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 2022  luglio 12 Martedì calendario

L’omaggio di Bentivoglio a Flaiano

Fabrizio Bentivoglio torna in palcoscenico e insieme al contrabbassista Ferruccio Spinetti è l’unico artista a rendere un omaggio a Ennio Flaiano per il cinquantenario della sua scomparsa, nel 1972. Ha presentato a Molfetta, Chiavari e altre piazze alcune anteprime del suo Lettura clandestina ricavato da La solitudine del satiro,libro-antologia postumo.
Lo spettacolo è atteso da ottobre a Como, Piacenza, Pescara, Firenze, Roma, Livorno, poi la tournée.
Come è maturato questo suo tributo di parole e musica a Flaiano, dopo l’operina “La guerra vista dalla luna” del 1994 che lei interpretò con gli Avion Travel di Peppe Servillo?
«Per apparente coincidenza ho appena ricevuto un Pegaso ai premi Flaiano e stavo debuttando a teatro con questa silloge di sue scritture, come se lo spirito dell’autore fosse intervenuto, ma io il progetto con Spinetti ce l’ho da undici anni, un mio sogno scaturito da un volume che non m’ha mai abbandonato per limpidezza del pensiero e della lingua d’una persona buona, generosa e molto malinconica, capace di temperare la vita in metafore inaspettate, dotato di un sarcasmo che gli fece dettare per un’immaginaria enciclopedia del 2050 l’autodefinizione “scrittore minore satirico dell’Italia del Benessere”».
A che risponde, ora, il titolo teatrale “Lettura clandestina”?
«In due parole riassume la sua posizione di passeggero senza biglietto a bordo del nostro mondo, dove nessuno si è accorto di lui, salvo quando ne è sceso. Eppure ha fornito continue riflessioni sull’esistenza e la quotidianità inpanni di cronista, redattore di rubriche, estensore di romanzi, testi teatrali, raccolte epigrammatiche. Il piacevole problema, qui, è consistito nello scegliere articoli e paragrafi dal 1956 al 1972, dai Fogli di via Veneto,dai Taccuini d’occasionee dal capitolo La satira, la noia e la fede,discorsi diaristici apparsi sulMondo e sul Corriere della sera.Con l’intento di smatassare il filo della società italiana, operazione che gli riesce così bene da renderlo tuttora adeguato ai nostri tempi».
Un autore così, lei come lo definirebbe?
«Un uomo libero, che ci insegna il valore dell’autonomia fisica e mentale, pagandone le conseguenze. Lui stesso si analizza sul lettino, e semina cultura senza creare clamore, affrontando la distrazione di tutti. Gli si dovrebbe riservare una ricollocazione storica: va ancora letto, studiato nelle scuole, anche se è “astorico”».
E in che modo è musicabile, oggi, il suo linguaggio?
«La sua miniera di parole crea naturali accostamenti col suono.
Coabitazioni da assaporare sono quelle suggerite da Taxman dei Beatles, dalla colonna sonora di Nino Rota per Notti bianche di Visconti, dalle musiche per Les parapluies de Cherbourg, e ci sono partiture originali dello stesso Spinetti. La commistione di testi e partiture va bene per teatri, jazz club o sale concerto».
Un esempio di contenuti scenici?
«Il lavoro inizia con me che cito Flaiano che cita Montaigne che da giovinetto era svegliato, per ordine del padre, da alcuni musici che suonavano un concerto. Si voleva evitargli un brusco trapasso dal sogno alla realtà. A noi, svegliati oggi da un silenzio che non promette niente di buono, per evitarci un brusco trapasso i musici dovrebbero bastonarci…».
C’è una struttura riconoscibile, nello spettacolo?
«Enorme selezione, andamento non cronologico, percorsi solo vagamente tematici. Una conversazione continuamente interrotta, per dirla un po’ alla Flaiano».
L’ultimo suo impegno teatrale è stato “L’ora di ricevimento” di Massini nel 2017. Ora torna a una “operina”’, una jam session…
«Il melologo è qualcosa che mi appartiene. Frequento la chitarra, prima di Amleto. Per entrare alla scuola del Piccolo Teatro mi chiesero una canzone: andò bene».
Dove la vedremo, adesso?
«Ho finito due cose. La docufiction di Rai 1Raul Gardini con la regia di Francesco Micciché, dove sono l’imprenditore ravennate morto tragicamente nel 1993, e il filmIl ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores».