio di materiale bellico a Kiev. “Particolarmente interessante l’approfondimento di Ipsos su ‘che cosa dovrebbe fare l’Italia’ rispetto alla guerra in Ucraina”, dice Farruggia.
Nel grafico elaborato dalla ricercatrice su dati Ipsos e pubblicato in esclusiva dal Fatto, dal 20 maggio all’8 luglio “la percentuale di chi auspica l’intervento diretto della Nato nel conflitto è bassa, con il massimo del 9% registrato il 3 giugno”. Gli italiani che invece pensano che bisognerebbe continuare a inviare armi a Kiev si attesta su una media del 16% con un picco del 20% l’8 luglio. “Con maggiore favore – tra il 19 e il 31% dei rispondenti – è vista l’opzione di mantenere le sanzioni ma smettere di mandare armi”, spiega ancora Farruggia. Questo dato anche in scollamento con il sentimento europeo che vede il nostro Paese, con la caduta del governo inglese di Boris Johnson fin dal principio maggiore partner di Zelensky, a capo dei sostenitori anche militari dell’Ucraina.
Il dato più rilevante, tuttavia, resta che “al netto della percentuale di chi non esprime la propria opinione, la maggioranza relativa degli intervistati auspica il ritiro delle sanzioni e l’assunzione da parte dell’Italia del ruolo di mediazione (tra il 26 e il 28%, tranne che nella rilevazione del 3 giugno)”, sottolinea Farruggia. Anche su questo tema, quello delle rappresaglie economiche nei confronti di Mosca già messe in atto dall’Unione europea e dagli Stati Uniti, dunque, le rilevazioni sono in controtendenza rispetto all’orientamento politico.
“Per fugare i dubbi residui circa l’atteggiamento prevalentemente ‘pacifista’ dell’opinione pubblica italiana – analizza ancora la ricercatrice – basta guardare cosa rispondono gli intervistati sul prospettato aumento delle spese militari” che l’Italia ha voluto portare al 2% come il resto dei Paesi alleati, per una spesa pari al 3,5% del bilancio dello Stato, vale a dire 38 miliardi l’anno entro il 2028. “Rispetto a tale incremento gli italiani si dichiarano nettamente contrari”, spiega Farruggia che aggiunge: “le rilevazioni periodiche di Emg Different mostrano infatti la grande maggioranza dei rispondenti in disaccordo con la scelta governativa di aumentare le spese militari, con un picco verso l’alto del 60% dei rispondenti nella rilevazione del 5 aprile e uno verso il basso del 48% nella precedente rilevazione del 22 marzo”.
La percentuale di chi è invece favorevole a tale incremento raggiunge il valore massimo del 30% (rilevazione dell’11 aprile). “Ad analoghe conclusioni giungono le rilevazioni, una tantum, di Euromedia e Ipsos – racconta Farruggia parlando dei dati degli altri istituti che ha messo a confronto nella sua ricerca –. In entrambi i casi – continua – le alte percentuali, 61% nella rilevazione di Euromedia e 54% in quella di Ipsos, di rispondenti si dichiarano in disaccordo con l’aumento delle spese militari. Spese militari che secondo l’ultimo report Nato diffuso ad aprile sull’impiego di risorse dal 2017 al 2020 sono aumentate proprio nell’anno della pandemia sotto il governo di Giuseppe Conte, passando da 21 miliardi a oltre 26, come anticipato dal settimanale l’Espresso. Fuori anche dalla guerra in Ucraina, l’Italia dal 2014 è andata incrementando la spesa militare più della Germania, dall’1,1% del Pil all’1,5%, con Berlino che si è fermata all’1,4%. Italiani popolo di pacifisti, si diceva e non soltanto, anche lungimirante e informato, se si pensa che in un sondaggio dell’European Council of foreign relations pubblicato il 9 febbraio 2022 e riferito a interviste raccolte alla fine di gennaio su cosa pensavano allora – prima dell’invasione russa – della possibile guerra in Ucraina, gli europei, il 43% degli italiani alla domanda “quanto è probabile un’invasione da parte di Putin?”, la vedeva già come molto probabile, contro il 33 dei tedeschi, ad esempio.