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 2022  luglio 12 Martedì calendario

L’insidia del M5s

Le convulsioni dei Cinque Stelle proseguono in forme irrazionali e inconcludenti, ma non per questo meno insidiose. Il fatto che nel movimento ex “grillino” manchi una direzione di marcia e non si veda nemmeno qualcuno con le mani salde sul volante, aggrava il quadro generale. In Parlamento si tratta pur sempre del primo (o secondo, dopo la scissione) gruppo più numeroso. Per cui il gioco di votare la fiducia alla Camera e poi uscire dall’aula quando si tratta di ratificare il decreto Aiuti, assomiglia a una mossa da dilettanti che danneggia il governo, ma senza che s’intuisca una strategia dietro la discutibile tattica.
Oggi peraltro il presidente del Consiglio, che ieri sera è salito al Quirinale, incontra i sindacati. Tutto lascia supporre che prenderà degli impegni per alleviare le sofferenze economiche percepibili nel paese e destinate a inasprirsi in autunno.
Le risorse finanziarie sono esigue ma, come è logico, il governo ha tutto l’interesse a salvaguardare la coesione sociale. E per un partito che tiene a coltivare una più o meno verosimile identità di sinistra, come il M5S nell’ultima versione “contiana”, questo dovrebbe essere il momento del massimo sostegno all’esecutivo. Per meglio dire, l’ex premier, dopo aver consegnato a Palazzo Chigi le sue richieste, potrebbe con un po’ di astuzia rivendicare di aver indicato la strada a Draghi, se è vero che oggi si comincerà a discutere anche di salario minimo.
Viceversa, quel che resta del movimento si è impuntato alla Camera sul futuro termovalorizzatore di Roma. Come dire che ha scelto questo tema per adombrare di nuovo la rottura, scendendo sul terreno più impopolare e improbabile, visto che nell’Italia del nord e nel resto d’Europa i termovalorizzatori per smaltire i rifiuti sono ormai la norma e Roma ha un evidente bisogno di fare un salto nel Ventunesimo secolo.
Il buonsenso imporrebbe a Conte e ai suoi di fermarsi prima del voto di giovedì in Senato. Sia perché l’incontro odierno con le forze sociali apre di fatto una nuova fase nell’esperienza del governo, con Draghi consapevole delle difficoltà che gli italiani stanno affrontando in quest’anno drammatico. Sia perché, se l’obiettivo è recuperare consensi, ci sono buone probabilità che l’uscita dal governo dia l’esito opposto, ossia il discredito dei 5S, oltre a compromettere per sempre il già logoro rapporto con il Pd. In ogni caso Conte non sembra la figura più adatta a guidare un’opposizione destinata a diventare in breve tempo massimalista e demagogica. Del resto, se la situazione si è aggrovigliata fin qui in maniera un po’ casuale, è proprio per la mancanza di “leadership” al vertice del movimento.
Non stupisce allora che l’anziano Berlusconi, a cui non fa difetto la prontezza di riflessi, abbia colto l’occasione per porre sul tavolo una questione di realismo politico: il governo Draghi è già oggi nella necessità di dover verificare in Parlamento l’esistenza e la qualità della sua maggioranza. Difficile stavolta dargli torto. Non è un modo per indebolire il governo, semmai per evitare che si sfaldi lentamente nella lunga estate cui seguirà un incerto autunno. E senza dubbio Berlusconi pensa al suo campo: vuole evitare che Salvini prenda l’iniziativa, ben sapendo che i tormenti dei 5S finiranno per innescare di rimbalzo le inquietudini leghiste. Quindi dopo il voto di giovedì, comunque vada, Draghi e Mattarella dovranno valutare come continuare la legislatura. Ieri sera hanno già cominciato a farlo.