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 2022  luglio 11 Lunedì calendario

Test del Miur, tra strafalcioni e quiz

Qualche giorno fa, dopo una serie di proteste, il Miur ha reso pubblica una nota in cui fornisce una lista di errori presenti nei test redatti per le prove di accesso alle cattedre per la scuola secondaria. Un lungo elenco di inesattezze, disseminate nella formulazione delle domande o nelle risposte ritenute valide, che ha investito diverse classi di concorso. L’inventario delle sciocchezze dei cosiddetti «esperti» (sul Corriere ne ha scritto anche Paolo Di Stefano) è costellato di vere e proprie perle. E mentre in queste ore si cerca di mettere pezze a colori (chi riammettere e come?), mi pare opportuno ricordare che non si tratta di un «incidente» isolato. Già nel 2012, in un articolo sul Corriere redatto assieme a Luciano Canfora, avevamo segnalato alcuni strafalcioni inseriti nei test preliminari di ammissione al Tirocinio Formativo Attivo. In quell’occasione, la fonte della gran parte degli errori derivava dal copia-incolla da vari siti presenti in Internet. La frase, tanto per fare un solo esempio, «bere un bicchiere d’acqua» (classe 50, quesito n. 22) veniva presentata, anche in Wikipedia, come una metonimia (figura retorica che si fonda su una relazione materiale o logica tra un termine letterale e uno traslato). Ma l’incauto «esperto» non aveva capito che si può parlare di metonimia se si dice «bere un bicchiere», dove il contenente (il bicchiere) evoca il contenuto (l’acqua o il vino, dipenderà dal contesto). Indipendentemente dagli sbagli, bisognerebbe prendere atto che i quiz non servono a selezionare i migliori. Servono, invece, a far guadagnare tantissimi soldi a molti privati che hanno organizzato corsi per preparare i candidati. Far perdere ai concorrenti anni della loro vita a memorizzare risposte è un esercizio sterile e penoso. Sacrificare la conoscenza della specifica disciplina a un generico nozionismo uccide la qualità. Senza rigorose prove scritte e orali non c’è futuro per l’insegnamento.