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 2022  luglio 14 Giovedì calendario

L’impresa di Jos Vingegaard

«Semplicemente incredibile». Due parole sussurrate sul podio sintetizzano l’impresa della vita di Jos Vingegaard, il danese di 25 anni che ha rivoluzionato le gerarchie del Tour sulle Alpi francesi del Col du Granon. Con una cavalcata spettacolare e solitaria negli ultimi 5 chilometri ha infiammato la corsa e schiantato Tadej Pogacar, il fenomeno che sembrava imbattibile, sfilandogli la Maglia Gialla e minandone le certezze. Lo sloveno è crollato come mai gli era accaduto, arrivando al traguardo con quasi tre minuti di distacco, la casacca aperta, lo sguardo incredulo, una maschera di dolore e fatica. Irriconoscibile. Però ha reso onore al vincitore, con classe, andando ad abbracciarlo.
Vingegaard ha preparato il blitz con l’aiuto decisivo del compagno di squadra Primoz Roglic: il secondo capitano, acerrimo rivale di Pogacar, ha trascinato la squadra, la Jumbo Visma, la più completa e strutturata fra i top-team in gara alla Grande Boucle. Insieme hanno costruito l’attacco decisivo. «Non eravamo certi che Tadej fosse in difficoltà, sul Galibier sembrava molto sereno, ma abbiamo deciso di provarci e rendergli la corsa molto dura». Roglic ha fatto di tutto, con generosità. E Vingegaard s’è inventato una giornata da re. «Vincere una tappa del Tour è quello che ho sempre sognato». Un sogno realizzato dopo il secondo posto al Tour dello scorso anno proprio dietro a Pogacar. Intrigante e avvincente come un romanzo d’altri tempi questa tappa, la più dura, che ha portato i corridori sulle nuvole, a 2.413 metri di quota. Una corsa durissima. «Negli ultimi tre chilometri ero al limite, non vedevo l’ora di arrivare al traguardo. È stato brutale».
È diventato a sorpresa il personaggio di giornata questo danese indomito che ha saputo conquistare i tifosi per la sua classe e per la capacità di soffrire. Un airone imprendibile, e pensare che Vingegaard, papà di una bimba di due anni, ha scoperto le montagne solo all’età di 16 anni. «In Danimarca è tutto piatto. Ho imparato a pedalare in salita in Italia. Mi sembra pazzesco aver strappato la maglia a Pogacar. Farò di tutto per tenerla».
Si è costruito l’impresa della vita, ma non è uno sconosciuto questo danese magrolino che da ragazzo lavorava al mercato del pesce nel porto di Hanstholm, uno dei più importanti del Paese. «Mettevo in ordine le sogliole, il merluzzo, il baccalà... rilassante». Un modo per ingannare il tempo tra una corsa e l’altra, prima di pensare al professionismo. «Allora le gare erano poche. C’era sempre tanto vento, io ero un peso piuma e mi ritiravo spesso».
La tappa da Albertville a Serre Chevalier ha fotografato l’impietoso crollo di Pogacar, il re di due edizioni del Tour (2020 e 2021) che sogna ancora di mettere in bacheca il terzo trionfo consecutivo. Sembrava invulnerabile ma ieri il pressing della Jumbo è stato costante e senza sosta. Tadej ha pagato lo stress, le difficoltà create dal caldo e la paura del Covid che ha causato altre ritiri (Trentin, il suo gregario ancora prima di partire) nella squadra, la Uae-Emirates.
Ma è presto per firmare la resa, i campioni hanno risorse illimitate. «Non mollo, il Tour è ancora lungo». La risposta è attesa già oggi sull’Alpe d’Huez, nel giorno della festa nazionale francese. Oggi si parte da Briançon e i 165,5 chilometri che portano al traguardo sapranno dirci se Pogacar ha assorbito la botta, se riuscirà a rialzarsi con il sorriso che gli illumina il viso nei momenti felici. O se Vingegaard, circondato dall’efficienza di un team affiatato, saprà ripetersi centrando la tattica per sbarrargli ancora la strada. —