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 2022  luglio 11 Lunedì calendario

Intervista a Michel Hazanavicius

L’ode ad Alberto Sordi e Dino Risi arriva da Michel Hazanavicius, regista cinefilo e appassionato d’Italia. Ospite domani al festival parigino Dolcevita-sur-Seine che celebra sul Lungosenna lo storico gemellaggio tra Roma e Parigi, ha scelto di presentare al pubblico francese il suo film più amato, Una vita difficile.«È un capolavoro. Non è così conosciuto nel mondo, eppure è uno dei migliori esempi della commedia italiana, che è uno dei migliori periodi nella storia del cinema. Ed è idealmente legato a un altro dei miei preferiti, C’eravamo tanto amati di Ettore Scola».
Quando ha scoperto questo film?
«Purtroppo solo una decina di anni fa, il mio patrigno mi ha regalato un dvd, da allora ogni volta che mi danno carta bianca per portare il mio film del cuore, scelgo questo. Mi colpisce la portata della storia, quel che racconta sulla condizione umana, sulla dignità e sulla umiliazione. Un film in perfetto equilibrio tra tragedia e commedia».
E c’è il suo idolo, Alberto Sordi.
«C’è la quintessenza di Sordi: il mio attore preferito di sempre, nel suo ruolo migliore. Nessuno come lui sa incarnare l’umanità, senza cercare di renderla migliore. Ci racconta come siamo davvero, con i nostri fallimenti. Uomini piccoli, ma che si rivelano inaspettatamente capaci di eroismo.
I film hollywoodiani di solito cercano di mostrarci migliori di come siamo, questo è un problema. In questo film c’è un uomo comune che combatte per la sua dignità, affronta le difficoltà della vita, rispettando i suoi ideali e perdendo, per questo, così tanto. Sordi sa essere comico come nessuno, e un attimo dopo diventare tragico, sa essere farsesco e sincero. È un attore completo».
In che modo la commedia italiana ha influenzato il cinema francese?
«Ora in Francia molti registi amano la commedia italiana e ne sono influenzati, per motivi diversi. Chi ti parla della crudeltà e della durezza dei personaggi, chi ne ama gli aspetti sociali. Per me è esempio nel modo in cui non descrive il mondo che vorremmo, ma quello che è, tutt’altro che glorioso. Con tutti i fallimenti e le piccolezze. Essere umani è un’avventura, è eroico l’affrontare la vita, malgrado tutto. Dino Risi fa dire inProfumo di donna a Vittorio Gassman: “Sai cos’è l’amico? Un uomo che ti conosce a fondo e nonostante ciò ti vuole bene”. È la definizione perfetta della commedia italiana».
Tra gli autori contemporanei?
«Avete grandi registi, un maestro come Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, e non vedo l’ora di vedere l’omaggio di Giuseppe Tornatore a Morricone,Ennio,appena uscito in Francia. E tra gli attori amo Luca Marinelli, Valerio Mastandrea, Toni Servillo. Sono venuto spesso in Italia,The Artist è stato amato dal vostro pubblico, mi hanno invitato ai festival. E mia moglie (Bérénice Bejo, ndr) ha girato con Bellocchio e ora Il colibrì,dal libro di Veronesi che ho adorato e adoro lui».
“The artist” le ha cambiato la vita.
«Del tutto e inaspettatamente. I cinque Oscar sono un risultato straordinario che non ha cambiato me, ma la percezione intorno a me.
La condizione dei registi è fragile, la fiducia dei produttori è connessa al successo. Quello diThe artistmi ha aperto le porte produttive».
E ha girato “The Search”, sul conflitto in Cecenia».
«Un’esperienza che mi ha cambiato. Da una parte sono fiero di averlo fatto, sentivo che a nessuno importava del destino di quelle persone e io volevo portarlo all’attenzione del grande pubblico. Ma sento anche di non aver centrato il punto, non ho convinto né il pubblico né i critici, che sono stati duri».
Lei si è sempre battuto per il cinema europeo, i diritti degli autori. Cosa vede nel futuro?
«Difficile dirlo. Credo chesia il momento di ridefinire il posto del cinema nella società. Per me è sempre stato un’espressione artistica popolare, ma ora si sta trasformando in una forma d’arte forse più lussuosa, anche perché più costosa.
Per questo il pubblico quando va in sala vuole sapere esattamente cosa vedrà, cosa che rende più difficile la curiosità, che si è più spostata sulle piattaforme».
In Italia e in Francia c’è una battaglia in corso che riguarda le finestre tra sala e streaming.
«Penso che dovremmo modificare la cronologia in direzione di una maggiore flessibilità. E che le regole possano essere le stesse per ogni tipo di film».
La presenza ai festival di film prodotti dalle piattaforme?
«Non ho una risposta. Ma le posso dire il mio punto di vista come autore: se non riesci a farti finanziare il film da produttori cinematografici, è normale farlo con le piattaforme.
L’unica cosa che guardo è la libertà creativa lasciata all’autore. E in Francia questa libertà esiste».
Lavora al film animato da “La merce più preziosa” di Jean-Claude Grumberg?
«Ci siamo fermati con la pandemia, usciremo all’inizio del 2024. È una storia che celebra la vita, l’amore, il sacrificio, in un contesto duro come l’Olocausto. Un film per famiglie che spero aiuti genitori e figli a confrontarsi sul tema».
Nel frattempo ha realizzato “Coupez!”, la commedia zombie che ha aperto Cannes.
«Sì. Un film strano, divertente all’inizio e commovente alla fine.
Anche se è il remake di un film giapponese, per me è legato alla commedia italiana, perché racconta di gente tutt’altro che perfetta o eroica, anzi litigiosa, piena di difetti e meschinità. Ma facendo squadra tutti loro diventano eroici. Non vivono in un mondo ideale ma nella dura realtà e lottano per la loro dignità. Ed è la qualità che amo nella vostra commedia».