La Stampa, 11 luglio 2022
Intervista a Pietro Bartolo. Parla dei disperati di Lampedusa
Era a Lampedusa giovedì scorso Pietro Bartolo, europarlamentare, il medico che ha gestito per quasi trent’anni il controllo sanitario dei migranti in arrivo sull’isola. In quel momento il centro di prima accoglienza era allo stremo, i responsabili esasperati e lui profondamente amareggiato di fronte a un’Unione Europea che tratta le persone in modo diverso in base ai Paesi di provenienza.
Che cosa è successo a Lampedusa?
«Il medico del centro mi ha chiamato e mi ha chiesto aiuto».
A lei? Anche se da tre anni non si occupa più dei migranti che sbarcano a Lampedusa?
«In me hanno un punto di riferimento. Mi hanno chiamato perché qualcuno stava male, qualcuno aveva la febbre, qualcuno aveva traumi e i medici erano impegnati notte e giorno. C’era una situazione complicata e lo capisco perché quel centro può ospitare 300 persone. Se ce ne sono 2.100 si crea disagio per l’ente gestore, per la polizia, per le persone costrette a vivere in condizioni disumane, insostenibili».
Che cosa le ha detto il medico del centro di prima accoglienza?
«Era preoccupato perché aveva paura dello scoppio di focolai. Ho chiamato il sindaco e credo che lui si sia messo in contatto con il prefetto».
Il sindaco di Lampedusa non sapeva nulla di quello che stava accadendo nel centro?
«Forse non era stato messo in evidenza il problema igienico-sanitario. La preoccupazione era che ci fosse un focolaio e che potesse estendersi. Lampedusa è un’isola turistica, in questo momento ci sono molte persone e c’è chi si lamenta se vede gli ospiti del centro in giro. La polizia sta molto attenta a non farli uscire ma questo non è corretto: non sono prigionieri».
E quindi finalmente la prefettura si è mossa.
«La catena dell’intervento è farraginosa però la macchina si è messa in moto, in tempi tutto sommato rapidi è arrivata la nave San Marco che ha iniziato a effettuare i trasferimenti. La prefettura ha promesso che entro martedì il centro sarà svuotato, ma devono agire in fretta. In questi giorni su Lampedusa soffiava il maestrale, il mare era grosso e non ci sono stati sbarchi. Ora il vento si sta calmando, gli sbarchi riprenderanno e il centro si riempirà di nuovo. Bisogna agire in modo diverso».
Come?
«Non ci si può affidare a un intervento estemporaneo. È necessaria una pianificazione di lungo termine. Bisogna evitare di arrivare a questo punto. Non viviamo in un altro mondo. Si sa che arrivano persone che scappano dalla Libia e che ne arrivano di continuo perché chi gestisce quei lager ha interesse a svuotarli, per portare altre persone e mandare avanti i loro affari».
Quale sarebbe l’intervento da attuare secondo lei?
«Credo che dovremo attrezzarci in modo più razionale. Con la crisi alimentare e l’emergenza climatica gli arrivi sono destinati ad aumentare, non ci vogliono gli scienziati per capirlo. Non possiamo arrivare sempre con l’acqua alla gola. È necessario prevedere che un mezzo rimanga in modo fisso a Lampedusa per garantire in modo più costante i trasferimenti, far vivere queste persone in condizioni più umane e far lavorare meglio chi se ne deve occupare».
Nel frattempo Salvini ha annunciato di voler arrivare a Lampedusa.
«Farà il suo solito show, sosterrà che c’è un’invasione anche se a Lampedusa non c’è un solo migrante per strada. In ogni caso sa che cosa mi fa davvero male?».
Cosa?
«Che l’Unione Europea in un mese sia stata capace di accogliere 5 milioni di persone dall’Ucraina. Sono stati giustamente messi a disposizione mezzi, strumenti e fondi per garantire in tempi rapidi lo status di rifugiato, mentre per tutti gli altri finora ha solo eretto barriere, fili spinati, confini. Ha reso sempre più difficile il loro arrivo senza capire che in questo modo i trafficanti alzano la posta e si fa soltanto in modo che guadagnino di più. La migrazione non si blocca con rimpatri o respingimenti, non è un ’emergenza ma un fenomeno che va gestito. Dovremmo accogliere anche chi arriva dalla Siria, dall’Africa, dall’Afghanistan e da altre zone di guerra così come è accaduto in questi mesi con gli ucraini senza che nessuno obiettasse qualcosa».
Come dice Salvini, gli ucraini sono «profughi veri in fuga da una guerra vera». Gli altri no.
«Perché creare queste differenze? Negare a chi fugge dalle guerre il diritto di avere asilo è razzismo puro».