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 2022  luglio 13 Mercoledì calendario

Muti a Lourdes

Il miracolo di Lourdes sta negli occhi di chi spera sapendo di essere senza speranza. Lo trovi incrociando gli sguardi, a margine di una litania sussurrata. Il miracolo di Lourdes è la preghiera che si scontra tra le bancarelle con la Madonna regina di merchandising più che di pietà che sorride a 10 euro il ritratto. Eppure si respira molto più delle miserie umane che vorrebbero impossessarsi di questa cittadina cresciuta a forza di ex voto, in profonda crisi sociale, economica, sanitaria. Luogo di culto, qualsiasi esso sia, raccontato dai cattolici come la fiaba di una signora bellissima e Santa che appare a una povera ragazza semplice ma ricca di sentimenti buoni in un luogo sperduto tra i Pirenei e le distrugge la vita. Una fiaba che incanta anche quanti dicono di saperla troppo lunga per crederci. Il miracolo di Lourdes è che spiazza chiunque l’avvicini perché al cospetto del dolore, qui tangibile e fisico, è difficile controbattere. Ad enfatizzare il misticismo ci ha pensato la musica, e che musica. La bacchetta è quella di Riccardo Muti, lo scenario, mai sfruttato prima, è da groppo alla gola, nell’esplanade, la piazza antistante la Basilica inferiore di Nostra Signora del Rosario. È lì che il dirige l’orchestra Giovanile Cherubini, il Coro Cherubini, il Coro Cremona Antica, il Coro del Teatro dell’Opera Nazionale di Ukraina, in un programma ad alta densità spirituale, due ore di incredibile tensione emotiva, con le prime file occupate dalle carrozzine dei disabili, un cielo terso e un’attenzione spasmodica a catturare ogni nota.
L’apertura è il Magnificat di Antonio Vivaldi con il soprano Arianna Vendittelli e il contralto Margherita Maria Sala, una composizione superba, barocca, che intona «L’anima mia magnifica il Signore». A seguire, il canto liturgico tradizionale del XIII secolo «Il corpo di Cristo» dei virtuosi ucraini. E ancora il canto addolorato di una madre e di una bambina, una preghiera alla Beata Vergine dagli accenti laceranti, considerando anche che l’autrice del brano, è morta a Kiev a pochi giorni dall’inizio della guerra. E ancora il Concerto n1 per corno e orchestra in Re Maggiore K 412 eseguito al corno da Felix Klieser, il musicista tedesco senza braccia che suona aiutandosi con un piede. Il canto tradizionale basco e i canti di montagna intonati a cappella hanno preceduto lo Stabat Mater e il Te Deum di Giuseppe Verdi diretti con ispirazione celeste al passaggio della Madonna in processione portata da una parata di seminaristi fin dentro la basilica Superiore. Solo dopo, al culmine della commozione ecco il canto di cento bambini delle scuole elementari di Lourdes invitati a partecipare a questo incontro ecumenico. A loro è stato affidato il mottetto Ave Verum Corpus, un inno eucaristico molto semplice, di sole 46 battute, un gioiello di linearità e di espressività, uno dei momenti più alti del genio mozartiano. Il testo viene fatto risalire a una poesia del XIV secolo e che Mozart musicò pochi mesi prima di morire nel 1791. E proprio questo concerto speciale ha concluso il Festival L’offrande Musicale, ideato e diretto dal pianista David Fray, marito di Chiara Muti che lo ha voluto dedicare ai disabili, un dolore che lo tocca da vicino.
E il pubblico ha risposto regalando un tutto esaurito e più standing ovation facendo di questo evento qualcosa che andava ben al di là della musica stessa, come ha detto il maestro Muti poco dopo la fine del Concerto: «Qui si sente il culto e si sente la spiritualità che esplode nel momento sospeso del canto dei bambini. Cultura, bellezza, il desiderio di religione che va oltre il dato concertistico, in Verdi che si pone il problema della fede scrivendo il Te Deum, un problema che si pone anche chi dirige. Qui ci ha pervaso un’energia cosmica che ci assorbe e ci salva ponendoci il dubbio».
Intrecci che trovano una loro sintesi nell’implorazione alla Madre, immagine di tutte le madri. Come scriveva in Supplica a mia madre Pier Paolo Pasolini, a cui è dedicata la XXXIII edizione di Ravenna Festival, «Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore». Ecco allora perfezionato il mandato de Le vie dell’Amicizia, un progetto di Ravenna Festival che dal 1997 visita luoghi simbolo della storia antica e contemporanea. Sono chiamate a cui è imperativo rispondere, iniziò con Sarajevo martoriata e oggi sono i santuari Mariani di Lourdes e di Loreto (domani) dopo la pandemia e durante la guerra, luogo di dolore e di preghiera.
E dire che l’idea del doppio appuntamento si deve in parte a Jovanotti che in contemporanea con il concerto tradizionale ravennate di Muti, ha sistemato il suo Jova Beach Party. Questo a fatto si che a Cristina Mazzavillani Muti, moglie e anima delle Vie dell’Amicizia, venisse in mente il tragitto Mariano di Lourdes e Loreto, per raggiungere l’affresco di bambini, giovani, anziani per una comunione di popoli senza precedenti. E i sessanta ucraini salvati dal Festival dell’Amicizia hanno cantato nella grotta di Lourdes a chiudere il rituale Rosario della sera. Un canto dolcissimo a cappella di grandissima intensità emotiva. E la piazza con migliaia di pellegrini ha taciuto. Il miracolo di Lourdes è anche questo. —