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 2022  luglio 15 Venerdì calendario

In Germania il mosaico di Marx sta crollando

Che fare dei giganteschi mosaici in onore di Karl Marx? Fanno parte della storia a Halle, città della ex Ddr, distrutta dalla guerra, che ha poco purtroppo di artistico da offrire, ma il restauro costa parecchio, e se non si interviene le due opere d’arte andranno a pezzi. Bisogna precisare che a Halle, 240mila abitanti in Sassonia, non sono nostalgici comunisti, ma tra rispetto del passato locale (non ideologico) e gli euro, le opinioni sono divise.

La gigantesca statua di Lenin a Berlino, dopo la riunificazione venne fatta a pezzi, portata via e nascosta in un prato di periferia, come si vede nel film Good bye Lenin! del 2003. Ma sono trascorsi quasi vent’anni, (e dalla caduta del Muro, 33) i nostalgici sono sempre meno.
Lenin era russo, Marx gode di altro rispetto perché era un rispettabile borghese tedesco, come il suo amico e protettore Friedrich Engels. La coppia in bronzo è rimasta a Berlino, Marx seduto e Engels che gli tiene la mano protettiva sulla spalla, anche se è stata traslocata. Nel novembre del 1989 qualcuno scrisse con la biacca su piedistallo «Non è stata colpa nostra». E un’altra mano aggiunse: «Andrà meglio la prossima volta». Ironia e malinconico ottimismo.
Karl-Marx-Stadt era una delle città più tristi d’Europa, sempre in Sassonia come Halle, e tornò a chiamarsi Chemnitz nel 1990, ma dopo un referendum tra i 247mila abitanti, vinto per un soffio. E nel centro è rimasto il monumento al filosofo, un gigantesco testone in bronzo, alto sette metri e pesante 41 tonnellate. Non è un’opera d’arte, ma è lì da mezzo secolo, e due generazioni sono cresciute in sua compagnia.

I mosaici che troneggiano vicino alla stadio di Halle sono opera dell’artista spagnolo Josep Renau. Nato a Valencia nel 1907, allestì il padiglione spagnolo all’Esposizione mondiale di Parigi nel 1937. Dopo la vittoria di Franco, due anni dopo fuggì in Messico, nel 1958 decise di trasferirsi nella Germania Est, accolto con tutti gli onori dal regime comunista (è morto a Berlino Est nel 1982). Nel 1968, il governo gli commissionò i mosaici, alti trenta metri e larghi sette. In tutto 10.964 piastrelle di maiolica dipinte a colori vivaci, che spiccano nel panorama grigio della città.
Il ritratto di Marx è in primo piano nell’opera intitolata «Le forze della natura e della tecnica comminate dall’uomo». Il secondo mosaico è intitolato «Unità della classe operaia e fondazione della Ddr». Il lavoro durò sei anni, ogni tessera fu dipinta a mano. Per qualcuno non varrebbe la pena di sprecare soldi per ricordare la Germania rossa scomparsa, soprattutto mentre si combatte in Ucraina. Marx, tuttavia, non è colpevole di quanto compie Putin, né dei crimini di Stalin. Ma quanti oggi lo leggono e lo studiano? La Cdu e l’Afd, il partito dell’estrema destra, in Sassonia sostengono che sarebbe meglio smontare il mosaico e custodire le mattonelle in un magazzino.
I due mosaici sono fragili, esposti al tempo inclemente della regione, gelido in inverno e a volte torrido in estate. Dopo la fine della Ddr furono trascurati, e i danni sono oggi notevoli. Almeno metà delle mattonelle ha bisogno di restauro. Le tessere rischiano di staccarsi e andare in frantumi. Sono quadrate, 15 centimetri per 15, come le mattonelle dei bagni.
Per paradosso, la parte più erosa è quella con il ritratto di Marx, ha dichiarato il restauratore Raphael Dohts. «Se non si interviene al più presto», ha detto preoccupato, «i danni potrebbero diventare quasi irreparabili. Le tessere sono sconnesse e si infiltra la pioggia, tra un paio di anni Marx potrebbe andare in frantumi».
Sarà necessario salvarle con iniezioni di cemento. Solo 500 sono danneggiate e dovranno essere ridipinte grazie ai disegni originali di Renau, conservati negli archivi. Il costo ammonta ad almeno un milione di euro, e la città è pronta a pagarne un quinto, 200mila euro. È probabile che il conto finale sia più alto.
«L’opera non appartiene alla storia della Ddr», ha dichiarato il professore Philipp Kurz, della fondazione Wustenrot, che finanzia parte del restauro, «Il mosaico è un simbolo dell’identità comune dei tedeschi». E anche della storia europea, da Valencia alla Sassonia.